Nanni, l'italiano nello staff di Garcia all'Al-Nassr: 'Ospina, Szczesny e gli altri, vi racconto i miei portieri'
E ora ti ritrovi ad allenare l'ex Napoli Ospina.
"L'ho sentito prima di venire, sapevo che avrebbe firmato. Lui era felice perché avrebbe trovato un preparatore italiano che conosceva di nome, io perché avrei trovato un portiere forte ed esperto che parla italiano".
Che impressione ti ha fatto?
"Sapevo che era un gran giocatore, ma lavorandoci tutti i giorni ho capito perché gli allenatori lo preferivano sempre ad altri portieri. E' sveglissimo, capisce ogni situazione in anticipo ed è sempre nella posizione giusta. Inoltre con i piedi è fantastico".
Com’è nata l’idea di andare all’All-Nasr?
"Mi ha chiamato Garcia col quale ho mantenuto il rapporto anche dopo il suo addio alla Roma. Abbiamo lavorato tre anni insieme, c'è sempre stato un rispetto reciproco anche se purtroppo non ho potuto seguirlo nelle altre sue esperienze in Francia (Lione e Marsiglia, ndr)".
Che rapporto avete?
"Ai tempi della Roma ci frequentavamo anche fuori dal campo con le mogli, quando era in Ligue 1 abbiamo continuato a sentirci e appena c'è stata l'occasione ho accettato di seguirlo in questa esperienza importante. L'Al-Nassr è come la Juve d'Arabia, un club di alto livello".
Sei stato sei anni alla Roma dal 2010 al 2016, poi?
"Poi ho fatto un'esperienza a Pescara con Zeman e successivamente ho rifiutato diverse proposte perché non volevo scendere di categoria e non erano progetti che mi interessavano".
In giallorosso hai lavorato con sei allenatori: Ranieri, Montella, Luis Enrique, Zeman e Garcia. Chi è quello al quale è più legato? "Al di là di Garcia, ho un rapporto con Claudio Ranieri. Mi ha portato alla Roma e da giocatore sono stato due anni a Cagliari insieme a lui. E' un signore, in tutto".
Chi è l'allenatore che ha raccolto meno di quanto meritava?
"Luis Enrique, un uomo fantastico. Era avanti anni luce ma purtroppo non è stato capito. Un fenomeno, lo dicono anche i giocatori che hanno lavorato con lui. E ormai penso che tra Barcellona e Spagna l'abbia dimostrato anche lui".
E il più simpatico?
"Zeman. Chi non lo conosce non lo direbbe mai, ma ha sempre la battuta pronta. Poi la fa rimanendo serio, ma intorno a lui ridono tutti. La prima volta che l'ho visto ero intimorito perché il suo sguardo spaventa, ma in realtà è un tipo molto alla mano".
Il portiere più forte che hai visto in giallorosso?
"Ho avuto la fortuna di allenatore tanti portieri e tutti forti, ma se devo sceglierne uno dico Szczesny. E' stata la ciliegina sulla mia carriera. Uno dei portieri migliori e più completi che abbia mai allenato; poi dico De Sanctis, gran giocatore e grande tecnica. Un altro buon portiere era Stekelenburg, che purtroppo in Italia non si è adattato anche perché non parlava la lingua".
L'impressione è che Szczesny sia cresciuto molto in Italia.
"E' così. Era arrivato a 25 anni da portiere titolare dell'Arsenal, ma è arrivato con umiltà mettendosi a disposizione e ascoltando i consigli per diventare ancora più forte".
Qual era un difetto che poi ha migliorato?
"Essendo molto alto, quando doveva fare una parata bassa scendeva lentamente perdendo quel decimo di secondo che spesso diventava decisivo".
E un portiere che pensavi avrebbe fatto più strada?
"Curci. In allenamento era incredibile, aveva la parata migliore di tutti. Poi ci sono state tante variabili, ma diciamo che secondo me poteva fare una carriera migliore".
Nel 2016 hai lasciato la Roma perché Spalletti si era portato i suoi collaboratori. Ci sei rimasto male?
"Male? Mi ha distrutto, è stata una cosa inaspettata. Avevamo chiuso al terzo posto e i portieri avevano avuto una crescita spaventosa, non c'era motivo di cambiare. Almeno dal punto di vista tecnico, ma purtroppo c'erano altre cose dietro. Non me l'aspettavo di andare via, perché la mia posizione non era mai stata in discussione. Lavoravo nella mia città e nella mia squadra del cuore, ci ho messo più di un anno a riprendermi da quella separazione".