Milan, Napoli e Inter: corsa scudetto? E' un ritmo da safety car
Ci è toccato leggere pure commenti del genere dopo il pareggio casalingo del Milan nella serata di lunedì contro il Bologna. La squadra rossonera poteva piazzare un allungo importante e invece, come spesso le è successo nel corso di questa stagione, ha mancato l'opportunità. Mantiene la testa della classifica (67 punti) con un solo punto di vantaggio sul Napoli e quattro sull'Inter, che però ha ancora da recuperare una partita contro lo stesso Bologna. Si tratta della stessa Inter che prima di vincere una partita piena di “se” e di “ma” sul campo della Juventus aveva messo insieme soltanto 7 punti sui 21 in palio nelle precedenti 7 partite. E si tratta dello stesso Napoli che tra novembre e dicembre aveva seminato punti in qua e in là perdendo tre volte in casa contro Empoli, Spezia e Atalanta. In altri tempi, per essere andati incontro a tali periodi di black out, sia l'Inter che il Napoli avrebbero visto dilatarsi in misura irrecuperabile il divario dalla testa della classifica. E invece sono sempre lì, una a 1 punto dalla testa della classifica e l'altra che potenzialmente è nella stessa posizione. E già che è stata citata la Juventus, il discorso che la riguarda si fa emblematico. Quanti penoso sia stato fino a fine novembre il cammino in campionato della squadra guidata da Allegri è cosa nota a tutti, soprattutto ai tifosi bianconeri. Eppure una squadra dal rendimento così deficitario per tutto il primo quarto di campionato avrebbe potuto trovarsi adesso al terzo posto se domenica scorsa avesse battuto l'Inter. I bianconeri avrebbero avuto 62 punti in classifica, soltanto 5 in meno del Milan capolista. Una distanza pienamente colmabile, visti i ritmi con cui si sta viaggiando in questo torneo.
Giusto per farci un'idea della lentezza di passo, un anno fa l'Inter capolista alla trentunesima giornata aveva messo insieme 75 punti, così come 75 erano i punti della Juventus capolista alla trentunesima giornata del campionato 2019-20, e addirittura 84 punti quelli della stessa squadra bianconera alla trentunesima della stagione 2018-19, mentre erano “soltanto” 81 punti (col Napoli secondo a 77 punti) quelli che ancora la Juventus segnava alla trentunesima giornata del torneo 2017-18. Potremmo andare ulteriormente a ritroso e il discorso non cambierebbe: le cifre sarebbero sempre e comunque superiori (talvolta nettamente superiori) a quelle segnate nel campionato in corso. E dunque, di quale volata si sta parlando? Soprattutto, cosa mai si starebbe incendiando?
La verità è tutt'altra. Stiamo assistendo a un torneo che procede a ritmi da safety car (se qualcuno prova a allungare viene immediatamente ricondotto nel gruppo). Popolato da squadre che dopo avere perso senza appello la competitività internazionale stentano a lasciare il segno anche nel contesto domestico. Non a caso il nostro campionato è ampiamente snobbato all'estero. Pochi ne parlano, ancor meno lo vedono. Provate a fare un giro per siti e quotidiani esteri. Troverete un congruo spazio per la Serie A soltanto sui media albanesi, l'ultima isola d'influenza per il nostro morente soft power calcistico. E la situazione andrà a peggiorare dopo la seconda eliminazione consecutiva della nazionale azzurra dalla fase finale dei mondiali.
Abbiamo perso competitività, abbiamo perso prestigio, stiamo mandando in malora le ultime risorse che ci erano rimaste. E però facciamo finta di esaltarci per “l'incendiarsi della volata scudetto”. Che in realtà è una fiammella di candela continuamente a rischio di esaurirsi. E invece dovremmo cambiare atteggiamento. Essere molto più severi nel giudicare un torneo nazionale ormai chiaramente di seconda fascia europea, anziché trattarlo come una comfort zone in cui ci illudiamo di avere ancora una grandezza da spendere. Perché se non ce ne fossimo accorti, stiamo continuando a farci del male. Col rischio di aggravare la malattia. Vediamo invece di essere severi, di pretendere di più da tutti, di non esaltare tutti quei fenomeni de noantri che fuori dai nostri confini diventano calciatori men che normali. E soprattutto, cerchiamo di sollecitare il recupero della scuola italiana. Nessuno può obbligare le nostre società di calcio a puntare sui giovani costruiti in casa. Ma una più sollecita pressione d'opinione sarebbe un'ottima cosa. Tanto più se in questi giorni sentiamo decantare il 'coraggio' del Napoli e di Luciano Spalletti per avere lanciato in prima squadra il giovane Alessandro Zanoli. Perché se poi si va a guardare i dati anagrafici di Zanoli si scopre che è un classe 2000 e compirà 22 anni a ottobre. Giovane sì, ma altrove a 22 anni sono già veterani. Impariamo a collocare le cose nella loro giusta dimensione. Altrimenti non verremo mai più fuori dalla fossa e continueremo a esaltarci per i ritmi da moviola di un campionato rachitico.
@pippoevai