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Montella, che 'affronto' a Berlusconi!
Difesa a 5 e possesso palla ridotto addirittura al 30% nel secondo tempo della partita con la Fiorentina. Nella gara che rappresenta simbolicamente l'ultima a San Siro del Milan berlusconiano prima del closing previsto per i primi di marzo, Vincenzo Montella si è affidato a due soluzioni estreme per blindare il risultato costruito nel corso della prima parte di gara, sconfessando in maniera definitiva i principi calcistici sui cui si è fondata l'epopea ultratrentennale dell'attuale patron rossonero.
LA COLPA E' DI BERLUSCONI - Il Milan padrone del campo e del "giuoco" non esiste più da un pezzo, da quando il club ha venduto in un colpo solo i suoi pezzi pregiati (Ibrahimovic e Thiago Silva su tutti) e rinunciato agli storici componenti del blocco che ha contraddistinto la squadra allenata da Carlo Ancelotti. La scelta di puntare su giocatori poco funzionali e difficilmente assemblabili con caratteristiche tecniche diverse e meno spiccate dei loro predecessori ha costretto tutti gli allenatori che si sono avvicendati negli ultimi anni a fare di necessità virtù, proponendo un'idea di calcio più realista e meno spettacolare, quella che Berlusconi ha stravolto col suo avvento, con la scelta di un innovatore come Arrigo Sacchi per la panchina e di campionissimi per fare del suo Milan un marchio riconoscibile in giro il mondo.
MEGLIO COL CATENACCIO - Montella ha sempre negato, ma nelle scorse settimane Berlusconi ha manifestato più volte, privatamente, il proprio malcontento per la qualità del gioco espresso dalla squadra, prigioniero di un passato indelebile. Il Milan migliore di quest'anno, quello che fino a dicembre era in lizza addirittura per il terzo posto e che ha strappato alla Juve la Supercoppa Italiana (il club di via Aldo Rossi non sollevava un trofeo dal 2011), è stato però proprio quello che lasciava l'iniziativa all'avversario per poi colpire in contropiede. Contro la Fiorentina, Montella ha toccato, a seconda dei punti di vista, il punto più alto o più basso del nuovo corso. Metaforicamente parlando, il segnale più evidente della fine di un'era, con la speranza in fondo al cuore di Berlusconi e del mondo rossonero che si tratti di un passaggio obbligato verso un futuro nuovamente all'insegna delle grandi ambizioni.
LA COLPA E' DI BERLUSCONI - Il Milan padrone del campo e del "giuoco" non esiste più da un pezzo, da quando il club ha venduto in un colpo solo i suoi pezzi pregiati (Ibrahimovic e Thiago Silva su tutti) e rinunciato agli storici componenti del blocco che ha contraddistinto la squadra allenata da Carlo Ancelotti. La scelta di puntare su giocatori poco funzionali e difficilmente assemblabili con caratteristiche tecniche diverse e meno spiccate dei loro predecessori ha costretto tutti gli allenatori che si sono avvicendati negli ultimi anni a fare di necessità virtù, proponendo un'idea di calcio più realista e meno spettacolare, quella che Berlusconi ha stravolto col suo avvento, con la scelta di un innovatore come Arrigo Sacchi per la panchina e di campionissimi per fare del suo Milan un marchio riconoscibile in giro il mondo.
MEGLIO COL CATENACCIO - Montella ha sempre negato, ma nelle scorse settimane Berlusconi ha manifestato più volte, privatamente, il proprio malcontento per la qualità del gioco espresso dalla squadra, prigioniero di un passato indelebile. Il Milan migliore di quest'anno, quello che fino a dicembre era in lizza addirittura per il terzo posto e che ha strappato alla Juve la Supercoppa Italiana (il club di via Aldo Rossi non sollevava un trofeo dal 2011), è stato però proprio quello che lasciava l'iniziativa all'avversario per poi colpire in contropiede. Contro la Fiorentina, Montella ha toccato, a seconda dei punti di vista, il punto più alto o più basso del nuovo corso. Metaforicamente parlando, il segnale più evidente della fine di un'era, con la speranza in fondo al cuore di Berlusconi e del mondo rossonero che si tratti di un passaggio obbligato verso un futuro nuovamente all'insegna delle grandi ambizioni.