Mourinho esclude e mortifica, Pioli recupera e include: Roma-Milan è sfida agli opposti, coi rossoneri favoritissimi
Ha vinto tantissimo (25 titoli) e gli ultimi non troppo tempo fa con lo United (Supercoppa inglese, Coppa di Lega e Europa League) che, dopo di lui, non ha conquistato più nulla anche per colpa del suo inadeguato sostituto, Ole Gunnar Solskjaer, salvato ancora una volta, giusto ieri pomeriggio, dal provvidenziale Ronaldo.
Eppure, da quando è tornato in Italia, Mourinho, più vecchio, con i capelli ormai imbiancati e un accenno di pinguedine, quasi non si riconosce più. Non sta facendo meno di quanto a Roma dirigenza del club e i romanisti come tifosi si aspettassero, sta facendo un lavoro normale, da Fonseca qualsiasi. Manca la magìa della novità, il colpo d’ala della sorpresa.
Anche la sua comunicazione ha perso vigore, diventando più convenzionale, più prevedibile e meno spiazzante. Prendersela con i giornalisti di Roma, come Mourinho ha fatto ieri, vuol dire alienarsi una parte di consenso, già intaccato in modo consistente dallo scempio norvegese.
Se avesse accanto a sé qualcuno che lo informa meglio, Mourinho saprebbe che a Roma l’informazione intorno a squadra e società è spesso eccessiva, per modi e quantità, ma quasi sempre militante: nella capitale, per quanto riguarda la sponda giallorossa, si fa a gara per stabilire chi sia il romanista più viscerale e, dunque, deputato a rilevare anche gli errori della società, dell’allenatore e dei giocatori. Ma in generale c’è un sostegno notevole, sia pratico che ideologico.
Oggi Mourinho cammina sul filo e nessuno gli farà sconti. Battere il Milan significherebbe rilanciarsi anche per l’altissima classifica, ma con una certezza: la Roma non potrà vincere lo scudetto e tutti gli sforzi saranno concentrati per arrivare quarti.
C’era bisogno di scomodare Mourinho, con tutto il carico eversivo che porta con sé, per un obiettivo di seconda fascia?
Quanto poi al progetto (vincere in tre anni), credo sia tutto da stabilire se Mourinho sia l’uomo giusto. Lui per vincere - il tutto e subito - spreme il meglio dei suoi calciatori, non gli interessa scrutarne la crescita e condividerne il percorso. Dà e toglie nell’arco della stessa stagione.
Stefano Pioli è diverso da Mourinho perché ha cominciato con i giovani (ha vinto una scudetto allievi con il Bologna), sa aspettare i suoi uomini e lavora sul medio-lungo termine.
Questo Milan, candidato al titolo, è nato già due anni fa e si avvale dell’inclusività: Pioli recupera e immette giocatori nella rosa (ultimo caso Castillejo ora infortunato), Mourinho fa l’esatto opposto: esclude, punisce, mortifica. Può darsi che le sue ultime mosse servano da segnale alla società affinché si muova sul mercato, fatto sta che giocare da qui a gennaio sempre con la stessa formazione è, oltre che impossibile, estremamente penalizzante.
La partita di questa sera sarà più complicata per la Roma che per il Milan. Le due squadre partono dallo stesso sistema di gioco (4-2-3-1), ma chi lo conosce meglio (il Milan) lo pratica con un’efficacia superiore.
Che cosa vuol dire?
Prima di tutto significa che il Milan ha un equilibrio, tra le due fasi, più presente e più collaudato. In secondo luogo che la qualità tecnica, unita alla forza fisica, in fase offensiva è superiore a quella dell’avversario. Insomma, i tre dietro la punta e la punta stessa sono migliori nel Milan che nella Roma, non foss’altro perché Mourinho ha una sola alternativa (El Shaarawy per Mkhitaryan), mentre il Milan ha due primi attaccanti (Ibrahimovic e Giroud) e una batteria di trequarti che va da Saelemaekers a Brahim Diaz, da Leao a Krunic (Rebic non ci sarà).
Abissale, poi, il confronto fra le due difese: la Roma, chiunque giochi, ha un reparto friabile, il Milan, ben lungi dall’essere imperforabile, ha comunque elementi che garantiscono forza e conoscenze (Tomori, Kjaer, Romagnoli). Per non parlare degli esterni bassi (Calabria e Theo Hernandez) che si alternano in avanti come se fossero due attaccanti.
Tutto questo fa del Milan una candidata, con il Napoli, allo scudetto. E una netta favorita dello scontro per l’Olimpico.