Milan, tre indizi e una prova: che Maldini sapesse della deriva tra Pioli e alcuni dei suoi?
1. Il Milan perde a Parigi, cosa che si poteva prevedere già il giorno del sorteggio di Montecarlo. Ma perde lasciando a Mbappé, Dembelè e Kolo Muani sempre 40 metri di campo per scatenare le loro mortifere ripartenze. Dopo la partita Calabria, capitano sempre politicamente corretto esplode dicendo: “Non si può giocare così”. Pioli gli risponde dicendo che il suo commento non è stato “lucido”.
2. A Napoli Giroud fa due gol, i padroni di casa rimontano, ma il Milan riesce di nuovo a prendere in mano la partita e a buttare palloni in area avversaria. Pioli toglie il francese che prima si lascia andare a una scenata isterica in campo e poi ostentatamente si rifiuta di andare in panchina per assistere alla fine del match. Davanti ai microfoni il francese dichiara: “Dopo il primo gol del Napoli, non sapevamo se attaccare o difendere”. Altro attacco durissimo a Pioli che lo stesso Giroud, nelle interviste successive, prova a mitigare con dichiarazioni meno corrosive Insieme a Giroud 3. Pioli toglie anche Leao smantellando l’intero attacco dello “scudetto” e inserendo due comparse come Okafor e Jovic, per giunta acciaccati. Anche il portoghese lascia il campo contrariato e, giunto in panchina, mostra al tecnico tutto il proprio risentimento per il cambio.
I soliti “templari” dell’informazione rossonera ci possono anche dire che si è trattato di 3 sfoghi normali, ma purtroppo dobbiamo renderci conto che non è così. Le bordate a Pioli sono arrivate dopo una sconfitta plausibile come quella di Parigi e durante un pareggio sulla carta accettabile come quello di Napoli. E sono arrivate non da tre giocatori qualsiasi, ma da tre “senatori” dello spogliatoio: il capitano, il giocatore di maggior esperienza e quello di maggior classe. Il fatto che Pioli, nel finale di una partita che il Milan stava provando a “rivincere” dopo essersela complicata, tolga dal campo i due attaccanti titolarissimi è quantomeno anomalo. Oltretutto Giroud aveva dimostrato con una doppietta di essere in serata, mentre Leao, con tutti i suoi limiti, riusciva comunque a seminare il panico sulla sinistra. Per questo motivo non si può pensare a una scelta tecnica, ma ha tutta l’aria di essere un simbolico esercizio di potere. Con quel cambio Pioli ha mandato un messaggio chiaro alla squadra: “ Qui comando io e anche se siete Giroud e Leao vi tolgo”.
Ci sta. Il problema è la reazione sbandierata ai 4 venti. I due sostituiti hanno voluto mostrare al mondo il loro malcontento, cosiccome Calabria a Parigi ha voluto rimarcare pubblicamente le perplessità che la squadra ha di fronte ad alcune scelte tattiche dell’allenatore. Questo è il problema: tutte le tensioni dello spogliatoio rossonero sono venute fuori alla luce del sole. E non dopo 5 sconfitte di fila, ma con dei risultati tutto sommato accettabili. A questo punto non si può non pensare che lo scarso appeal dell’allenatore nei confronti di una parte “pesante” dello spogliatoio non fosse già emerso nella passata stagione. Non si può non pensare che quando Maldini stava pensando di cambiare l’allenatore non avesse già notato i prodromi di questa pericolosa deriva. Non si può non pensare che, come già ribadito più volte, la rivoluzione tattica dello scorso gennaio non fosse tutta farina del sacco di Pioli ma che ci fosse stata la longa manus di Maldini, sospinto da una parte dello spogliatoio.
In quel contesto la proprietà ha fatto una scelta di campo chiara conferendo pieni poteri al tecnico ed esonerando i dirigenti. Ma già all’epoca, gran parte dei “senatori” avevano palesato chiaramente la loro posizione. Ricordate gli emoticons e i post dei vari Leao, Theo, Maignan e Tonali all’indomani dell’esonero della coppia Maldini-Massara? Adesso la situazione è delicatissima e di non facile risoluzione. Pioli plenipotenziario ha dimostrato che non riesce a gestire non solo gli equilibri tattici, ma nemmeno quelli dello spogliatoio. Dall’altra parte Pioli è la rappresentazione piena della linea societaria che ha scelto di giubilare la vecchia dirigenza a costo di rischiare di mettersi contro una parte influente dello spogliatoio.
Collocare un tutor come Ibra accanto a Pioli significherebbe delegittimarlo del tutto ed esautorarlo agli occhi della squadra e non solo. La soluzione sarebbe quella di avere un manager in grado di mediare tra lo spogliatoio e il tecnico in modo da trovare una sintesi e lavorare tutti insieme nell’interesse del Milan. Ma chi ha lo status per farlo? A chi darebbe retta la squadra? Chi andrebbe da Pioli a spiegare che forse è meglio non lasciare i difensori all’uno contro uno con Mbappè? Chi può ricoprire questo ruolo? Forse Scaroni che guarda le partite dal nuovo stadio mai costruito oppure Moncada il cui algoritmo gli ha suggerito di comprare 11 giocatori senza nemmeno un centravanti oppure Furlani che, come uomo di calcio, finora, ha saputo solo andare a Genova a picchiare sul vetro della “gabbia” per ingraziarsi i tifosi? Secondo voi se dovesse andar via uno di questi tre, o anche Pioli, Theo, Maignan e Leao farebbero i post su instagram con la lacrimuccia?