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    Milanmania: i 'non leader' Montolivo e Abate. Fassone, non servono statuine

    Milanmania: i 'non leader' Montolivo e Abate. Fassone, non servono statuine

    • Luca Serafini
    Montella non ritiene più Montolivo e Abate punti fermi della squadra 
    titolare
    . Per il terzino non è una novità, i predecessori in panchina lo 
    avevano anticipato e Seedorf in particolare si era impuntato su De 
    Sciglio ("Può giocare solo a destra"). Per l'ex viola invece, tenuto a 
    lungo fermo da un infortunio nella passata stagione, è la prima volta 
    dopo Firenze e purtroppo appare come l'ovvia conseguenza di una 
    involuzione palese. I limiti tecnici dei due giocatori finiscono spesso 
    con l'oscurarne le doti
    , basta una condizione approssimativa per 
    appannarne il rendimento, ma la questione sollevata dal nuovo allenatore 
    è soprattutto legata alla reattività, alla determinazione, alla ferocia: 
    in una sola parola, alla personalità. Montolivo e Abate, capitano e 
    vicecapitano attuali del Milan, non sono leader. Non lo sono mai stati. 

    Finiscono col subire la squadra e lo spogliatoio, non a trascinare i 
    compagni nonostante qualche scatto di rabbia. Un aspetto purtroppo 
    incurabile: lo spessore è questo, bravi bravissimi ragazzi, ma non 
    capitani appunto
    . Insistere è una perdita di tempo. O si svolta dando 
    fiducia ai giovani, cercando alternative, o bisogna proseguire con loro 
    dei quali caratteristiche e personalità si conoscevano prima di 
    (rispettivamente) rinnovarne il contratto o rifiutarne le offerte

    Strapazzarli non produrrà effetto alcuno.

    A proposito di senatori, imperversano le polemiche relative a quelli 
    dell'epoca d'oro. Dopo i dubbi manifestati da Maldini, Demetrio 
    Albertini ha pubblicato domenica su Instagram e Twitter "Io non sono 
    interista", con chiaro riferimento alle scelte dei nuovi quadri che 
    Fassone va allestendo in società
    . Troppo acuto riflessivo l'ex metronomo 
    per compromettere un possibile futuro nel club che ama, solo a causa di 
    una goliardata: è evidente come sia a conoscenza con certezza che i 
    piani di Fassone non lo prevedessero in nessun caso
    , è evidente che 
    sapesse quali fossero e quali siano le intenzioni del nuovo timoniere. 
    Così come lo stesso Costacurta, il quale è stato ancor più diretto: "Non 
    provino nemmeno a chiamarmi", sapendo già quale tipo di ruolo o incarico avrebbero semmai potuto affidargli. Quello della statuina
    , visto che nelle stanze che contano i giochi sono già più o meno fatti.

    La discussione non può ovviamente vertere sulle capacità, 
    sull'esperienza, sulle potenzialità di Albertini, di Costacurta o di 
    Maldini (o dello stesso Ambrosini) in qualità di dirigenti. Non è questo 
    il punto. Il problema che Fassone ha sottovalutato è il profondo, 
    rabbioso distacco di una tifoseria disgustata dagli ultimi anni di 
    gestione societaria
    all'insegna di slogan bolsi, proclami deliranti, 
    bugie di mercato e di strategie, operazioni più che discutibili. 
    Culminate con il passaggio di mano prima a un guitto cinese, poi 
    enfaticamente a un altro gruppo orientale, infine improvvisamente a un 
    altro ancora sbucato dal nulla e del quale ancora poco o nulla si sa con 
    certezza. C'è bisogno di un garantismo, di una fiducia che Albertini, 
    Costacurta, Maldini o Ambrosini avrebbero saputo infondere
    grazie alla 
    loro semplice presenza: non hanno bisogno né di soldi, né di lavoro, né 
    di potere, sarebbero tornati per amore dei colori ed è per amore dei 
    colori che avrebbero alzato la mano nel momento in cui avessero 
    verificato che qualcosa non funzionava. Sono uomini e professionisti che 
    non si prestano a giochini, sotterfugi, bugie, manipolazioni di sorta

    Avrebbero potuto smascherare o condividere con entusiasmo le reali 
    intenzioni dei cinesi, avrebbero potuto guidarli dall'alto della loro 
    esperienza crescendo allo stesso tempo con loro, avrebbero avuto 
    importanza anche per la vicinanza alla squadra e a Montella. L'Inter o 
    l'interismo non c'entrano niente, di per sè
    . E' questo che Fassone non 
    ha capito: serviva rassicurare tutti semplicemente mettendosi al fianco, 
    nel lavoro quotidiano, qualcuno del quale la gente possa tornare a 
    fidarsi, lui e i cinesi compresi
    . Sarebbe stata un'ottima partenza. Ora 
    a contare è soprattutto l'arrivo per quanto lontano possa apparire.

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