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    Milan da zero titoli: Pioli è più vittima che colpevole

    Milan da zero titoli: Pioli è più vittima che colpevole

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Il traguardo della semifinale di Champions League, d’accordo. Comunque persa dopo due sconfitte contro l’Inter. Ma soprattutto sedici punti meno in campionato rispetto a un anno fa, mai in corsa per rivincere lo scudetto, con il quarto posto come unico obiettivo possibile, dopo aver perso la Supercoppa italiana nel primo derby del 2023 e la possibilità di andare più avanti in coppa Italia, per colpa della sconfitta in casa contro il Torino in inferiorità numerica. La fredda contabilità dei risultati non è certamente da applausi e in casi del genere è facile dare la colpa all’allenatore, specie se è una persona normale come Stefano Pioli e non un personaggio come tanti suoi colleghi.

    I risultati, però, nel bene e nel male, vanno interpretati e come un anno fa non era giusto considerare il Milan la squadra più forte malgrado lo scudetto, così oggi non è giusto attribuire a Pioli la responsabilità di chiudere la stagione con “zero titoli”. Anzi, proprio ricordando quanto è successo la stagione scorsa, bisogna apprezzare ancora di più i suoi meriti. Perché se tutti, dentro e fuori il mondo Milan, erano e sono tuttora convinti che la squadra aveva vinto lo scudetto andando oltre le previsioni e le proprie possibilità, vuol dire che l’allenatore aveva compiuto un capolavoro ottenendo il massimo dai giocatori a disposizione. 

    Il problema è quanto (non) è successo subito dopo, perché sono stati clamorosamente sbagliati tutti gli acquisti, con la parziale eccezione di Thiaw, ed è stata sottovalutata la partenza di Kessie che non è stato sostituito. Eppure, anche se chi scrive aveva sottolineato fin dall’estate scorsa i rischi della conferma di Ibrahimovic e dell’acquisto di Origi che lasciavano tutto il peso dell’attacco sulle spalle del trentaseienne Giroud, soltanto a campionato inoltrato ci si è resi conto delle gravi lacune nel reparto arretrato. Pioli, però, ha avuto prima il merito di non lamentarsi, al contrario di tanti suoi colleghi, dimostrandosi un perfetto aziendalista, e poi quello di cercare tutte le soluzioni possibili. Un discorso che vale anche, o meglio soprattutto, per il grande “flop” De Ketelaere che il tecnico ha provato a impiegare e stimolare in ogni modo, fino all’ultimo inutile tentativo nella partita già stravinta contro la Sampdoria.

    Senza veri rinforzi, che non si sono mai rivelati almeno ricambi all’altezza dei titolari, Pioli ha sfidato il Napoli e l’Inter in Champions con undici giocatori che aveva l’anno scorso, mentre Inzaghi ha potuto schierare tre nuovi titolari, Onana, Acerbi, Mkhitaryan, più Lukaku rientrato a mezzo servizio. Eppure, malgrado queste oggettive difficoltà, Pioli non si è mai arreso, né psicologicamente, né tatticamente e dopo il gennaio più nero che rossonero ha provato a cambiare modulo, passando alla difesa a tre, poi ha cercato altre vie in mezzo al campo, spostando Leao al centro, Diaz sulla fascia destra e soprattutto avanzando Bennacer in posizione di trequartista. Nessuno, quindi, può rimproveragli di non avere tentato altre soluzioni e siccome alla fine in campo vanno i giocatori si è avuta la prova che più di così non poteva fare. Certamente, come tutti, può avere commesso qualche errore perché deve essere l’allenatore a trasmettere la giusta concentrazione, specialmente nelle partite teoricamente più facili in cui troppe volte, invece, il Milan ha fallito il cosiddetto “approccio”. Ma se la squadra chiuderà con “zero titoli”, o peggio al quinto posto, Pioli è più vittima che colpevole. Per questo sarebbe assurdo esonerarlo, o comunque metterlo in discussione, al di là del fatto che ha ancora un anno di contratto. Perché più di lui hanno sbagliato i dirigenti che non gli hanno certamente facilitato il lavoro.

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