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    Milan, la società non vuole l'Europa

    Milan, la società non vuole l'Europa

    • Luca Serafini
    È stato all'Olimpico contro la Roma che il Milan di Montella ha cambiato pelle. Aveva sin lì costruito la sua ottima classifica con un rendimento sorprendente, attendendo per poi mordere in contropiede. Vero che di mezzo c'è stata la vittoria della Supercoppa, ma in campionato da quella sera condizionata oltremodo dalla ciabattata di Niang sul dischetto, i rossoneri hanno portato a casa 5 punti in 5 partite facendosi riassorbire dal gruppo. Montella in autunno era stato etichettato di difensivismo al limite del catenaccio, visione miope dell'umile intelligenza con cui invece stava gestendo una squadra troppo limitata tecnicamente per imporre il proprio gioco. La squadra capace di rimonte parziali o totali come non le accadeva da almeno 3 stagioni, spingeva sull'acceleratore solo quando veniva a trovarsi in svantaggio, sorretta dall'adrenalina e dal calo degli avversari. Segno di una personalità recuperata e di un'organizzazione comunque bene allestita. Ora invece è più sfrontata e, dopo Torino, finisce col prendere 2 gol in contropiede a San Siro dal Napoli in soli 9' rischiando persino di soccombere al terzo e al quarto prima di svegliarsi. Arrivando a sfiorare il pareggio, ma anche l'1-3. Occorre tornare alle origini di questa stagione per ricominciare a vicere, facendo più fatica con le piccole che con le grandi, ma facendo molti punti.

    Pasalic sbaglia un passaggio quasi alla bandierina del corner e sul rovesciamento di fronte la squadra di Sarri va in vantaggio con 3 tocchi. Paletta fa il playmaker basso non azzeccando un lancio. Il centrocampo si fa sistematicamente saltare. Bacca detta il passaggio solo quando non può riceverlo perché è in fuorigioco e quando fa gol (sempre meno) è un giocatore inutile. Il centrocampo ha pochissima propensione a costituire salvo che negli inserimenti, perdipiù senza Locatelli non protegge per nulla la difesa. Niang entra a partita in corso come stesse entrando ai giardini pubblici di sabato pomeriggio.  A prescindere dall'atteggiamento, però, resta costante un difetto patologico di difficile spiegazione e ancor più ardua comprensione: la sconcertante tendenza a regalare agli avversari i primi tempi o quantomeno la prima mezz'ora di gioco. E' successo troppe volte da agosto ad oggi, cosicché le riprese sono troppo spesso in ripida salita. E' un lavoro cui l'allenatore deve dedicarsi con grande attenzione.

    Infine, appunto, la classifica. A credere nel ritorno in Europa ci sono Montella, il suo staff, giocatori e molti tifosi. Non i media, ma - soprattutto - non la società che infatti in gennaio si è ben guardata dal pescare aiuti dal mercato, a parte il prestito oneroso di una riserva dell'Everton. Qualcuno aveva letto nelle dichiarazioni della vigilia di Montella ("Il Napoli è stato costruito per vincere") una sferzata a Sarri ("Lui è molto attento ai bilanci delle società"), ma non era difficile leggerci una battuta nemmeno troppo nascosta anche al suo club, che evidentemente non gli ha consegnato un gruppo costruito per vincere. È per questo che dall'estate all'autunno ha pensato come fosse meglio stare abbottonati e affidarsi al contropiede. Forse è meglio che riprenda a farlo e anche presto. 

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