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    Mourinho, è la stagione della rinascita. Ma finirà con 'zeru tituli'

    Mourinho, è la stagione della rinascita. Ma finirà con 'zeru tituli'

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Anche se sono intimamente convinto che sarà eliminato dall’FA Cup mercoledì, contro il rognoso Southampton, nei sedicesimi di finale, José Mourinho è tornato a riprendersi la scena nel campionato inglese alla guida del Tottenham.

    L’aveva preso al quattordicesimo posto a meno 12 dalla zona Champions, oggi è quinto a soli quattro punti dal Chelsea, quarto in classifica. Di più: domenica ha battuto il Manchester City di Pep Guardiola, conquistando il sesto successo, oltre a sei pareggi, nei ventitrè scontri diretti con il catalano che, a differenza di Josè, ha guidato solo top club. Il tutto senza l’uomo di maggior peso e maggior classe in attacco, ovvero Harry Kane, infortunato fino a fine stagione.

    Anche perché subentrato a Pochettino a dicembre, Mourinho quest’anno non vincerà nulla. Ma a differenza dell’anno precedente con il Manchester United, quando venne esonerato, quella attuale potrebbe essere la stagione del suo rilancio. Fare strada con un Tottenham ridotto a brandelli e che ha realizzato un mercato ridotto (è arrivato l’attaccante olandese Steven Bergwijn dal Psv), magari conquistando l’accesso alla Champions, sarebbe fantastico.

    Come è stato fantastico battere Pep Guardiola con una partita fatta prima di puro contenimento e poi di rare, ma fulminee ripartenze. Il Tottenham ha vinto anche perché il City era rimasto con un uomo in meno (espulso Zinchenko a mezz’ora dalla fine per doppia ammonizione, la seconda proprio per un fallo su Winks scattato in contropiede), però è stato impressionante che abbia segnato due gol (Bergwijn e Son) con gli unici tiri in porta della partita.
    Cinismo o chirurgia? 


    Con un Tottenham ridotto ai minimi termini, Mourinho non può fare nulla di diverso e nulla di più. La sua squadra è la meno forte di tutte quelle che ambiscono alla zona Champions, anche dal punto di vista difensivo. Ma ha imparato ad essere compatta e a giocare anche con nove giocatori di movimento dietro la linea della palla. Tatticamente non è un catenaccio, ma una difesa attiva fatta di tanti raddoppi, l’oscuramento delle linee di passaggio e una linea nemmeno troppo bassa. Certo, non si può parlare di manovra perché la palla - come è accaduto domenica - ce l’hanno quasi sempre gli avversari. Quando viene riconquistata, però, l’uso che se ne fa è prezioso, anche perché ci sono giocatori in grado di trattarla con cura. Su tutti Alli (anche se con il City è stato tra i peggiori), Moura e Son. Purtroppo per Mourinho nessuno di loro è una punta vera e segnare è un’autentica impresa. Fare due reti al City è stata un miracolo, come mezzo miracolo è stato non prenderne. Bravo Lloris a parare un rigore a Gundogan, fortunato il Tottenham a essere salvato dal palo colpito da Aguero, sprecona la squadra di Guardiola a mancare occasioni anche con la porta spalancata. 

    Non tutte le partite per Mourinho andranno così e sperare nell’ammissione alla prossima Champions forse è davvero troppo. Ciò nulla toglie al lavoro di Mou che è stato straordinario dal punto di vista psicologico. I calciatori erano sfiduciati e la squadra in caduta libera. Oggi, nonostante manchino pezzi da novanta (anche Moussa Sissoko è infortunato), il Tottenham è in corsa su tre fronti. Parte sfavorito anche con il Lipsia negli ottavi di Champions, ma con Mourinho nessuna partita è mai perduta in partenza.

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