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    Moncada: "Da scout a DT, la mia nuova vita. Ecco il rapporto con Ibrahimovic e la metodologia Milan"

    Moncada: "Da scout a DT, la mia nuova vita. Ecco il rapporto con Ibrahimovic e la metodologia Milan"

    Tanti spunti rossoneri, nell'intervista fiume da parte di Geoffrey Moncada, direttore tecnico del Milan, ai microfoni di Milannews.it, su diverse tematiche, tra campo e mercato:

    Com’è la tua giornata qua a Milanello?
    “Faccio subito un meeting con la mia squadra, sia sul programma della giornata che della settimana. Parliamo con Zlatan, con Kirovski di tutte le cose che dobbiamo fare. Anche con il team manager. Si parla delle partite che abbiamo visto e di tanto. Abbiamo un gruppo giovane, che ha bisogno d’essere seguito. È importante parlare con loro non solo di calcio, ma anche delle cose che gli accadono o che gli servono fuori dal campo. Per aiutarli. Milanello è la casa della nostra parte sportiva, dove c’è anche Milan Futuro”.

    Anche per capire un po’ l’umore e instaurare un rapporto umano…
    “Sì, lo facciamo. È un gruppo giovane che ha bisogno di vicinanza, di parlare. Anche di altre cose, non solo di calcio. Proviamo a fare questo con il mister e con Zlatan, anche con tutti i manager: abbiamo creato un gruppo di lavoro anche per le famiglie. È importante. Lavoriamo insieme tutti i giorni, abbiamo un bel team, siamo giovani, abbiamo fame, vogliamo fare di più e ci sono tante cose da fare ancora”.

    Oggi sei direttore tecnico, ma nasci come scout. Quanto c’è ancora di quel ruolo dentro di te e in questo Milan?
    “Quando ero capo scout, quasi ogni weekend ero fuori a vedere partite. In Italia o all’estero. Adesso non posso star via tutto quel tempo perché ho altre responsabilità e, ad esempio, se giochiamo il sabato, viaggio la domenica a vedere una partita. Io voglio vedere i giocatori nel dettaglio, per questo cerco di muovermi in silenzio. Per evitare che si creino pressioni sul ragazzo che io voglio vedere live per poter valutare tante cose”.

    Guardando alla carta d’identità, il Milan ha un gruppo dirigente molto giovane: tu hai 37 anni, Zlatan 43, Furlani 45. Sentite di essere una ventata d’aria fresca in un sistema dove molti dirigenti sono ben sopra i 50-55 anni d’età?
    “C’è un bel mix. C’è chi come me viene dal mondo dello scouting e dei rapporti con i giocatori, c’è un uomo di finanza come Giorgio che è un vero e proprio crack per quanto concerne la parte economica e poi c’è Zlatan che ha il punto di vista dell’ex grande calciatore. Penso che solo lavorando tutti insieme si possano fare bene le cose, un singolo, da solo, non può farcela. Tutti i top club, in Europa, lavorano così”.

    Qual è il rapporto con Ibrahimovic?
    “Ci sentiamo tutti i giorni. Ci vediamo a Casa Milan, a Milanello, andiamo a mangiare insieme. Abbiamo un buon rapporto, molto diretto. Vuole sapere le cose senza perdere tempo, mi piace. Siamo insieme tutti i giorni”.

    Vi confrontate anche sui giocatori da prendere?
    “Sì, piace anche a lui. Adesso gli ho aperto un profilo su una piattaforma professionale per analisi dati e video, così può vedere anche lui i giocatori”.

    Girare allora serve?
    “In Argentina sempre. Come per Enzo Fernandez, ero sempre in Argentina. La trattativa per Reijnders comunque è iniziata in Argentina, a maggio. Non è stato facile trattare con un club olandese, è stata brava la società”.

    Ci hai parlato di scouting e osservazione, invece da Direttore Tecnico che responsabilità hai?
    “Da quando ricopro questo ruolo ho una relazione più approfondita con staff e mister, facciamo tante video analisi. Mi piace parlare con loro di tattiche, di come giochiamo e di cosa possiamo fare. Poi c’è la parte “da spogliatoio” con i giocatori, chiedergli come va in famiglia. C’è un mix: sono a Milanello al mattino, a Casa Milan, in ufficio, nel pomeriggio. Sono ancora giovane, devo fare e imparare ancora tante cose. Non posso fare solo una cosa o solo l’altra. È importante essere presenti qua a Milanello, così come è importante essere presente in Europa: vedere cosa fanno gli altri club, conoscere i nuovi direttori, etc. Devo cercare di sapere tutto in anticipo per fare al meglio il mio lavoro”.

    Nel 2019 avete cominciato con una metodologia che in Italia era poco conosciuta, andando fuori dai canoni classici. Oggi tante proprietà che prendono club italiani stanno guardando a questa metodologia. Vi siete avvantaggiati rispetto a chi si dovrà adattare?
    “La cosa che mi piace è che qui ora lavoriamo con l’area scout e l’area dati insieme. Prima i due dipartimenti lavoravano da soli. Ora lavoriamo tutti insieme e mi piace molto. Chi lavora con i dati ha capito che c’è bisogno dell’aspetto umano, noi abbiamo capito che abbiamo bisogno dei dati per vedere altre cose”.

    Nel processo che porta poi alla scelta di un giocatore c’è un numero minimo di partite, in casa ed in trasferta, che andate a vedere?
    “Minimo due partite in casa e due partite in trasferta. Un’altra cosa molto importante è fare dei meeting con l’entourage del giocatore. Magari ci sono dieci persone vicine al calciatore e devi saperlo subito. Capire che persone sono, come lavorano. Non parlo degli agenti ma della famiglia e degli amici. Per questo possiamo viaggiare anche per fare incontri con i giocatori dal vivo, non solo per vederli in partita. È un altro aspetto importante”.

    Come si sceglie un giocatore da San Siro?
    “Mi piace vedere le partite contro le squadre di Premier League, lì c’è una pressione mostruosa. Anche partite di club turchi o greci: un club olandese, ad esempio, che va a giocare lì è molto importante per vedere come il giocatore reagisce ad un certo tipo di ambiente. A San Siro non è facile, sì. Ma se abbiamo paura di uno stadio non va bene, quindi il nostro lavoro è anche aiutarli sotto questo aspetto”.

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    spikedeep
    spikedeep

    Tanti a sputare su chiunque ma a me pare che Moncada non abbia sbagliato molto e se avesse avuto...

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