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Milan, Maignan: 'Da bambino sono finito in porta per caso. Quella partita contro la Fiorentina...'
SULLA NUOVA STAGIONE IN ARRIVO - "Mai preoccupato. Ci saranno nuove sfide, nuove prove, ed è proprio questo che amo".
LA PARTITA DA MAGIC MIKE – "Ogni volta che entro in campo, è magico. Tutto lo stadio, tutto il popolo rossonero alle spalle, la magia si crea naturalmente. E poi, il contesto di alcune partite rende la cosa ancora più speciale. Penso a due partite in particolare. La scorsa stagione, quella giocata in casa contro la Fiorentina. Eravamo vicini allo scudetto, ma non l’avevamo ancora in pugno e quella gara si preannunciava difficile. I tifosi hanno scortato l’autobus, l’entusiasmo era incredibile, ho sentito tutto lo stadio spingere dietro di me, ci ha dato le ali, ci sentivamo invincibili. L’altra partita è stata l’andata contro il Napoli in questa stagione di Champions League. Si poteva sentire che il Milan è la Champions League e che San Siro vive per quei momenti".
MIKE BAMBINO – "Sono sempre stato diverso, in anticipo rispetto alla mia generazione, e questo grazie alla mia mentalità, che mi dava un vantaggio sugli altri. Non ho mai seguito gli altri, ho sempre cercato di pensare con la mia testa".
I PRIMI PASSI NEL CALCIO - "Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 6-7 anni. Ero attaccante o numero 10, non volevo andare in porta... Sono finito lì per caso. Così, da ragazzino mi alternavo tra il ruolo di portiere e quello di giocatore di campo. All’età di 12-13 anni mi fu offerta l’opportunità di sostenere dei test a Clairefontaine, l’accademia nazionale del calcio francese. L’allenatore che mi accompagnò al provino mi lanciò una sfida: “Se arrivi all’ultimo turno di selezione, resterai portiere”. Sfortunatamente o fortunatamente, è quello che è successo! All’epoca mi seguiva il Psg, e questo mi convinse a restare in porta. Ma ho mantenuto quel desiderio di giocare più avanti, di partecipare al gioco".
LA SUA MENTALITÀ – "Fin da piccolo pensavo, anche con le spalle al muro o di fronte a difficoltà: “Non sono morto, non sono morto!”. Così, grazie a Dio, diventavo sempre più maturo".