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  • Milan, il triennio di Ibra: ha ribaltato la società più da dirigente che da giocatore. Champions? Sogno possibile

    Milan, il triennio di Ibra: ha ribaltato la società più da dirigente che da giocatore. Champions? Sogno possibile

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Non sta finendo semplicemente un anno ma un triennio. Incredibile, imprevedibile, straordinario. Provate a fare un salto indietro nel tempo, alla fine di dicembre del 2019. Sono passati tre anni. Sembrano trenta. Il mondo non aveva ancora sentito parlare di Covid 19. La Juve stradominava il calcio italiano. Il Milan aveva appena preso una cinquina a Bergamo e sembrava aver toccato il punto più basso di una recente storia di delusioni in campo e illusioni fuori. In tutto questo la dirigenza “novellina” rappresentata da due bandiere del Milan che fu stava per essere spazzata via dall’ennesima proprietà misteriosa. Maldini e Boban si aggrappavano, sembrava per disperazione, a un 38enne che stava già svernando nella Major League. I proclami di Ibra potevano suonare per i tifosi quasi come l’ennesima presa in giro. Il Milan non entrava in Champions da oltre 6 anni e Milanello aveva perso tutta la sua sacralità insieme alla cultura del lavoro e all’attaccamento ai colori rossoneri. Quello che è successo dopo ha dell’incredibile.

    Ibra ha agito sulla mentalità di tutto il mondo rossonero e la risalita è stata tanto rapida quanto entusiasmante. A distanza di tre anni il Milan si ritrova con uno scudetto sul petto e con la ragionevole speranza di provare a superare gli ottavi di finale di Champions League. Guarda caso proprio contro quel Tottenham che 12 anni fa, sempre agli ottavi, provocò la prima eliminazione al Milan dell’Ibrahimovic old style. Quello era un Ibra che usciva dalla Champions contro il Tottenham o contro il Barcellona e se la prendeva con i compagni. Quello era l’Ibra che perdeva in casa dell’Arsenal e per poco non veniva alle mani con Allegri.

    Invece l’Ibra che ha ispirato è guidato il rinascimento rossonero è un uomo squadra a 360 gradi. Anzi, più che uomo-squadra è proprio un uomo-azienda. Ragiona da allenatore e da dirigente. Più che da giocatore. Molto lontano da quell’individualismo sfrenato che lo ha accompagnato in quasi tutta la sua carriera. E questi ottavi di finale contro il Tottenham per Ibra hanno un sapore particolare. Lí, ad alti livelli in Europa, lui ha sempre vissuto il grande limite della sua straordinaria carriera. Da grande protagonista nelle eliminatorie di Champions lui non è mai riuscito a condurre le proprie squadre. A quel livello si vince solo se il gruppo è unito e se il campionissimo mette la propria grandezza in campo al servizio della squadra. Lo ha ribadito in Qatar Messi, uno dei grandi rivali di Ibra, anche lui ben oltre i 35 anni. 

    Ibra sta preparando le sfide di Milano e Londra come una rivincita storica, sua e del Milan. Questi ottavi di Champions sono un appuntamento con la storia. Uno di quelli che Ibra di era prefissato tre anni fa, sbarcando dopo Natale in una Milanello irriconoscibile. Ibra è intimamente convinto che come Messi ha condotto l’Argentina a vincere il Mondiale a 35 anni, lui può provare a vincere la Champions a 41. Ovviamente detta così sembra davvero una pazzia, considerando la qualità delle squadre che partecipano alla massima competizione continentale. Ma anche quando Ibra parlò di scudetto nel luglio 2020 sembrava semplicemente un paradosso. Stavolta lo svedese, che ancora sta lavorando per rientrare dopo l’operazione al ginocchio, giustamente evita di parlarne. Ma di certo sta preparando il suo rientro per la doppia sfida col Tottenham. E non lo sta facendo per giocare le sue ultime due partite europee, lo sta facendo perché vuol passare il turno. E sognare ancora una volta. Ma adesso, a 41 anni suonati, provando a passare il turno con la squadra e per la squadra. Come fanno i veri grandi campioni.

    Siamo vicini a Capodanno ed è tempo di bilanci, di progetti e di sogni. Questo è più di un sogno. È quasi una follia. Ma siamo sicuri che Ibra ci sta pensando davvero. Probabilmente, come 3 anni fa, ci pensa solo lui. Ma spesso, quando ci pensa lui, riesce a convincere anche gli altri. E può contare su un direttore sportivo che di Champions qualcosa ne sa. A proposito di rivincite storiche, il prossimo 10 giugno, la finale si gioca all’Ataturk. Buon 2023 a tutti.
     

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