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    Ganz a CM: 'Lucescu e Gattuso i miei modelli per portare in alto il Milan. Il calcio femminile merita grandi investimenti'

    Ganz a CM: 'Lucescu e Gattuso i miei modelli per portare in alto il Milan. Il calcio femminile merita grandi investimenti'

    • Angelo Petruzzi
    Maurizio Ganz è un volto molto noto del calcio italiano degli anni Novanta. Originario di Tolmezzo, El segna semper lu ("Segna sempre lui") ha iniziato la sua carriera nell’Atalanta, per poi passare da entrambe le squadre di Milano. Inizialmente, due stagioni all’Inter, condite rispettivamente da 13 e 11 gol. Successivamente, l’approdo ai rossoneri gli è valso lo scudetto con Zaccheroni, segnando ben 5 reti decisive sulla volata contro la Lazio. Termina la sua carriera con 608 presenze e 204 gol. Dopo una parentesi da allenatore del calcio maschile, dal 2019 è seduto sulla panchina del Milan Femminile. Ai nostri microfoni, ha parlato della stagione in corso, della sua carriera da allenatore e del futuro del calcio femminile.
    Come valuta l’andamento della squadra fino a questo punto?
    "Direi che nel girone di ritorno stiamo facendo delle cose importanti. Ma abbiamo perso anche dei punti fondamentali: nella prima e nella seconda di campionato dove abbiamo dovuto recuperare e non era facile. Poi abbiamo sbagliato due partite: con il Como in cui vincevamo 3-1 e abbiamo perso una partita incredibile a Pomigliano. All’interno di un campionato dove si giocano 18 partite, se ne sbagli una o due sei già tagliato fuori, ma siamo in crescita. Speriamo, in questa poule scudetto, di riuscire a fare nelle ultime 7 partite delle grandi cose".

    Dato che mi ha parlato di poule scudetto, cosa ne pensa di questo cambio di format del campionato?
    "Format interessante, però abbiamo bisogno di un campionato dove si possano giocare 35/40 partite. Con le 18 partite nella regular season più quelle della poule scudetto, il massimo a cui si può arrivare sono 26, ma sono davvero poche. Sbagli una o due partite e magari non riesci né a salvarti e né a vincere il titolo. Il bello è che sono tutti scontri diretti, dove vengono fuori partite tirate. Aldilà dell’utilità, è il prestigio che ne giova".

    Parlando di grandi squadre penso alla Roma - ai quarti di Champions - all’Inter oppure alla Juve. Ognuna di esse si è rafforzata, compresi voi, e volevo chiederle: cosa ne pensa e come cambia l’approccio nei loro confronti?
    "Negli ultimi quattro anni, la Juventus ha avuto una supremazia totale e vinceva le partite facilmente. Quest’anno sta facendo cose incredibili la Roma, un po’ come il Napoli nel maschile. L’Inter ha un’ottima squadra e la Fiorentina, che lo scorso anno stava per retrocedere, ad oggi sta disputando un gran campionato. Anche noi siamo ad un livello alto. Da quando sono subentrato io in panchina, sono arrivati due secondi posti ed un terzo posto, con una finale di Coppa Italia persa immeritatamente, una partecipazione alla Supercoppa Italiana e una qualificazione ai playoff di Champions League. Stanno tutte facendo dei passi in avanti, con la speranza che diventi un campionato sempre più competitivo".

    Quanto è presente la società all’interno del progetto e qual è la visione sul calcio femminile?
    "La società è americana e c’è un'attenzione estrema nei nostri confronti. Siamo partiti cinque anni fa e stiamo cercando di rimanere a grandi livelli. Spero che ci sia un riguardo maggiore anche da parte di altri club per far crescere ancor di più questo movimento".

    Quali sono le prospettive di crescita del calcio femminile in Italia?
    "Quest’anno è il primo nel professionismo ed è un grandissimo passo in avanti. Il prospetto deve comprendere una visione europea. Per far ciò che accada, l’attenzione deve essere maggiore esattamente come gli investimenti. Quest’ultimi sono fondamentali, perché è impossibile competere con una squadra che ha il triplo, se non il quadruplo, delle tue possibilità economiche".

    Visto che il primo step è stato il contratto professionistico, il prossimo riguarda principalmente gli investimenti per arrivare ai livelli di Francia, Inghilterra o Stati Uniti?
    "Certamente! Per riuscire a portare giocatrici importanti in Italia dobbiamo diventare un campionato credibile. Stiamo facendo dei piccoli passi, ma siamo anni luce dietro a paesi come Spagna e Inghilterra, non contando gli Stati Uniti che sono un altro mondo".

    Che tipo di giocatrici cerca il Milan e com’è cambiato il mercato dopo il passaggio al professionismo?
    "Sicuramente i contratti sono cambiati. C’è l’opportunità di crescere e costruire un percorso ancora molto lungo. Il tipo di giocatrici che cerchiamo sono prettamente di gamba. Il gioco è sempre più veloce e fisico, quindi la prestanza è fondamentale".

    Quando potremo avere in Italia giocatrici del calibro di Katoto e Miedema?
    "Credo che con Asllani è stato fatto un grande passo in avanti da questo punto di vista. Più il prestigio del campionato italiano aumenta e più giocatrici forti approderanno nel nostro Paese. Se squadre come la Roma o la Juventus, o chi per esse, continueranno ad arrivare in fondo alla Champions League, si avrà un incremento della considerazione verso i nostri confronti, però ci vogliono investimenti".

    Dato il suo passato da allenatore nel calcio maschile, cos’ha dovuto modificare di se per potersi approcciare al meglio verso le giocatrici? Qual è la principale differenza?
    "Ho dovuto far prevalere la parte mentale, dato che l’approccio è prettamente psicologico, non fisico. Per quanto riguarda il campo, l’aspetto tecnico e tattico è lo stesso. Solo il modo di porsi ed arrivare al risultato è differente".

    Dall’inizio della sua avventura al Milan fino ad oggi, in quale aspetto ha notato un maggior miglioramento sia nelle sue giocatrici che nei suoi confronti?
    "Sicuramente sono più paziente e riflessivo. Sono sempre stato un giocatore di grande carattere, ma altamente impulsivo. Delle mie giocatrici mi ha sorpreso moltissimo la loro voglia di imparare e migliorare. La loro volontà di essere riconosciute come atlete e calciatrici a tutti gli effetti. Nel maschile questo aspetto, a volte, lo devi stimolare, mentre nel femminile lo devi frenare. È il loro momento ed è giusto che loro se lo prendano al 100%".

    In base alla sua idea di calcio, quale concetto sono riuscite ad assimilare più velocemente e su quale, invece, sta ancora lavorando?
    "La voglia di non mollare. È un tratto che mi sono sempre portato dietro e sono riuscito a trasmetterlo alla squadra. Mi serve per riuscire ad attaccare con grande forza e cercare di fare sempre un gol in più dell’avversario. La parte su cui sto lavorando molto è quella difensiva. Essendo stato un attaccante, quando giocavo consideravo un po' meno questo aspetto, però sono consapevole che, la vincitrice del campionato è sempre la squadra che subisce meno reti".

    Qual è il suo pronostico sulla Women’s Champions League?
    "La finale sarà Lione-Barcellona. La Roma ha fatto una grandissima partita, ma al Camp Nou sarà difficilissimo. Le francesi dovranno ribaltare il risultato, ma hanno tutte le possibilità per farlo senza problemi. Hanno vinto otto volte la Champions. Lo scorso anno sono andato a vedere la finale a Torino: sembrava che il Lione potesse vincere facilmente, ma in 25 minuti il Barca poteva segnare tre gol. Ad oggi, le catalane sono le più forti. Da non tralasciare che manca anche il Pallone d’oro Putellas e altre due calciatrici importanti come Mariona e Claudia Pina".

    Come vede l’Italia ai Mondiali?
    "Speriamo di fare meglio del campionato europeo passato. L’obiettivo primario è, anche questa volta, arrivare a giocarci un quarto di finale contro una squadra importante. Il girone non è facile. La Svezia la conosciamo tutti, il Sudafrica è un punto interrogativo e l’Argentina si conosce poco, ma il loro è sempre un calcio duro. L’obiettivo è di andare più avanti possibile".

    Qual è l’allenatore a cui si ispira?
    "Io ne ho avuti 34, ma il mio modello di riferimento è Mircea Lucescu. Mi è sempre piaciuto il modo in cui ragionava di gruppo, la sua dedizione e l’approccio alla partita. Mi ha raccontato questa storia: lui quando giocava in Romania era un terzino. La corsia di destra era occupata da un giocatore fortissimo, impossibile da scavalcare. Allora lui, dato che a destra non avrebbe mai avuto chance di giocare, si è dedicato all’allenamento del piede sinistro diventando ambidestro, finché l’allenatore lo ha spostato nell’altra fascia ed è riuscito a giocare titolare in nazionale. La volontà è tutto, nella vita in generale non solo nel calcio. Mi ricordo Gattuso che arrivò al Milan come ultimo centrocampista della rosa, ma lavorando sodo è arrivato ad essere un titolare inamovibile".

    Cosa si aspetta da questo finale di stagione?
    "Abbiamo avuto una grande occasione con la Juve di portare a casa i tre punti. Per lo scudetto è difficilissimo, per il secondo posto la lotta è ancora aperta. Noi ci crediamo. Sono tutti scontri diretti: dopo il pari con la Fiorentina, ci toccherà la Roma e poi arriva il derby. Restano 7 belle partite in cui dobbiamo dare il massimo, come se ognuna fosse una finale di Champions".

    Come vive la rivalità con l’Inter?
    "È molto emozionante. La vivo in diversa maniera perché da calciatore si sentiva molto di più. Da allenatore sono più sereno. Su 11 derby ne ho vinti 7 e persi 4, con ho provato gioie e dolori. C’è sempre molto rispetto, sia prima che dopo la gara. Io ho sempre pensato che la vera rivalità di Inter e Milan sia contro la Juventus, non tra di loro. Il derby è una partita da vincere, ma la vera battaglia sportiva è quella contro le bianconere".

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