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    Milan, Bennacer: 'Il mio infortunio fu inusuale ma tornerò al top. Scudetto e Champions? Dovrebbero essere la normalità'

    Milan, Bennacer: 'Il mio infortunio fu inusuale ma tornerò al top. Scudetto e Champions? Dovrebbero essere la normalità'

    Ismael Bennacer, centrocampista algerino del Milan, è stato ospite del canale YouTube Le Club des 5, a cui ha concesso una lunga intervista. Le dichiarazioni sono state tradotte da MilanNews.it.

    LA RIABILITAZIONE - “Sta andando molto, molto bene. Stiamo rispettando i tempi e procedendo bene sulla tabella di marcia. È un infortunio importante, direi particolare visto che si tratta della cartilagine del ginocchio. Di solito siamo abituati a sentire altri tipi di infortunio come il crociato, ma sta procedendo bene. Non abbiamo una data esatta sul rientro. Siamo tra i sei e gli otto mesi. Molto dipende dal mio corpo, dalla sua reazione. Ma, come detto, sono contento di come sta procedendo la rieducazione”.

    INFORTUNIO FRUSTRANTE - “La semifinale di Champions è stata una partita particolare, che tutti quanti stavamo aspettando. È stato uno dei match più importanti della mia carriera, ma sfortunatamente è arrivato questo infortunio che all’inizio è stato certamente frustrante, ma poi uno lo accetta. Lo deve accettare perché fa parte del mestiere. È uno dei rischi del mestiere del calciatore quello di incappare in infortuni. Durante le vacanze sono stato molto focalizzato sulla rieducazione perché, ribadisco, non parliamo di un infortunio normale, ma parliamo di uno stop importante. Ho approfittato di questo lungo stop anche per fare delle cose che, di solito, non hai tempo di fare come passare del tempo con la mia famiglia. Posso dire che ci sono anche delle cose positive da poter prendere”.

    ASPETTO MENTALE - “Come ho detto poco fa, l’aspetto mentale è la parte più importante. Non avevo esperienze pregresse a livello di infortuni lunghi e devo dire che l’aspetto mentale mi ha molto aiutato ad affrontare questa situazione. La mia famiglia e il mio entourage mi sono stati molto vicini. Mi sono attorniato di persone molto qualificate durante la riabilitazione. Per l’operazione che ho subito, a livello di cartilagine, ci vogliono almeno sei mesi. Ci sono dei processi biologici che devono compiersi. L’operazione è andata molto bene e guardo a come tornare al meglio. C’è stata un po’ di normale apprensione quando ho iniziato a corricchiare, ma ho visto che correvo bene e la paura e l’apprensione sono andate via giorno dopo giorno”.

    RITORNO IN CAMPO - “Non è facile dirlo, perché adesso mi devo rimettere in condizione per poter giocare. Adesso mi aspetta una fase di allenamento in palestra e poi dovremo capire sul campo quella che sarà la reazione effettiva del ginocchio e anche della muscolatura. Personalmente ho come obiettivo quello di tornare in campo al top della condizione. Ci vorranno anche delle partite per migliorare ulteriormente. Dicembre, gennaio, febbraio: oggi non vi so dire con esattezza quando tornerò in campo con la maglia del Milan. Le prossime settimane saranno indicative su come il ginocchio risponderà ai carichi e alle sollecitazioni. Ma voglio tornare a dare il mio contributo per il Milan”.

    LA VICINANZA DEL MILAN - “Sono stati fantastici. Il club mi ha messo a disposizione tutto quello di cui ho avuto bisogno. Mi hanno seguito costantemente e mi hanno lasciato libero di scegliere chi mi avrebbe operato e dove avrei voluto effettuare la riabilitazione. Hanno compreso che l’aspetto mentale era la parte più importante di questa vicenda perché se non sei d’accordo con qualcosa e poi non arrivano i risultati che ti aspetti, c’è il rischio che si possa creare della tensione. Mi hanno lasciato libero di scegliere. Parlo molto con il club, specialmente con i dottori, con i quali c’è un contatto costante e gli ho fornito dei report quotidiani su come stesse andando la riabilitazione e su come mi sentivo”.

    L'ESPERIENZA IN ROSSONERO - “In costante progressione. Quando sono arrivato, l’obiettivo era quello di tornare in Champions League in maniera costante. La dirigenza mi disse che stavano ricostruendo una squadra che sarebbe dovuta tornare in Champions e rimanerci dopo anni molto complicati e di assenza dalla massima coppa europea. E sono arrivato nella stessa estate in cui sono arrivati Theo Hernandez e Leao. Ho firmato il primo contratto di cinque anni e l’obiettivo, come detto, era quello di riportare il Milan in Champions. Parliamo di uno dei club più grandi del mondo e siamo riusciti ad arrivare all’obiettivo alla seconda stagione. Al Milan è tutto incredibile, è un club top. È come una grandissima famiglia, dove tutti sono al tuo fianco e anche a livello organizzativo è tutto studiato nei minimi dettagli. È normale che gli obiettivi di una società così siano sempre più ambiziosi e tu devi fare di tutto per raggiungerli. In tre anni abbiamo fatto un secondo posto con il ritorno in Champions, abbiamo vinto lo scudetto e siamo arrivati in semifinale di Champions League. Per il Milan, tutto questo, dovrebbe essere la normalità”.

    DALL'EMPOLI AL MILAN - “Può essere qualcosa di complicato. Io sono arrivato dall’Empoli, quasi dalla porta sul retro anche se avevo già vinto la Coppa d’Africa con l’Algeria e avevo fatto una buona stagione in Serie A. Ma i commenti erano: “Ah ma è arrivato il centrocampista dell’Empoli retrocesso in Serie B”. Ma in diversi mi dicevano che avrei conquistato i tifosi. Sono stato tra i primi ad entrare a far parte del progetto di ricostruzione della squadra e ora siamo al quinto anno e il tempo è volato, con grandi soddisfazioni”.

    GUADAGNARE IL RISPETTO - “Il rispetto te lo guadagni sul campo con le tue prestazioni. Devi far vedere che dai tutto e sempre con il rispetto per il tuo lavoro. Io amo il calcio e il mio lavoro, così ti puoi prendere la considerazione che meriti dentro lo spogliatoio e non solo. Io voglio eccellere nel mio lavoro”.

    ATMOSFERA - “Un’atmosfera eccezionale. Anche perché per molti di noi era la prima volta in contesti così alti, così come per il mister. Era tutto “nuovo” e abbiamo preso carica da quell’ambiente che ci circondava. L’ultima partita a Reggio Emilia, quando abbiamo vinto lo scudetto, è stata pazzesca. Ci siamo davvero goduti il momento e quando siamo tornati dalle ferie, eravamo con un nuovo status, ovvero quello della squadra da battere”.

    LA FORZA DEL GRUPPO - “Il fatto che ci siano stati tanti giocatori francofoni ha certamente aiutato a fare ancora più unione dentro lo spogliatoio. L’ego personale è stato messo in disparte per il bene del gruppo. Ci sono delle affinità importanti tra tutti i giocatori".

    ADLI - “Forte, forte. Sono molto contento per lui. Ha lavorato tanto, sta facendo bene”.

    AFFIANCO A KESSIE' - “Concordo sul fatto che con Franck io mi sia trovato molto bene e abbiamo fatto una serie di 24-25 partite dove abbiamo battuto chiunque. Giocavamo con il 4-2-3-1 con Calha nella posizione di numero 10. Sono tornato a giocare in una posizione nella quale avevo già gioca a Empoli con Andreazzoli, un allenatore bravissimo che cura molto la fase di possesso palla. E voleva che tutti i palloni passassero da me, prendendomi anche dei rischi anche se giocavo davanti alla difesa. Al Milan non c’è l’ossessione del possesso palla, non siamo il City come stile di gioco. Però quella fase della mia carriera mi è piaciuta molto perché con Calhanoglu eravamo complementari in diversi ambiti. Poi l’anno successivo Pioli mi ha spostato leggermente come posizione, ho fatto gol all’Atalanta e ho sentito una bella sensazione, perché avevo il piede forte, il sinistro, libero. Anche nella posizione da “6” (mediano davanti alla difesa ndr), mi trovo molto bene perché mi arrivano tanti palloni da poter giocare e posso scegliere cosa fare”.

    POSIZIONI IN CAMPO - “Tutto dipende dal contesto. Dalla mentalità dell’allenatore che devi trasmettere in campo. Chi vuole giocare il pallone, si prende dei rischi. Io voglio essere un punto di riferimento per i miei compagni, non importa se ho uno-due-tre avversari dietro di me. Voglio che mi diano il pallone. Amo troppo avere la palla tra i piedi”.

    LA MARCATURA A LOBOTKA - “Il gioco del Napoli passava tutto da lui e il mister ha scelto di mettermi in quella posizione per cercare di togliergli lucidità nelle giocate. Il primo compito che avevo era quello di focalizzarmi su Lobotka quando non aveva il pallone. Era un uno contro uno costante. Mi sono dovuto adattare a quella richiesta ed è andata bene”.

    GIOCARE DA 10 - “Nelle settimane successive abbiamo proseguito con questa soluzione tattica. Io posso adattarmi in quella posizione. È stato qualcosa di nuovo e che mi ha lasciato più libero in fase offensiva e dove puoi essere più decisivo. È qualcosa sulla quale sto lavorando, quella di poter essere più presente in zona gol. Ma le mie posizioni preferite sono più indietro, da 6 o da 8 (da mediano davanti alla difesa o da mezz'ala, ndr)".

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