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  • Nazionale Para-guay?| Tutta colpa di Cesare

    Nazionale Para-guay?| Tutta colpa di Cesare

    Cerchiamo almeno di avere il buon gusto di non lamentarci. Leggiamo “Copa America” e pensiamo a gare infarcite di numeri da circo, orpelli ma soprattutto gol. Poi andiamo a vedere come il Paraguay è arrivato alla finale e ci rifiutiamo di credere che una simile nazionale provenga dallo stesso continente di Brasile e Argentina. Cinque pareggi in cinque partite. La fase a eliminazione diretta contraddistinta da due incontri trascinati ai supplementari e poi vinti ai rigori. C’è ben poco Sudamerica in tutto ciò.

    Il problema è che noi italiani siamo gli ultimi in grado di insegnare come si vince una partita senza preoccuparsi di non perderla. Il problema ancora più grande è che a trasferire l’arte del “meglio non prenderle” in Paraguay siamo stati proprio noi. Colonizzatori catenacciari.

    È il 2001 quando la Nazionale rivelazione del Mondiale di Francia (eliminata agli ottavi dai padroni di gara e futuri campioni solo ai supplementari, grazie a un gol di Blanc) decide di rivolgersi alla scuola italiana per migliorare quella che è già una sua attitudine: difendersi con i denti.

    Dalla patria del catenaccio giunge Cesare Maldini, 70 anni appena compiuti quando vola con la Albirroja in Corea e Giappone per il Mondiale 2002. Maldini padre fa quello che sa fare meglio, usando il materiale a sua disposizione: parte dalla difesa. Si ritrova in squadra un portiere goleador, Chilavert, e gli chiede di pensare innanzitutto a proteggere la sua area, prima di andare a conquistare quella avversaria. Lo fa con garbo, vista la stazza di Chilavert e la scarsa propensione al dialogo del portierone: appena un anno prima aveva concluso un battibecco con Roberto Carlos sputandogli in faccia, per cui il saggio Cesare decide di concedergli un certo margine di libertà pur di non sperimentare in prima persona la speciale pulizia del viso.
    Incorona re della difesa Gamarra, che al termine di quel Mondiale verrà ingaggiato dall’Inter. Consegna le chiavi dell’attacco al talento di Santa Cruz, chiedendogli di fare quel che può, tanto la strategia è semplice: cominciare a non prenderle.
    L’esordio del Paraguay sorprende lo stesso Maldini: contro il Sudafrica si trova in vantaggio di 2 gol dopo un tempo. Nella ripresa ordina il catenaccio assoluto e i sudafricani pareggiano con un rigore al 90’. La stampa sudamericana non ha alcuna pietà per Cesarone. Contro la Spagna, nuovo vantaggio, tentativo di difesa del risultato e sconfitta finale per 3-1. Il copione si ribalta nella terza gara del girone: Paraguay in svantaggio, Maldini pesca dalla panchina Campos e Cuevas e proprio i due nuovi entrati gli regalano il successo e la qualificazione agli ottavi, ottenuta soltanto grazie alla classifica avulsa. Stessa differenza reti dei sudafricani, ma più gol segnati. Paradossale, per una nazionale che nasce per difendersi.
    Agli ottavi c’è la Germania, futura finalista. Inutile raccontare gli 88 minuti di difesa strenua e coraggiosa: l’unico episodio che conta davvero si segnala a 2’ dal fischio finale, ed è il gol del tedesco Neuville che rispedisce Maldini a casa.

    I dettami di Cesare hanno comunque fatto breccia nel cuore dei paraguayani, che anche nelle successive competizioni internazionali decidono di “parare i guai”, prima di procurarli agli altri. Mondiale 2006: due sconfitte per 1-0 contro Inghilterra e Svezia (quest’ultima maturata dopo 89’ di 0-0) condannano la Albirroja già al primo turno.
    Quattro anni più tardi è sufficiente una vittoria sulla modesta Slovacchia (con cui l’Italia invece perde), e per il resto ci si accontenta di pareggiare con gli Azzurri (1-1) e con la Nuova Zelanda (casualmente, 0-0). Agli ottavi nuovo pareggio illibato contro il Giappone e vittoria ai rigori. Ci deve pensare la Spagna con David Villa, dopo più di un’ora di sofferenza, a far fuori il piccolo Paraguay che non ne vuol sapere di prendere gol.

    Se è vero, come dimostrano i numeri, che l’Uruguay non molla mai (e segna spesso nel recupero), contro la nazionale nata per limitare i danni (o “parare i guai”) ci sarà da divertirsi. Se al 90’ saremo ancora sullo 0-0, una delle due filosofie dovrà per forza prevalere.


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