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  • Milan:| Van Basten torna a San Siro

    Milan:| Van Basten torna a San Siro

     

    Stasera c’è la Juve e Van Basten è lassù, in tribuna con il  Galliani. Come passa il tempo, eh Marco? Vent’anni fa, 25 novembre  1992, il Cigno, il più grande centravanti dei tempi  moderni, segna i suoi ultimi gol a San Siro. È un grande addio,  alla Van Basten. Si gioca Milan- Goteborg, Champions League,  girone di semifinale, gruppo B.Non c’è nebbia,maneppure  il pienone. Cinquantacinquemila spettatori (qualcuno scrive: soltanto), poco più di 2 miliardi di lire d’incasso. Il Milan non brilla, qualche incertezza in difesa. Manca Paolo Maldini  e Massaro fa il terzino. Il capitano Franco Baresi annaspa. Mauro  Tassotti cincischia. Non bene. Poi il cambio di velocità:  Van Basten dopo un «ricamo» con Jean Pierre Papin, detto JPP, segna un gol da applausi.  La partita cambia pelle, il portiere svedese Ravelli cambia  umore. Il Milan di Capello sembra quasi il Milan di Sacchi: tattica  ferrea, determinazione, lucidità e collettivo. E lui: Marco  Van Basten. Segna altri tre gol,
    un rigore con il saltello incorporato,  specialità della casa. Una rovesciata splendida, alla Van Basten. Una deliziosa veronica.Ovviamente anche quella alla  Van Basten.
     
    Come il ballerino Nureyev Quattro a zero, quattro gol, una notte piena di applausi. In tribuna  c’è Gunnar Nordahl, detto il  Pompiere, il cannoniere dei cannonieri rossoneri. Il vecchio  gigante svedese batte le sue pesanti mani e dice: «Io ne ho fatti  tanti,mastasera mi sarebbe piaciuto  essere al suo posto. Questo ragazzo è il più bravo di tutti noi». Silvio Berlusconi gigioneggia:  «Marco è un ballerino,  è come Nureyev». Ai bordi del campo i raccattapalle in tuta  rossonera si rincorrono felici.
    Uno, Fabrizio Miccoli, piccolo ragazzo del Sud, cannoniere  dei giovanissimi (28 gol), diventerà un campione. Il titolo della Gazzetta: «Accademia  Van Basten». Lodovico Maradei, commentatore del nostro 
    giornale, dalla tribuna stampa detta a braccio le pagelle. Van  Basten 9. Motivazione: «Prodigiosa prestazione. Non finisce  più di stupire, non si sa dove possa arrivare. Due gol da antologia  e altri due di pura routine,
    ma solo per uno come lui. Non  ci sono più parole!». Non si trovano le parole, l’emozione è fortissima. Non le trova nemmeno Fabio Capello, che scuote la testa e ripete: «Ma cosa ha fatto!  ». Ne trova poche lo stesso Marco, che sorride e sussurra:  Disciamoscelo, ho fatto una
    buona partita e buoni gol». Il terzo Pallone d’Oro Saranno gli ultimi gol dentro il tempio e in Champions. Quattro giorni dopo  il Milan gioca a Torino contro  la Juventus e vince uno a zero. Van Basten c’è, ma segna un  altro Marco, il giovane Simone. Poi il Marco olandese sente nuovi dolori alla caviglia e si ferma. Non si fermano i giurati di France
    Football, che gli assegnano il  Pallone d’Oro, il terzo. Qualcuno dice: ma dai, per una rovesciata.  Invidia allo stato puro. Il 1992 di Marco è breve, ma intenso e strepitoso. Alcuni giorni  prima dei quattro gol in
    Champions ne segna quattro anche al Napoli, al San Paolo. La partenza del secondo anno  targato Capello, con lo scudetto sul petto e Van Basten capocannoniere (25 reti) in carica, è  travolgente. Alla seconda giornata  fa tre gol a Pescara, nel famoso 4-5. Una domenica strana
    con piccoli e simpatici record. Il primo gol del Pescara,  dopo un minuto, lo realizza  Massimiliano Allegri. Primo tempo 4-4. Dueautoreti di Franco
    Baresi. Debutta Savicevic,  detto il Genio. Il resto è roba del Cigno che vola, s’inebria e incanta anche Firenze dopo un  fantastico 7-3. La notizia del suo terzo Pallone d’Oro arriva  in dicembre. Marco non sta bene,  ma è lo stesso in ritiro con l’Olanda a Istanbul. Il Milan è a Santa Cruz de Tenerife e Capello esce dall’hotel e mostra tre dita:  «Marco! Ha vinto ancora». 
     
    Ultimo gol ad Ancona Premiano  Van Basten a Parigi il 19 dicembre, il giorno in cui Gianni Brera  se ne va per sempre. La mattina dopo è a St. Moritz con la  sua caviglia gonfia. Lo aspetta un professorone, il più bravo (dicono) del mondo. Marco è  operato per la quarta volta. Lo
    incoraggiano: tornerai a giocare. Torna male, dopo quattro  mesi, segna il suo ultimo gol in Italia, ad Ancona, e partecipa all’amara  passerella di Monaco di Baviera contro il Marsiglia.  Poi si ferma. Lascia a 29 anni,
    dopo sette operazioni. La Gazzetta scrive: «Ma dove troveremo  un altro così?». L’uomo che segnava in tutti i modi e che nessuno  schema, nessuna diagonale,  nessuna ripartenza avrebbe mai potuto imprigionare, saluta il nostro calcio in una notte  d’estate del 1995, a San Siro, prima di un Milan-Juventus del  Trofeo Berlusconi. La gente
    canta e piange. «Marcovanbasten/ c’è solo Marcovanbasten ». Il freddo Cigno stavolta si commuove. Non l’aveva fatto  in nessuna delle sue meravigliose  finali, piene di gol e di trionfi. Sorriso dolce, parole semplici
    e normali. Qualche battuta  come quella notte, a Barcellona, nel 1989. Vince la prima Coppa dei Campioni.  Notte di grande festa. Si fa tardi, lo aspettiamo per le interviste, lui arriva lento e  soave per ultimo. È ancora in accappatoio. Gli fanno la prima domanda, risponde con un’altra domanda. «Avete un pettine? ». Non ce l’ha nessuno. E lui, con un sorriso ironico un  po’ sarcastico: «E voi siete venuti a una finale di Coppa deiCampioni senza portarvi un pettine? ». Qualcuno dice: stasera è di luna buona. Ne abbiamo viste  tante buone lune. Stasera, molti anni dopo, guarderà dalla tribuna la cresta di El Shaarawy.  Pensa se il Faraone alla fine andasse da Marco e gli chiedesse:  «Scusa, hai un pettine?».
     
    La Gazzetta dello Sport

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