Milan, un problema tattico dietro il flop San Siro: rivali chiuse e zero spazi, senza Ibra servono nuove idee
Un vero e proprio harakiri. Il mancato successo contro il già salvo Cagliari ha gettato l'ambiente Milan nello sconforto. A pochi chilometri dalla vetta, un improvviso contraccolpo ha complicato i piani Champions League della banda Pioli, inceppatosi sul più bello dopo prestazioni (e risultati) di tutt'altro rilievo. È questo ciò che più stupisce, per una squadra in grado - nell'ultima settimana - di segnare 10 gol a Torino tra bianconeri e granata.
INCUBO SAN SIRO - Dietro il pari contro i sardi emerge, più netto che mai, il fantasma San Siro. I numeri parlano chiaro: 8 sole vittorie in 19 partite, 6 pareggi e ben 5 sconfitte, tutte nel girone di ritorno. Un dato decisamente allarmante, che vale il triste record negativo se si considerano i campionati a 20 squadre. Trenta punti sui cinquantasette disponibili, una serie di passi falsi che, ora, pesano come macigni in classifica. Nella stagione 2014/2015, con Inzaghi in panchina, i punti totali furono 32.
Cosa si cela dietro questa crisi tra le mura amiche? Non certo la pressione, in un anno anomalo e silenzioso come quello vissuto, con i battenti di San Siro chiusi ai tifosi. C'è, piuttosto, una ragione tattica: a Milano, infatti, gli avversari si difendono maggiormente, pensando soprattutto a non prendere gol. Nascono così partite chiuse, con pochi spazi, dove fondamentale diventa un perno come Zlatan Ibrahimovic, ineguagliabile riferimento al centro dell'area di rigore, in grado di fare da sponda e di inventare per gli inserimenti dei compagni. Discorso diverso, invece, quando Ibra non c'è: il peso dell'attacco si è alternato, complici i tanti ko di Mandzukic, sulle spalle di Rebic e Leao. Giocatori, chiaramente, dalle caratteristiche completamente diverse allo svedese: al fisico prediligono velocità e scatto, inserendosi negli spazi e giocando tra le linee. Occasioni rare nelle gara casalinghe, situazioni più frequenti in trasferta, dove gli avversari propongono maggior gioco, concedendo più spazi. È qui che il Milan ha costruito il suo bottino, è qui che ha sempre approfittato, con o - ancor di più - senza Ibra.
I DATI - Prendiamo in considerazione le ultime due uscite. O meglio, due delle ultime tre, perché il 7-0 di Torino rischia di falsare numeri e analisi. Le statistiche di ieri raccontano di un Cagliari che, in fase difensiva, ha tenuto un baricentro medio (vedi in fondo heatmap Lega Serie A) di 45,09 metri. Basso, decisamente basso: quello del Milan, in fase difensiva, è stato di 51,07 metri. E così Calhanoglu ha trovato pochi varchi per le sue giocate, lo stesso si dica per Theo Hernandez o per gli inserimenti di Kessie. E di conseguenza per Rebic, lontano parente del giocatore decisivo ammirato a Torino. A fine gara, allora, le statistiche recitavano 15 cross, 20 tiri tentati ma solo 2 da dentro l'area di rigore. Domenica scorsa, allo Stadium, i dati furono decisamente diversi: 50,23 metri il baricentro difensivo dei bianconeri, colpiti da Brahim Diaz, Rebic e Tomori. (Anche) qui risiede il flop casalingo del Milan, che troppe poche volte - tra le mura amiche - ha saputo trovare alternative a Zlatan Ibrahimovic.
INCUBO SAN SIRO - Dietro il pari contro i sardi emerge, più netto che mai, il fantasma San Siro. I numeri parlano chiaro: 8 sole vittorie in 19 partite, 6 pareggi e ben 5 sconfitte, tutte nel girone di ritorno. Un dato decisamente allarmante, che vale il triste record negativo se si considerano i campionati a 20 squadre. Trenta punti sui cinquantasette disponibili, una serie di passi falsi che, ora, pesano come macigni in classifica. Nella stagione 2014/2015, con Inzaghi in panchina, i punti totali furono 32.
Cosa si cela dietro questa crisi tra le mura amiche? Non certo la pressione, in un anno anomalo e silenzioso come quello vissuto, con i battenti di San Siro chiusi ai tifosi. C'è, piuttosto, una ragione tattica: a Milano, infatti, gli avversari si difendono maggiormente, pensando soprattutto a non prendere gol. Nascono così partite chiuse, con pochi spazi, dove fondamentale diventa un perno come Zlatan Ibrahimovic, ineguagliabile riferimento al centro dell'area di rigore, in grado di fare da sponda e di inventare per gli inserimenti dei compagni. Discorso diverso, invece, quando Ibra non c'è: il peso dell'attacco si è alternato, complici i tanti ko di Mandzukic, sulle spalle di Rebic e Leao. Giocatori, chiaramente, dalle caratteristiche completamente diverse allo svedese: al fisico prediligono velocità e scatto, inserendosi negli spazi e giocando tra le linee. Occasioni rare nelle gara casalinghe, situazioni più frequenti in trasferta, dove gli avversari propongono maggior gioco, concedendo più spazi. È qui che il Milan ha costruito il suo bottino, è qui che ha sempre approfittato, con o - ancor di più - senza Ibra.
I DATI - Prendiamo in considerazione le ultime due uscite. O meglio, due delle ultime tre, perché il 7-0 di Torino rischia di falsare numeri e analisi. Le statistiche di ieri raccontano di un Cagliari che, in fase difensiva, ha tenuto un baricentro medio (vedi in fondo heatmap Lega Serie A) di 45,09 metri. Basso, decisamente basso: quello del Milan, in fase difensiva, è stato di 51,07 metri. E così Calhanoglu ha trovato pochi varchi per le sue giocate, lo stesso si dica per Theo Hernandez o per gli inserimenti di Kessie. E di conseguenza per Rebic, lontano parente del giocatore decisivo ammirato a Torino. A fine gara, allora, le statistiche recitavano 15 cross, 20 tiri tentati ma solo 2 da dentro l'area di rigore. Domenica scorsa, allo Stadium, i dati furono decisamente diversi: 50,23 metri il baricentro difensivo dei bianconeri, colpiti da Brahim Diaz, Rebic e Tomori. (Anche) qui risiede il flop casalingo del Milan, che troppe poche volte - tra le mura amiche - ha saputo trovare alternative a Zlatan Ibrahimovic.