Addio, Ezio-gol Bertuzzo: uno dei miti dell'Atalanta
Partito dalle categorie inferiori in società piemontesi (tra cui l'Astimacobi del giovanissimo Giancarlo Antognoni con la quale sfiorò la promozione in Serie C), emerse grazie al trasferimento al Brescia, società con la quale disputò tre campionati di serie B, durante i quali si mise in luce meritandosi il trasferimento al Bologna in serie A. Dopo un solo anno ritornò in serie B, questa volta all'Atalanta, dove disputò un ottimo campionato, risultando determinante con 13 reti all'attivo per la promozione della squadra bergamasca nella massima serie.
Al termine della stagione, Bertuzzo venne ceduto al Cesena, tanto da provocare una vera e propria sollevazione popolare fra i tifosi bergamaschi. La protesta indusse il presidente atalantino a riacquistarlo pochi mesi dopo, alla riapertura del mercato di riparazione. A Bergamo, Ezio-gol divenne un idolo della tifoseria, vestendo la maglia nerazzurra anche dopo la retrocessione in Serie C1. I tifosi non l'hanno mai dimenticato. Per questo, oggi lo piangono.
Luciano Passirani, ex dirigente atalantino, l'ha ricordato così su bergamonews.it: "La morte non guarda mai in faccia. Arriva e basta. Non è mai dolce, per nessuno. Temo quindi nemmeno per il povero Ezio che ci ha lasciato in una età in cui si potrebbe continuare a vivere. Avrebbe compiuto infatti 62 anni solo a luglio.
Eppure Ezio Bertuzzo per il tifo atalantino e per Bergamo era una specie di eroe, da non dimenticare. E gli eroi nella leggenda, nella storia non muoiono mai. Non a caso nello splendido libro - 100 anni di Atalanta - un titolo, per la serie "Ritratti" lo celebra in tutto il suo significato: "Ezio Bertuzzo è passato, Ezio-gol è immortale".
Eppure la stagione che lo ha reso immortale alla storia neroazzurra fu solo una. Nemmeno immaginabile, tanto incredibile. Quella 1976/77. Quella della promozione in serie A, quella di un memorabile spareggio a Marassi, avversario il Cagliari, di Virdis. Titta Rota in panchina, una sigaretta dietro l’altra, quando ancora si poteva. Lui calzettoni abbassati, capello assai lungo seppur sottile quindi non adatto e baffi in bella vista , ha dell’incredibile per un giocatore che veniva dalle stagioni migliori (80 presenze e 25 gol) con la casacca dei rivali del Brescia, trovare tanto consenso, tanto tifo proprio a Bergamo. Non ci credeva nemmeno lui. Quell’Atalanta. Solo dopo quella promozione cominciò a chiamarsi "Magica". E come tutte le magie rimase unica anche per il buon Ezio. Per quelle inspiegabili logiche del mercato estivo finì per ritrovarsi a Cesena. Infelice, come la sola stagione passata a Bologna dal quale ci fu quasi regalato.
Rimpianto come non pochi a Bergamo, con la curva in ebollizione, tanto che il tenero cuore diAchille Bortolotti vacillò, a costo anche di rimetterci. Bertuzzo di nuovo nerazzurro a ottobre fu anche la fortuna imprenditoriale di Antonio Percassi. Costretto ad indossare di malavoglia la casacca del Cesena, in quanto usato come pedina di scambio, preferì indossare la giacca o meglio la camicia dell’imprenditore. Una fortuna per lui e per l’Atalanta di oggi.
Non la stessa fortuna assecondò Ezio Bertuzzo due, il ritorno. Troppo atteso, come tutti i ritorni fu festa solo all’inizio. E nemmeno tanta, visto che il nuovo esordio culminò con un'incredibile sconfitta casalinga con il Vicenza (2-4 il 30 ottobre 1977). Finì per trovarsi in mezzo a qualche gelosia di troppo. In attacco i nuovi arrivati Libera e Paina, nel frattempo assunte le maglie da titolari finirono per stringere in un abbraccio non sempre amichevole il mite Ezio gol, che nel frattempo era diventato per tutti un poco meno "Ezio gol", ma tanto "Braccio di ferro". Infatti nei ritiri passati al "Cantiere" di Sarnico il suo umore cambiava di colpo se a tavola non poteva godersi il suo piatto preferito: filetto e spinaci. Io continuo a ricordarlo cosi, come fosse ieri. Ezio braccio di ferro".