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Mourinho, storie di anelli e di una squadra stanca di lui. Lukaku, quando parli? Roma-Inter, derby dei tradimenti
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Aspettando il derby dei tradimenti, che Giuda al confronto era un dilettante. Ci sono misteri e retroscena, c’è il "giallo" oltre che il rosso della maglia. Ed ecco Roma-Inter che si affaccia dalle terrazze capitoline con vista Lukaku, ma non solo. Un paio di giorni fa “Il Messaggero” ha svelato l’anello restituito da Mourinho. Era il regalo della squadra per la vittoria nella Conference League. Appena esonerato, l’ex allenatore non l’ha voluto tenere per sé. Scusate la battuta: ha fatto il contrario di Totti e Ilary con scarpe e Rolex! Unico. Fine dell’ironia, che è meglio. Ricominciamo. Qui la storia è molto seria. Oltre all’anello di “fidanzamento romanista”, nell’armadietto del capitano Lorenzo Pellegrini viene lasciato il biglietto destinato alla squadra: “Quando diventerete grandi, mi restituirete l’anello”.
MA QUALI AMICI? - Mourinho passionale e offeso, addolorato e orgoglioso. Fa parte del personaggio. Meglio: della persona. Trasformando il titolo di un vecchio film, la locandina è “Pensavo fosse amore, invece era la Roma”. Ovvero la squadra figliastra della città: politica, amicizie, circoli, cene, terrazze e salotti. Luoghi pubblici e luoghi comuni. “Worried”, preoccupato, Friedkin jr ascolta consigli. Da chi? Amici, conoscenti. Amici degli amici. Così maturano sia l’addio a Mourinho che la scelta di Daniele De Rossi. E quando l’ex allenatore intuisce che pure la squadra gli ha dato una spallata… Li considerava fedelissimi, senatori, gladiatori. Sognava di avere anche dei “banditi” (cit.). Invece erano ragazzi stanchi del vecchio mister. Ed entusiasti del nuovo. Legittimo. Però il vecchio c’è rimasto male.
SFIDUCIATI - Ma alla fine hanno giocato proprio contro Mourinho? La domanda esce fuori dal GRA, il grande raccordo anulare, iconico confine del pettegolezzo capitolino. No, non giocavano contro. Ma erano stanchi, annoiati, sfiduciati. E alcuni di loro erano spaesati da riferimenti pubblici e messaggini privati in cui Mourinho li trattava male, sfiorando l’umiliazione. Tre vittorie dopo e cinque giorni prima di Roma-Inter, chissà che fine ha fatto il gioiello che Josè ha restituito alla sua ex squadra. Qualcuno prima o poi gli troverà una sistemazione. Idea: magari l’anello dentro una piccola teca insieme alla Conference, nella sede di Trigoria?
IL TELEFONO DI BIG ROM - Pur lasciando qualche interrogativo a punteggiarla, almeno c’è una storia in Roma-Inter colorata dall’arcobaleno Mourinho. Dal Triplete alla coppa più piccola d’Europa ci sono anni di amore e passione, tramandati e trasformati in leggenda. Affiora qualcosa di romantico. Tutto il contrario, insomma, di quel che si ricorda tra Lukaku e l’Inter. Per l’allenatore, il simbolo dell’addio sarà un anello. Per l’attaccante belga, cosa? Un telefonino spento? Il riassunto è risaputo. Le panchine e le alternanze con Dzeko vanno di traverso fino alla finale di Istanbul. “Ci vediamo dopo le vacanze”. L’Inter esita puntando allo sconto dal Chelsea e Lukaku non gradisce: si sente messo in panca anche durante la trattativa tra le società. Così ascolta chi gli sussurra in un orecchio: corteggiamento che fa rima con tradimento? Questa è la storia raccontata dall’Inter, fino (quasi) alla fine perchè poi esce dalle chat e stacca il telefonino, ma anziché alla Juve atterra proprio sulla Roma.
CHE FARA'? - Pensate come è andata bene all’Inter. Thuram s'è preso la maglia numero 9 e il resto della storia è sotto gli occhi di tutti. Il buon Marotta continua a raccontarla come gli pare. Il bravo Inzaghi non farà mancare qualche parola di consuetudine alla vigilia. Barella e Lautaro non gli stringeranno la mano come all’andata. Tutto visto e previsto. Ma lui, Romelu Lukaku, che farà? Qualche mese fa promise che un giorno avrebbe raccontato la “sua” verità. Sicuramente non in zona San Siro, dove l’avrebbero silenziato con fischi e fischietti. Ma adesso che si gioca dalle parti del Colosseo? Lukaku può parlare, oppure no. Comunque qualcosa deve fare. Magari lasciare qualcosa nello spogliatoio dell’Inter. Già. Ma cosa: un telefonino spento? Oppure in campo. Già. Ma cosa: un gol? Sarebbe una storia bella o brutta, dipende dai punti di vista. Ma in ogni caso: una storia tutta da raccontare.
MA QUALI AMICI? - Mourinho passionale e offeso, addolorato e orgoglioso. Fa parte del personaggio. Meglio: della persona. Trasformando il titolo di un vecchio film, la locandina è “Pensavo fosse amore, invece era la Roma”. Ovvero la squadra figliastra della città: politica, amicizie, circoli, cene, terrazze e salotti. Luoghi pubblici e luoghi comuni. “Worried”, preoccupato, Friedkin jr ascolta consigli. Da chi? Amici, conoscenti. Amici degli amici. Così maturano sia l’addio a Mourinho che la scelta di Daniele De Rossi. E quando l’ex allenatore intuisce che pure la squadra gli ha dato una spallata… Li considerava fedelissimi, senatori, gladiatori. Sognava di avere anche dei “banditi” (cit.). Invece erano ragazzi stanchi del vecchio mister. Ed entusiasti del nuovo. Legittimo. Però il vecchio c’è rimasto male.
SFIDUCIATI - Ma alla fine hanno giocato proprio contro Mourinho? La domanda esce fuori dal GRA, il grande raccordo anulare, iconico confine del pettegolezzo capitolino. No, non giocavano contro. Ma erano stanchi, annoiati, sfiduciati. E alcuni di loro erano spaesati da riferimenti pubblici e messaggini privati in cui Mourinho li trattava male, sfiorando l’umiliazione. Tre vittorie dopo e cinque giorni prima di Roma-Inter, chissà che fine ha fatto il gioiello che Josè ha restituito alla sua ex squadra. Qualcuno prima o poi gli troverà una sistemazione. Idea: magari l’anello dentro una piccola teca insieme alla Conference, nella sede di Trigoria?
IL TELEFONO DI BIG ROM - Pur lasciando qualche interrogativo a punteggiarla, almeno c’è una storia in Roma-Inter colorata dall’arcobaleno Mourinho. Dal Triplete alla coppa più piccola d’Europa ci sono anni di amore e passione, tramandati e trasformati in leggenda. Affiora qualcosa di romantico. Tutto il contrario, insomma, di quel che si ricorda tra Lukaku e l’Inter. Per l’allenatore, il simbolo dell’addio sarà un anello. Per l’attaccante belga, cosa? Un telefonino spento? Il riassunto è risaputo. Le panchine e le alternanze con Dzeko vanno di traverso fino alla finale di Istanbul. “Ci vediamo dopo le vacanze”. L’Inter esita puntando allo sconto dal Chelsea e Lukaku non gradisce: si sente messo in panca anche durante la trattativa tra le società. Così ascolta chi gli sussurra in un orecchio: corteggiamento che fa rima con tradimento? Questa è la storia raccontata dall’Inter, fino (quasi) alla fine perchè poi esce dalle chat e stacca il telefonino, ma anziché alla Juve atterra proprio sulla Roma.
CHE FARA'? - Pensate come è andata bene all’Inter. Thuram s'è preso la maglia numero 9 e il resto della storia è sotto gli occhi di tutti. Il buon Marotta continua a raccontarla come gli pare. Il bravo Inzaghi non farà mancare qualche parola di consuetudine alla vigilia. Barella e Lautaro non gli stringeranno la mano come all’andata. Tutto visto e previsto. Ma lui, Romelu Lukaku, che farà? Qualche mese fa promise che un giorno avrebbe raccontato la “sua” verità. Sicuramente non in zona San Siro, dove l’avrebbero silenziato con fischi e fischietti. Ma adesso che si gioca dalle parti del Colosseo? Lukaku può parlare, oppure no. Comunque qualcosa deve fare. Magari lasciare qualcosa nello spogliatoio dell’Inter. Già. Ma cosa: un telefonino spento? Oppure in campo. Già. Ma cosa: un gol? Sarebbe una storia bella o brutta, dipende dai punti di vista. Ma in ogni caso: una storia tutta da raccontare.