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Milan, rompi gli schemi di un paese bigotto: se salta Gattuso, Carolina Morace merita un'occasione
Come nella peggiore tradizioni italiane si tratterebbe dell’allenatore della Primavera, Federico Giunti, che, a sua volta, ha avvicendato Lupi alla fine di dicembre del 2018. Non tutti conoscono il campionato Primavera e forse meno ancora sanno che il Milan di Giunti sta facendo male come il Milan di Lupi. I rossoneri, infatti, sono penultimi in classifica e rischiano concretamente la retrocessione dalla Primavera 1 alla 2, ovvero una sorta di ignominiosa serie B. Ora, pur ammettendo che Gattuso perda contro i granata, vi pare serio che il candidato interno al Milan sia un tecnico che sta fallendo con la seconda squadra del club?
Piuttosto, se non fossimo in Italia - cioè in un paese bigotto, arretrato e maschilista - dovrebbe circolare il nome di Carolina Morace, prima donna ad allenare una squadra maschile (la Viterbese), ex c.t. delle nazionali femminili di Italia, Canada e Trinidad e Tobago, attuale guida del Milan donne che ha chiuso il campionato di serie A al terzo posto ed è arrivato fino alla semifinale di Coppa Italia. Non ne parlo in nome della parità di genere, parlo del merito calcistico, dello spessore sportivo, della dimensione internazionale. Carolina è stata una delle più grandi calciatrici di tutti i tempi, è conosciuta e apprezzata in ogni parte del mondo e, a dispetto di tanti maschi guardoni e invidiosi, è uno dei componenti dell’International Board, l’organo supremo deputato alla conservazione e al cambiamento delle regole del gioco.
Scegliendo lei, il Milan non solo promuoverebbe, anche solo per quattro giornate, un tecnico di valore, ma compirebbe un’operazione di civiltà e di comunicazione straordinaria, senza per questo rinunciare alla lotta per il quarto posto. Morace è donna, ma è allenatore che può stare in serie A sia perché abilitata (Uefa Pro da molti anni), sia perché sa reggere le pressioni e conosce tutte le dinamiche di uno spogliatoio. Se qualcuno ne volesse sapere un po’ di più, potrebbe fare una telefonata all’attuale allenatore del Lecce, Fabio Liverani, che fu suo giocatore a Viterbo. Non dico che fu la Morace a scoprirlo (Liverani aveva già una grande tecnica), ma di certo lo valorizzò mettendolo al centro del progetto tecnico. Avere dirette referenze da lui che sta portando il Lecce in serie A zittirebbe probabilmente scettici e increduli.
So bene che i dirigenti più ortodossi e i tifosi trinariciuti si straccerebbero le vesti se davvero una società di A o B affidasse la panchina ad una allenatrice pur capace e conosciuta come la Morace. Tuttavia altrove (la Francia per esempio che non è così distante dall’Italia) due donne allenatrici hanno già avuto esperienze in Ligue 2. Il nostro calcio è sempre più indietro anche per questo. Ritiene che la conoscenza pallonara sia solo maschile e che dal bar alle televisioni non ci sia spazio per altri se non per gli uomini. Questa posizione anacronistica e codina, degna di nazioni ancorate agli anni Quaranta, non fa onore a chi pensa all’innovazione, alla modernità e allo sviluppo come direttrici di un futuro successo. Per citare un’allenatrice come possibile sostituto di un collega maschio non occorre essere rivoluzionari o meno che mai sentirsi ridicoli. Basta, una volte per tutte, rompere l’angusto recinto del nostro conformismo e ricordarsi che, in nessun campo, l’altra metà del cielo non è fatta per restare a guardare.
@gia_pad