Nainggolan si è perso, Higuain 'snob': Inter e Milan, dove sono i vostri top?
A Milano mancano i top. All’Inter manca tutto Nainggolan, al Milan manca il vero Higuain. In estate eravamo tutti abbastanza certi che con quei due giocatori le milanesi avrebbero accorciato (non certo annullato) la distanza dalla Juve, anche se nel frattempo la Juve stava acquistando Ronaldo. Invece, per ora, non è così. La situazione è diversa, come diverse sono le ragioni che hanno portato il belga e l’argentino alle difficoltà attuali. Il risultato, invece, è abbastanza simile: se Nainggolan e Higuain avessero mantenuto anche a Milano il loro abituale rendimento, Spalletti e Gattuso si ritroverebbero con molti problemi in meno e in una più piacevole posizione di classifica.
Spalletti stravede per Nainggolan e, se ricordiamo la loro comune storia romanista, se ne capiscono le ragioni. L’anno scorso, alla vigilia della partita con la Roma, il tecnico nerazzurro lo definì un “alieno”. Nella Roma di Di Francesco, confinato nel 4-3-3, non aveva lo stesso spazio e la stessa autonomia che gli veniva garantita al 4-2-4 di Spalletti quando nel gennaio 2016 prese la Roma da Garcia e le restituì il vecchio splendore. Giocava con Salah ed El Shaarawy esterni e con Perotti e Nainggolan al centro dell’attacco, una volta più avanti il belga, un’altra volta l’argentino. Idea fantastica, applicazione entusiasmante. Ma se già l’anno scorso Nainggolan si era ingrigito, a Milano si è proprio perso. Non solo: quando è stato sul punto di tornare se stesso, è precipitato indietro. Nainggolan non è in condizioni fisiche tali da presentarsi in campo e a Londra qualcuno (o più di qualcuno) ha commesso un errore pesante: non poteva e non doveva giocare. Il problema è che l’alieno nella testa di Spalletti è un elemento fondamentale e senza di lui inizia alla Pinetina la tarantella del trequartista che deve sostituirlo: Borja Valero, Joao Mario, Lautaro Martinez, nessuno è Nainggolan e tutti portano, oltre che qualche buona qualità, anche delle controndicazioni.
Per Higuain il problema è l’atteggiamento. Dopo il passato al Real Madrid, il record storico di gol al Napoli e i due scudetti vinti con la Juve, si sente troppo oltre il livello del Milan attuale. E in effetti, se fosse il vero Higuain, lo sarebbe davvero. Ma oggi no, oggi tocca a lui fare un passo indietro, senza "smanaccare" in campo (come direbbero a Firenze), senza cioè rimarcare platealmente l’errore ai propri compagni come ha fatto ieri con giovani come Cutrone e Halilovic, senza piegare la testa se il cross non è preciso, senza innervosirsi, senza perdere il controllo, senza prendere due giornate di squalifica, ma dando l’esempio opposto.
Milano, per crescere, ha bisogno di quei due.
Spalletti stravede per Nainggolan e, se ricordiamo la loro comune storia romanista, se ne capiscono le ragioni. L’anno scorso, alla vigilia della partita con la Roma, il tecnico nerazzurro lo definì un “alieno”. Nella Roma di Di Francesco, confinato nel 4-3-3, non aveva lo stesso spazio e la stessa autonomia che gli veniva garantita al 4-2-4 di Spalletti quando nel gennaio 2016 prese la Roma da Garcia e le restituì il vecchio splendore. Giocava con Salah ed El Shaarawy esterni e con Perotti e Nainggolan al centro dell’attacco, una volta più avanti il belga, un’altra volta l’argentino. Idea fantastica, applicazione entusiasmante. Ma se già l’anno scorso Nainggolan si era ingrigito, a Milano si è proprio perso. Non solo: quando è stato sul punto di tornare se stesso, è precipitato indietro. Nainggolan non è in condizioni fisiche tali da presentarsi in campo e a Londra qualcuno (o più di qualcuno) ha commesso un errore pesante: non poteva e non doveva giocare. Il problema è che l’alieno nella testa di Spalletti è un elemento fondamentale e senza di lui inizia alla Pinetina la tarantella del trequartista che deve sostituirlo: Borja Valero, Joao Mario, Lautaro Martinez, nessuno è Nainggolan e tutti portano, oltre che qualche buona qualità, anche delle controndicazioni.
Per Higuain il problema è l’atteggiamento. Dopo il passato al Real Madrid, il record storico di gol al Napoli e i due scudetti vinti con la Juve, si sente troppo oltre il livello del Milan attuale. E in effetti, se fosse il vero Higuain, lo sarebbe davvero. Ma oggi no, oggi tocca a lui fare un passo indietro, senza "smanaccare" in campo (come direbbero a Firenze), senza cioè rimarcare platealmente l’errore ai propri compagni come ha fatto ieri con giovani come Cutrone e Halilovic, senza piegare la testa se il cross non è preciso, senza innervosirsi, senza perdere il controllo, senza prendere due giornate di squalifica, ma dando l’esempio opposto.
Milano, per crescere, ha bisogno di quei due.