Getty Images
Milan, Chi l'ha visto? Giampaolo c'è, ma il gioco è disperso
“Dignità e orgoglio non hanno prezzo”. Questo il messaggio che, tramite il suo avvocato, Marco Giampaolo fece arrivare a Massimo Cellino, voglioso di riaverlo in panchina a Cagliari. E da qui bisogna partire per capire l’uomo Giampaolo, uno che nella sua carriera non ha conosciuto mezze misure. Lo sanno bene, anzi benissimo, a Brescia. Gli hanno rinfacciato i “mille giorni senza vittoria” quando la maggior parte di quei giorni sono stati di vacanza forzata; gli hanno contestato la scelta di portare Fabio Gallo (passato dal Brescia all’Atalanta da calciatore) come assistente nelle Rondinelle; fu attaccato dal presidente Gino Corioni per gli allenamenti troppo duri ai quali erano costretti i suoi talentuosi attaccanti. E fu così, che se andò.
CHI L'HA VISTO? - Sì, se ne andò. Il 21 settembre del 2013 il suo Brescia perde contro il Crotone di Drago: va a segno un giovane Bernardeschi per i Pitagorici, fa una papera il giovane Cragno per le Rondinelle. Altra era calcistica. La Curva Nord contesta, rivuole la bandiera Calori in panchina, chiede un confronto con Giampaolo e Zambelli, che sollecitati dalla Digos incontrano gli ultras. E l’allenatore di Giulianova, nato a Bellinzona, non la prende bene, decidendo di non parlare coi giornalisti nel post partita. Ma decide di parlare con la dirigenza bresciana: “Mi dimetto”. “Ne parliamo domani” la risposta di Gino Corioni. Ma "domani" Giampaolo non si presenta all’allenamento. E il telefono è spento. Lo sa Corioni, che prova a chiamarlo invano per tutto il giorno. Il lunedì, due giorni dopo, Giampaolo ancora non si vede, e il Brescia dirama un comunicato ufficiale, dove spiega la situazione, con la squadra affidata al suo collaboratore Micarelli. Il martedì il telefono dà segnali di vita, ma Giampaolo non risponde ancora. I protagonisti della faccenda chiamano amici e familiari, persino la redazione di Chi l’ha visto sta pensando di muoversi, dedicargli un servizio. Salvo non affondare il colpo, come spiega Federica Sciarelli all’Adnkronos: “Ci hanno tranquillizzato e ci hanno detto che Giampaolo è sparito solo per loro”. Ma dov’è Giampaolo? A Giulianova. Così dice il fratello. Mentre è a Brescia, chiuso in casa, per il ds dei lombardi Iaconi. Poi, ci pensa il diretto interessato a rompere il silenzio: “C’è un concetto che per me non ammette deroghe: la dignità. Viene prima di tutto. Andare a colloquio per rendere conto ai tifosi è stato umiliante, inaccettabile, e la società avrebbe dovuto tutelarmi. Mi sono dimesso la domenica e sono restato a casa a Brescia, ma il mio silenzio è stato manipolato dalla società per creare una sceneggiata”.
ORA MANCA IL GIOCO - Altro calcio, stesso Giampaolo. Sì, perché per l’attuale allenatore del Milan, in difficoltà di gioco e risultati, contestato dal tifo rossonero, accolto dai fischi della Curva Sud nella sfida contro la Fiorentina, persa poi 1-3, la dignità e l'orgoglio vengono sempre prima di tutto. E se è rimasto al Milan, senza farsi da parte, vuol dire che crede in quello che fa, crede nella società e crede nei suoi giocatori. Da Chi l’ha visto?, quindi, non è il tecnico abruzzese, presente in panchina, a urlare “testa alta” a Romagnoli e compagni e a dare indicazioni ai suoi uomini, ma il suo gioco. Quello per cui è stato scelto da Maldini in prima persona si è visto solo sotto il sole cocente americano e nei primi 60 minuti della sfida, persa, contro il Torino. Giampaolo c’è, il suo gioco no. E per salvare la panchina ha bisogno di ritrovare il secondo, immediatamente. "Dignità e orgoglio non hanno prezzo", ma il tempo, per Elliott, sì.