Montezemolo: ‘Stavo portando Sacchi alla Juve, ma c’era Maifredi. Agnelli, Platini e il segreto della sigaretta’
FERRARI - A proposito di sveglie: “L’Avvocato mi chiamava sempre alle 6.30 chiedendomi se stessi dormendo. Gli dicevo di no, ma mentivo. Da allora mi sveglio sempre più o meno a quell’ora”. Dai treni alle macchine, da Italo alla Ferrari: “Nonostante le difficoltà con gli amministratori delegati della Fiat, volevo dare un’autonomia alla Ferrari e l’Avvocato in questo mi sosteneva. È più difficile costruire una squadra vincente in Formula Uno che una squadra di calcio”.
LA PRIMA ALLO STADIO - “La prima volta allo stadio fu un Lazio-Bologna, con Steno Vanzina e i figli Enrico e Carlo. Nella mia scuola erano tutti romanisti, io sono bastian contrario e simpatizzavo per la Lazio. Avevo conosciuto Maestrelli e la sua squadra, mi piaceva l’ambiente. Oggi, tra l’altro, ho una famiglia di romanisti”.
MOURINHO - Montezemolo però è un vecchio cuore rossoblù. Recita a memoria la formazione dello scudetto del Bologna e racconta: “Il giorno dello spareggio vinto contro l’Inter di Herrera ero all’Olimpico. Mourinho? Il logorio mentale di una storia intensa mixata a un ego così grande può starci, ma non è un allenatore finito. Ha esagerato a lamentarsi, un allenatore forte deve tirare fuori quello che ha; altrimenti, il rischio, è quello di demotivare i giocatori. Però è vero che ha anche rigenerato un ambiente andato in depressione con Pallotta”.
L’AVVOCATO - “L’Avvocato era un italiano vero, tra calcio donne e motori. Mi mancano le nostre chiacchierate, mi manca una persona che mi ascoltava anche quando gli parlavo di problemi personali. Gli ho voluto molto bene. Con Niki Lauda avevamo un rapporto oltre il lavoro, si è fatto mettere nella bara con la tuta della Ferrari; mi è dispiaciuto non vedere il presidente Elkann e nessuno della Ferrari al funerale”.
JUVE - “A Gianni Agnelli era piaciuto il mio lavoro per Italia ‘90, il giorno della finale mi invitò a cena: voleva dare una svolta alla Juve e pensò a me come dirigente. Aveva deciso di chiudere il ciclo Zoff perché secondo lui un portiere non poteva fare l’allenatore, era ammirato da il Milan di Sacchi. Io parlai con Sacchi ma Agnelli aveva già preso Maifredi, un allenatore del quale Tacconi disse ‘mi ha fatto giocare da libero’ dopo una Supercoppa col Napoli. Pentito di aver fatto il dirigente della Juve? Super pentito, ma ad Agnelli non potevo dire di no”.
CALCIOPOLI - “La gestione della Juve di allora non mi faceva simpatia, mi è dispiaciuto invece per i fratelli Della Valle, due persone perbene che hanno visto la loro immagine macchiata più del dovuto. Andrea Agnelli? Nove scudetti parlano chiaro, contano i risultati. Oggi il trend va verso la direzione della Superlega, un argomento del quale si dovrà discutere con i giusti modi e tempistiche”.
IDOLI - “Maradona, da grande, e Sivori, quando ero più piccolo. Da tifoso del Bologna ammiravo Bulgarelli. Poi c’era l’ungherese Detari, un genio e sregolatezza alla Cassano, e Platini. Un giorno Agnelli lo beccò che fumava di nascosto nello spogliatoio, e lui disse ‘Avvocato, l’importante è che non fumi Furino’. Intelligentissimo”.