Milan, Ibra è un rischio: in due anni spese folli per attaccanti che non hanno inciso. I numeri
Analizzando gli ultimi due anni e mezzo di politica rossonera, negli acquisti di attaccanti si fa fatica a capire quale sia la linea logica seguita, ma si capisce benissimo quanto sia costata. Mantenerla prima e scaricarla poi. All’inizio sotto la direzione di Fassone & Mirabelli, poi l’egida di Leonardo e ancora sotto la triade Gazidis, Maldini & Boban. Senza andare troppo indietro con il calendario si può partire quindi dall’estate 2017/18, quella dei fuochi artificiali, altresì detti fuochi formali. Il Milan acquista Kalinic per 25 milioni e cederà il croato dopo un anno, con una minusvalenza di circa 5 milioni e altri 6 milioni lordi di stipendio versati. Ma quell’estate arriva anche André Silva, meteora da 38 milioni di euro che ancora oggi galleggia in giro per l’Europa a suon di prestiti (oggi in concambio a un’altra meteora: Rebic), alleggerendo le casse di Via Aldo Rossi dell’ingaggio, ma pur sempre con un cartellino pesantissimo e una resa nulla per le strisce rosse e nere. Da quel vuoto pneumatico l’estate successiva si chiude l’affare Gonzalo Higuain a Milano. Un giocatore che avrebbe dovuto davvero spostare gli equilibri e invece si ritroverà 6 mesi dopo ad aver solo spostato sempre più in rosso i già fragili equilibri finanziari del club, con un prestito da 10 milioni e 9 di ingaggio lordo pagati nel periodo. Praticamente come acquistare un buon giocatore a titolo definitivo.
Considerando questi tre elementi, il Milan si è impegnato in 12 mesi per 100 milioni di euro, più un’altra ventina di ingaggi. Il tutto per ritrovarsi 18 mesi dopo senza nessuno di loro in rosa. E fu così che un anno fa arrivò il momento del Pistolero Piatek. Anche per lui investimento da 38 milioni circa e 11 gol nella sua seconda metà di stagione milanese. Al polacco si somma anche l’arrivo per un’altra quarantina di milioni di Lucas Paquetà, seppur in un ruolo diverso, ma altro prezioso gioiello che per il momento non è riuscito a brillare e potrebbe essere ceduto, secondo le sirene di mercato. Tralasciando la sorte di Cutrone perché cresciuto nel vivaio e quindi plusvalenza netta (sul prezzo di cessione rispetto ai gol segnati si potrebbe comunque aprire un altro capitolo), la dirigenza rossonera aggiunge la scorsa estate un’altra pedina, giovane, a disposizione di Giampaolo: Rafael Leao per 30 milioni circa. Il risultato è una giostra impazzita di attaccanti che in 30 mesi non è riuscita a lasciare traccia di sé, se non sui bilanci societari.
Tralasciando giocatori meno centrali (Castillejo, Rebic e altri) si può sintetizzare che il Milan negli ultimi due anni e mezzo ha impegnato per gli attaccanti circa 180 milioni di euro in cartellini (cui sottrarre la cessione di Kalinic) e garantito stipendi per oltre 30 milioni di euro lordi. Un budget che gli ultimi risultati societari hanno dimostrato essere molto al di sopra della reale possibilità economica del club. Il tutto senza considerare l’impatto che avrà Ibrahimovic. E’ evidente che dopo tutte le risorse spese e gli scarsi risultati raccolti gli attuali dirigenti del Milan abbiano voluto sconfessare la teorica linea green del club e puntare tutto su un giocatore completo e formato. Una scommessa costosa e rischiosa allo stesso tempo. Costosa perché Re Zlatan, anche a 39 anni, non si muove senza garanzie per l’IBAN. Rischiosa perché Maldini, Boban e Gazidis ne sono perfettamente consapevoli: Ibra funzionerà con il meccanismo di un’ancora per i rossoneri. Se salirà in cattedra farà ripartire la nave arenata. Ma se dovesse scendere ancora la catena, si porterà tutti a fondo, con conseguenze imprevedibili.