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    Milan, il colpevole non era Inzaghi: adesso tanti vogliono Pippo in panchina

    Milan, il colpevole non era Inzaghi: adesso tanti vogliono Pippo in panchina

    • Stefano Agresti
    Che Inzaghi non fosse il colpevole degli insuccessi del Milan, era abbastanza evidente già nella passata stagione. Oggi, però, il campo ha dato inesorabile conferma: nonostante un allenatore nuovo e ambìto, nonostante (soprattutto) acquisti per ottantasei milioni di euro (!), i rossoneri annaspano, sbuffano, prendono meritati fischi. Qui il problema - lo abbiamo detto più volte - non è nel braccio, bensì nella mente: la società non funziona più, se non spende naufraga, se spende naufraga ugualmente, insomma un disastro. E da anni, ormai.

    Così, dopo Allegri e Seedorf, ha pagato Inzaghi e adesso toccherà a Mihajlovic: se i risultati lo sosterranno, Sinisa arriverà a fine stagione; se mancheranno le vittorie, salterà prima. Il destino, comunque, è segnato: Berlusconi non lo sopporta più, chissà perché, e Galliani non ha la forza per difenderlo. Certo se il presidente riteneva di avere una squadra da primo posto un anno fa, quando aveva messo in mano a Inzaghi una manciata di parametri zero, stavolta credeva probabilmente di poter festeggiare lo scudetto prima di Pasqua. Non è andata così.

    Il nuovo disastro del Milan rilancia Inzaghi anche agli occhi di chi aveva sottovalutato il suo lavoro nella scorsa stagione. Quelli che all'inizio del campionato lo avevano esaltato per competenza e passione, salvo condannarlo di fronte ai risultati negativi, oggi rivedono di nuovo le loro idee: forse Pippo non è così male, forse è vero che non era colpa sua. Così nelle ultime settimane il nome dell'ex centravanti gira moltissimo: ha pensato a lui il Lione, nobile benché decaduto club di Ligue1, e nelle ultime ore è affascinato dalla prospettiva di ingaggiarlo anche il Bari, che ha deciso di licenziare Nicola.

    Inzaghi è nel suo rifugio invernale di Courmayer, circondato dagli amici. Ma è un leone in gabbia: ha una voglia matta di tornare in panchina. Nello stesso tempo non vuole sbagliare scelta, non vuole tradirsi per soddisfare la sua fame di pallone: si è imposto di valutare bene ogni proposta, pesarla con la massima attenzione, osservarla nei dettagli. Non chiede soldi, nonostante sia ancora legato al Milan da un contratto che scade a giugno: se deciderà di accettare un'offerta, lo farà perché convinto dalla bontà del progetto e dalle intenzioni positive e serie della società. Chi vorrà convincerlo, insomma, non avrà il problema dell'ingaggio: dovrà solo - si fa per dire - dimostrargli di avere le idee chiare e di avere tutte le intenzioni di metterle in pratica.

    @steagresti

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