Milan, l'ennesima svolta targata Ibra: con lui Leao brilla e De Ketelaere...
Poi c’è stata una svolta, l’ennesima nella recente storia del Milan, quella che pareva non potesse arrivare. Dopo aver preso 12 gol in 3 partite, la squadra di Pioli è tornata “squadra” e ne ha preso solo uno in 5, vincendone 4. Saremmo ingenerosi nei confronti dell’allenatore e dei giocatori se dicessimo che anche questa volta il merito è dello svedese. A nostro giudizio, le basi di questa ritrovata solidità del Milan sono da ricercare nella metamorfosi dell’atteggiamento tattico voluta da Pioli. Nelle ultime 5 partite, il Milan non ha cambiato solo modulo passando alla difesa a 3, ma ha proprio invertito la filosofia di gioco portata avanti negli ultimi 3 anni. Ha abbassato il baricentro, ha tenuto molti più giocatori sotto la linea della palla, ha accresciuto la densità in mezzo lasciando più campo a Theo Hernandez sulla sinistra e attaccando con meno uomini di prima. Il risultato è stato ripristinare una linea difensiva pressochè insuperabile esaltando le doti della new entry Thiaw e rendere praticamente inavvicinabile agli avversari la propria porta, che sia difesa da Tatarusanu o da Maignan. Gli uomini di Pioli non hanno concesso nemmeno un tiro in porta in 100 minuti all’Atalanta di Gasperini e questo non è un dato da poco.
E’ chiaro, dicevamo, che in tutto questo Ibra non c’entra nulla. O forse solo apparentemente. Non possiamo infatti far a meno di notare che il percorso verso il ritrovamento della compattezza di squadra e della solidità difensiva sia cominciato in concomitanza con il ritorno dello svedese a Milanello. Fino all’altra sera, è vero, non ha mai giocato, ma negli ultimi 20 giorni è tornato a far parte del “gruppo squadra”. E’ tornato ad allenarsi con i compagni o almeno parazialmente. E’ tornato a vivere con loro la tensione e la preparazione delle partite. E siamo sicuri che le partitelle di fine allenamento senza Ibra sono una cosa, con Ibra sono un’altra cosa. E siamo sicuri che avere in panchina Ibra in tuta fa effetto sulla concentrazione e sull’applicazione di tutta la squadra.
La dimostrazione ineluttabile l’abbiamo avuta quando Pioli lo ha fatto esordire in campionato, anche se solo per 20 minuti. Fino a quel momento Leao aveva fatto tanto, ma aveva anche sbagliato tanto, soprattutto aveva palesato grande imprecisione. Eppure, da quando è entrato Ibra, nonostante stesse correndo a tutto campo da 75 minuti, la soglia dell’attenzione del portoghese improvvisamente si alza. In 20 minuti non sbaglia più un pallone, non stecca più un movimento, corre il triplo. Fino a deliziare la platea di S. Siro con lo splendido assist per il 2 a 0 di Messias. Non può essere un caso. L’atteggiamento di Leao nell’ultimo scampolo di gara, quando entra Ibra, è molto diverso dal solito. E non riusciamo a pensare che le due cose non siano collegate. Cosiccome, udite udite, per la prima volta, anche De Ketelaere è sceso in campo con un piglio e una determinazione diversi rispetto agli ultimi mesi. Qui, naturalmente, siamo ancora molto lontani dall’agognata svolta. Ma gli occhi del belga, i contrasti e il fatto che per una volta tanto sia “entrato in partita” sono un piccolo segnale importante. E anche qui, che Pioli lo abbia mandato in campo, assieme a Ibra, non può essere casuale.