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  • Milan, gli auguri del calcio a Berlusconi

    Milan, gli auguri del calcio a Berlusconi

    Il Milan festeggia oggi un traguardo importantissimo. Il presidente che lo ha reso grande, colui che ha saputo riempire la bacheca rossonera di un incredibile numero di trofei, Silvio Berlusconi, compie oggi 80 anni. Nonostante nel corso degli anni abbia avuto rivalità accese con numerosi interpreti del mondo del calcio, in tanti si stanno prodigando nel fare gli auguri al presidente onorario del Milan. Abbiamo scelto di raccogliere i più belli, i più significativi, a partire proprio da quello del suo club. Auguri Mr. President.

     
     
     
    IL FIGLIO PIER SILVIO - "Questi ultimi dieci anni sono stati fondamentali per il rapporto tra me e una persona straordinaria come mio padre. Mentre sullo sfondo scorrevano fatti pubblici importanti, dai grandi successi politici e sportivi alle grandi ingiustizie subite - e preferisco fermarmi qui - in questo decennio è aumentata in me la comprensione del ruolo fondamentale che mio padre ha avuto nella mia vita. Credo accada a tutti i figli nel momento in cui diventano a loro volta padri. Nel 2010, quando è nato il mio secondo figlio Lorenzo Mattia, avevo già 41 anni. Il lavoro al vertice del Gruppo Mediaset mi impegnava a fondo da anni, ma guardavo crescere il mio bambino e provavo le gioie, le preoccupazioni, il senso di responsabilità che provano tutti i genitori. Mio padre intanto continuava a combattere su tutti i fronti, a dare l’anima come sempre. E mi è venuto spontaneo pensare a lui, a com’era quando io ero piccolo. A tutte le cose che mi ha insegnato, ai valori che mi ha trasmesso. A come riusciva a essere presente nella nostra vita mentre costruiva giorno dopo giorno da zero qualcosa che non esisteva, con idee innovative e tanto, tanto coraggio. Ecco, in questi ultimi dieci anni ho messo a fuoco ancor meglio la grandezza di mio padre. La sua capacità unica di essere positivo, ottimista, sicuro di sé e delle sue intuizioni. Uno spirito che ha trasmesso a noi figli, incoraggiandoci a scegliere la nostra strada senza farci condizionare dai conformismi, dagli stereotipi, dal giudizio degli altri. Anche dopo aver compiuto 70 anni, mio padre ha condiviso con noi i suoi successi straordinari ma non ci ha mai fatto pesare le amarezze che gli hanno inflitto. E’ anche questa la sua grandezza. Ma in questa stagione è arrivata anche la prova della salute. Una cosa seria, serissima. Che ha affrontato e superato come fa sempre lui: con coraggio e speranza nel futuro. Non ha tentennato, non ha preso tempo: ha guardato in faccia la realtà e ha deciso. Anche questa è un’altra esperienza forte per un figlio. Di più: un esempio indimenticabile. Se è possibile, oggi voglio ancora più bene a mio padre. Buon compleanno papà".

    IL FRATELLO PAOLO - "Era un rapporto fraterno-paterno. L'Edilnord è stata una bellissima 'scuola'. Utile, un ambiente pulito, ed è andata avanti vent’anni. E’ stata la sua iniziazione nel mondo del calcio, nata con la Torrescalla di Dell’Utri che poi è confluita nella Edilnord. Si giocava a Brugherio, disputavamo campionati federali e vincevamo parecchio. Ricordo anche un 3-0 al campo Kennedy contro il Milan di Zagatti, io ne feci due... Silvio era presidente e allenatore. A me che ero il centravanti chiedeva sempre di andare in marcatura sul libero. Mio fratello era già molto avanti. La verità è che è sempre stato un rivoluzionario in senso assoluto, ma spesso inizialmente è stato preso sottogamba. Andavamo allo stadio insieme io, lui, papà e gli amici di papà. Anche se lui dopo l’epoca di Rivera si staccò un po’, probabilmente non si divertiva più come prima. Una cosa però la posso dire con certezza: il vero Silvio è quello che abbiamo conosciuto attraverso il mondo del calcio. Quella è l’attività che l’ha sempre entusiasmato, altro che la politica. Lì si è cimentato solo per spirito di servizio, per dovere morale verso il Paese. Ma quando si tratta di pallone, è l’uomo più felice della terra. Il nostro rapporto era bello il rapporto fra tutti i fratelli. Ma non avevamo le stesse compagnie, c’erano troppi anni di differenza. Abitavamo in viale Zara e quando lui si sposò mi impossessai della sua camera. Trovai in eredità un bel po’ di foto che ritraevano le sue ragazze. Le colpiva tutte dritto al cuore, ma devo dire che non si è mai vantato delle sue conquiste. Tra l’altro aveva un concetto molto profondo dell’amore. Il suo migliore pregio e il peggior difetto di quell’epoca è un concetto che vale per entrambi i casi: la generosità nei confronti di tutti. Gliel’hanno trasmessa i nostri genitori. Mentre studiava si guadagnava da vivere, quand’era universitario una volta lasciò tutto il suo guadagno ottenuto suonando in crociera a un missionario di un’isola. Purtroppo la sua generosità a volte gli è ritorta contro, è stata strumentalizzata ad arte. Anche la cessione del Milan ai cinesi è un atto di generosità, perché per tornare a essere competitivo il club deve trovare forze fresche. Gli abbiamo detto tutti 'guarda che non sei obbligato a farlo', ma lui si è reso conto che il mondo del calcio è cambiato".

    SACCHI - "Ci siamo parlati per la prima volta dopo un’amichevole: un minuto, non di più. Mi ha detto: 'la seguo'. La prima volta che mi ha chiamato ad Arcore, pensavo volesse parlare di Mussi, Bianchi, Bortolazzi o qualche nostro giovane. Quando ha capito ho detto 'O siete geni, o siete matti. Datemi il contratto e firmo in bianco, tanto faccio un anno e poi smetto'. Mi hanno dato meno dello stipendio di Parma e scherzando lo ricordo sempre a Galliani. Però Berlusconi mi ha cambiato la vita. È sempre stato un signore, oltre che un fenomeno: era avanti 10 anni. Ha lasciato un segno indelebile, fece iniziare il Rinascimento del calcio italiano a modo suo: al Milan allora c’era uno stile, fatto di intelligenza e volontà, c’era un sogno. Poi il presidente non mollava mai, non dormiva mai. Non abbiamo mai litigato. O meglio, mi ha sempre ascoltato e mai criticato, anche il giorno in cui ho lasciato in panchina Van Basten. La trattativa più difficile, per Ancelotti. Il medico del Milan diceva che aveva un’invalidità al ginocchio del 20% ma chiesi a Berlusconi di prenderlo comunque, perché con lui avremmo vinto lo scudetto. Alla fine, mi ascoltò: 'Agli ordini'. Ci sentivamo tutti i giorni ma non mi ha mai chiesto di far giocare un giocatore. Con me è stato molto democratico e non mi ha mai tolto autonomia. Quando ero in difficoltà, il primo anno, fece un discorso alla squadra per difendermi: 'Questo è l’allenatore che ho scelto. Chi lo seguirà, resterà qui. Chi non lo seguirà, andrà via'. Trenta secondi, i più efficaci che abbia mai sentito. Su Borghi non ero d’accordo perché si era allenato con noi e sapevo che era un pessimo professionista. Andai da lui, era con Craxi: 'Presidente, se vinciamo lo scudetto, Borghi non viene'. Lo vincemmo. La lezione? Il suo sogno ambiziosissimo, ma realizzato: vincere divertendo, giocando bene. La lezione che la bellezza non è in contrasto con la vittoria. Berlusconi non ha mai percepito un successo senza merito. C’è chi dice che l’importante è solo vincere. Per lui non è mai stato così".

    GATTUSO - "I primi ricordi che ho di Berlusconi sono i rimproveri per il look, mi rompeva sempre le scatole per la barba. Ma abbiamo avuto sempre un bellissimo rapporto. Berlusconi era il mio doping. Arrivava a Milanello, ci radunava e ci dava una carica incredibile. Non dimenticherò mai il suo discorso prima della finale di Manchester contro la Juventus. Berlusconi ha un carisma incredibile, ti comunicava con le parole ma anche con il modo in cui le pronunciava. Berlusconi si interessava a noi, sapeva tutto e io non ho mai capito chi lo relazionasse. Se avevo un problema, lui arrivava a Milanello e mi chiedeva se l’avessi risolto. E io restavo a bocca aperta. A me piace guardare la gente negli occhi, ma con lui a volte abbassavo lo sguardo. Quel Milan era una macchina perfetta. Un po’ azienda, un po’ famiglia: tutti per uno, uno per tutti, ma anche un progetto illuminato. Berlusconi sceglieva gli uomini, non solo i calciatori: questo fa la differenza. Mi ha insegnato che unendo il cervello e la forza di volontà si ottengono risultati incredibili. Quando parlavamo delle sue giornate io quasi non ci credevo: erano infinite e venivano vissute con l’acceleratore a palla. L’ho sentito l’ultima volta cinque mesi fa. Non mi direbbe mai ‘chi te l’ha fatto fare di andare a Pisa’. Anzi, tiferebbe per me: ‘Se credi in questa avventura, combatti con tutto te stesso’. E io la penso come lui. Gli regalerei la salute, al resto ci pensa lui. Berlusconi capisce di calcio? Non è uno sprovveduto, ne capisce abbastanza... Però una curiosità ce l’ho anche io. Ha fatto veramente l’allenatore all’Edilnord? Ho provato a verificarlo, ma non ho conferme. Comunque ho un’idea. Se vuole, Berlusconi può venire al Pisa a fare il mio vice. Mi aiuterebbe sul campo e poi sarebbe un grande motivatore nello spogliatoio".

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