Getty Images
Milanmania: Berlusconi, fatti da parte
Un'assenza che fa rumore, un'assenza difficile da comprendere in un momento delicato per il campionato del Milan, squadra ancora alla ricerca di una sua definitiva identità ma certamente rinfrancata nello spirito e nel morale dal rotondo 4-1 alla Sampdoria che, se sarà interpretato senza farsi prendere da facili entusiasmi, può essere davvero il punto di partenza per un filotto di risultati che riporti i rossoneri nelle zone alte della classifica prima della sosta di Natale. Non presenziando all'ultima partita di San Siro, il presidente Berlusconi ha mandato un messaggio molto forte all'ambiente, lasciando intendere di non sentire sua la squadra allestita questa estate e affidata alla guida tecnica di Sinisa Mihajlovic.
Delle colpe del tecnico serbo in questa prima parte di stagione, caratterizzata da una ricerca spasmodica del modulo tattico migliore e degli interpreti più adeguati per far rendere la rosa messagli a disposizione, abbiamo già scritto nell'immediato postpartita della pallida esibizione contro la Juventus. Quello che fatichiamo ancora a comprendere è il perchè, quando le cose al Milan non procedono come dovrebbero, le responsabilità e le ire del proprietario del club debbano sempre ricadere sulle spalle dell'allenatore di turno. Se è diritto di ogni presidente di far sentire la propria voce sul rendimento della squadra e sulla qualità del gioco da essa espresso, non sarebbe male se la stessa persona facesse sentire la propria vicinanza all'ambiente soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà e se potesse rendere partecipi soprattutto i suoi tifosi di quanto abbia condiviso la costruzione di un gruppo costatogli più di 80 milioni di euro ma che sul campo non sembra tanto migliorato rispetto alle brutte versioni delle ultime due stagioni.
Da anni, il Milan è un'entità senza padroni, in cui la lontananza fisica e filosofica di chi più di altri ha contribuito a renderla una delle formazioni più vincenti di ogni epoca è la vera chiave di volta per comprendere l'attuale momento di sofferenza. E' innegabile che da quando Berlusconi sia sia lentamente disaffezionato della sua creatura prediletta le cose siano andate verso un progressivo peggioramento, senza che si avvertisse il bisogno di fare un'analisi approfondita delle cause di questa lenta ma inesorabile involuzione. Il Milan è rimasto in molti suoi uomini quello di 30 anni fa, ma ha perso da tempo quella sua capacità di stare sempre sul pezzo, se non addirittura di arrivare prima di tutti gli altri. 30 anni sono tanti per un uomo qualunque, così come lo sono per un gruppo dirigente e ancora di più per un'idea, ormai passata di moda, ormai appartenente al passato. E allora, presidente Berlusconi, se questo Milan non lo sente più suo e non l'appassiona più, forse è giunto davvero il momento di fare qualcosa di innovativo di questi tempi e in un Paese strano come questo: prendere atto di non avere il tocco di una volta e farsi definitivamente da parte.
Delle colpe del tecnico serbo in questa prima parte di stagione, caratterizzata da una ricerca spasmodica del modulo tattico migliore e degli interpreti più adeguati per far rendere la rosa messagli a disposizione, abbiamo già scritto nell'immediato postpartita della pallida esibizione contro la Juventus. Quello che fatichiamo ancora a comprendere è il perchè, quando le cose al Milan non procedono come dovrebbero, le responsabilità e le ire del proprietario del club debbano sempre ricadere sulle spalle dell'allenatore di turno. Se è diritto di ogni presidente di far sentire la propria voce sul rendimento della squadra e sulla qualità del gioco da essa espresso, non sarebbe male se la stessa persona facesse sentire la propria vicinanza all'ambiente soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà e se potesse rendere partecipi soprattutto i suoi tifosi di quanto abbia condiviso la costruzione di un gruppo costatogli più di 80 milioni di euro ma che sul campo non sembra tanto migliorato rispetto alle brutte versioni delle ultime due stagioni.
Da anni, il Milan è un'entità senza padroni, in cui la lontananza fisica e filosofica di chi più di altri ha contribuito a renderla una delle formazioni più vincenti di ogni epoca è la vera chiave di volta per comprendere l'attuale momento di sofferenza. E' innegabile che da quando Berlusconi sia sia lentamente disaffezionato della sua creatura prediletta le cose siano andate verso un progressivo peggioramento, senza che si avvertisse il bisogno di fare un'analisi approfondita delle cause di questa lenta ma inesorabile involuzione. Il Milan è rimasto in molti suoi uomini quello di 30 anni fa, ma ha perso da tempo quella sua capacità di stare sempre sul pezzo, se non addirittura di arrivare prima di tutti gli altri. 30 anni sono tanti per un uomo qualunque, così come lo sono per un gruppo dirigente e ancora di più per un'idea, ormai passata di moda, ormai appartenente al passato. E allora, presidente Berlusconi, se questo Milan non lo sente più suo e non l'appassiona più, forse è giunto davvero il momento di fare qualcosa di innovativo di questi tempi e in un Paese strano come questo: prendere atto di non avere il tocco di una volta e farsi definitivamente da parte.