Napoli natalizio:| Lettera a Babbo Aurelio
Caro Babbo Aurelio,lo so che per te sono giorni very movies, anzi proprio i più movimentati dell’anno: hai la tua pellicola da distribuire, con la celeberrima strenna, in tutte le sale degli italiani (vedrai che il turn-over tra la Befana e la Belen gli in-cassi li fa “alzare”, eccome se li fa alzare). Però io dovevo scriverti. Quest’anno mi tocca. Non che la mia sia una delle tante letterine interessate: si sa, sotto Natale, ricevi più richieste tu che puntate il bancolotto di Napoli: che da queste parti poi si tratta di un vero e proprio record. Non ci crederai, eppure io di desideri pallonari sono buddisticamente astemio. Sì, certo che il Natale è cristiano, non sono io a metterlo in dubbio. Ma io di un Cristo con le scarpette chiodate e il sudario al posto della maglietta, non so che farmene. Di giocatori la mia vita non sa rallegrarsene. Per cui, ebbene sì, io l’acquisto a gennaio non te lo chiedo. Io scrivo per te, mi curo di te: l’hai mai visto un bambino altruista il 25 dicembre? Già, perché io osservo anche gli altri. Li vedo qui in città, sono fuori di testa – che per i napoletani in effetti è una condizione abbastanza naturale – ma in questo momento hanno un motivo, una ragione che è anche una tentazione, una speranza che è davvero un’occasione: il secondo posto in campionato, il passaggio del turno in Uefa, la squadra che c’è, ci crede fino alla fine. E poi lui, l’argento vivo, l’artificio della Luce, Edi(n)son appunto, quel Cavani che fa azzardare paragoni blasfemi: se la baldanza di Diego, fuori e dentro il campo, era la rivelazione della “mano di Dio”, l’abnegazione di questo ragazzo, che non a caso dà la sbirciatina in alto dopo il gol, è la prova che forse si possono toccare pure le cosce della Madonna. A proposito: ma vedi, non è che i tuoi inservienti elfi, esperti ormai nella moltiplicazione dei doni, riescono per caso nella clonazione dei Cavani? Ne servirebbero giusto altri 10, per fare una super squadra. Comunque, ti sarai reso conto tra l’altro che le cose in città non vanno mica per il verso giusto: la crisi che qua morde peggio che altrove, il valzer dei nomi per la scelta del prossimo sindaco che più che un valzer sembra l’”Ultimo tango a … Posillipo”, la monnezza che non va via dalle strade.
E giusto a te pensavo per i rifiuti. Cioè, ho letto che sei entrato nel giro dell’Unione industriali di Napoli e allora mi sono ricordato di quando prendesti la società dopo il fallimento: per iniziare “un ciclo”. Non è che metteresti mano al ciclo dei rifiuti e, dopo averci portato i palloni, che allora pure quelli mancavano, ci togli ora i sacchetti dal fuoco? Fai tu. Tanto alla fine, e lo sai bene Babbo Aurelio, qui la realtà è sempre un po’ soperchia. Per la serie: che sarà mai l’allarme igienico-sanitario, il mutuo da pagare, la città che va a rotoli, se la squadra del cuore taglia i traguardi che qui si aspettano da una vita? Questa piazza è una friggitrice di entusiasmi, spesso troppo facili. Sarà per questo che dopo l’ultima partita, proprio tu, con la tua barbetta bianca da Babbo Natale, hai precisato: “non ci diamo troppe arie”. No, ma dico: tu l’hai sentita l’aria che tira? Tre punti dalla prima in classifica, la prateria spalancata sull’Europa che conta: ora il cambio tra il rischio e l’opportunità è di gran lunga favorevole. Mi hanno spiegato che il calcio come il cinema è in grado di generare psicosi collettive. Ma qui non c’è pericolo, qui c’è solo il business, pronto da gennaio a giugno prossimo. Perciò, lo dico per te. Regalati tre giocatori. Un difensore meno piedipiatti rispetto ai tre che a momenti si facevano traforare dall’attaccante Piatti del Lecce; un centrocampista più laico di Yebda e più illuminista di Pazienza; un attaccante che valga almeno una cicca di Cavani. Nella città cablata sul miracolo, persa dietro periodici “scioglimenti di sangue”, vuoi mettere uno che arriva, sgancia i soldi al momento giusto e timbra per una volta uno straccio di successo. Minimo ti dedicano una pizza – del tipo, l’Aurelina, ti offrono Bagnoli per farci la tua Hollywood, diventi non il padrone ma il patrono, il nuovo San Gennaro: e del santo ti prendi pure il tesoro. Capiscimi. E poi, la soddisfazione di sabotare il Natale, meglio dell’entrare a piedi uniti nella Storia. Che voglio dire? Semplicemente che ho sempre creduto un’ingiustizia il fatto che il vecchio Babbo Natale si sfianchi a distribuire regali a destra e a manca mentre tutti osannano solo la nascita del Bambinello. Cavolo, un po’ di rispetto per l’età. Non aspettare Gaspare, Melchiorre e Baldassarre: a gennaio regalati un difensore, un centrocampista e un attaccante. Dai. Babbo Aurelio che sfila la paglia sotto il culetto di Gesù. Lui sarebbe il Salvatore? E tu fai lo scugnizzo, tié.