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Milan, arriva Fassone: i cinesi sono lucidi, Tavecchio straparla
Numero uno: i proprietari arrivati da Oriente hanno puntato su un dirigente italiano che già ha navigato in lungo e in largo, con ruoli differenti, nel nostro calcio, e questo significa che non hanno avuto la presunzione di poter sbarcare in un mondo così particolare e complicato senza affidarsi a qualcuno che lo conosca alla perfezione. Avrebbero potuto fare di testa propria, oppure mettere in piedi strane commistioni come sta accadendo all’Inter (amministratore delegato britannico, presidente indonesiano, azionisti di maggioranza cinesi, procuratore di riferimento iraniano: una bella macedonia, quasi interamente straniera). Loro invece sono andati sul sicuro, mostrando una buona dose, se non di umiltà, quanto meno di lucidità.
Numero due: l’arrivo di Fassone implica l’allontanamento di Galliani, che entrerà nella storia perché ha vinto tutto, perché è stato il despota del calcio italiano per vent’anni, ma un po’ anche perché - una volta che le possibilità finanziarie si sono ridotte - non è più stato in grado di creare una squadra decente. Con Fassone si tornerà alla normalità, con un direttore sportivo - ancora da scegliere - a fare il mercato, esattamente come accadeva finché in rossonero c’era Ariedo Braida. In un’intervista alla Gazzetta, un paio di giorni fa, Arrigo Sacchi auspicava la conferma di Galliani e l’arrivo di un grande ex ad affiancarlo, un Albertini o un Maldini. Non ha capito, ahilui, che se Demetrio e Paolo non sono mai entrati nel Milan da dirigenti è stato proprio perché Galliani non li ha voluti. Magari Fassone la penserà diversamente.
Fassone ha un curriculum unico nel nostro calcio. E’ stato guardalinee di serie A, carriera che poi ha mollato per diventare direttore marketing del Torino all’epoca di Cimminelli proprietario, di Romero presidente e del grande Sandro Mazzola direttore sportivo. Poi ha lavorato alla Juve, al Napoli, all’Inter. Ha navigato in ogni mare, insomma, e su barriere contrapposte: esperienza e conoscenze non gli mancano.
Nelle ultime ore ci hanno molto colpito alcune frasi di Carlo Tavecchio sull’arrivo di proprietà cinesi alla guida di Milan e Inter. Testualmente: “Credo che ci siano situazioni strane, perché non ci sono questi grandi valori economici reali. Ci sono interessi che dipendono molto dai diritti televisivi e dai mercati esteri”. Che significano queste parole? C’è qualcosa che Tavecchio sa e non dice? Si è forse accertato che le nuove proprietà di Milan e Inter non sono affidabili? Se è così, lo dica in modo chiaro: è suo dovere, in quanto presidente federale. Ma se non ne è sicuro, taccia: anche questo è suo dovere, in quanto presidente federale. E poi: che senso ha il riferimento ai diritti televisivi? Interessano solo ai cinesi i soldi delle tv oppure, ad esempio, anche al suo grande amico (e grande elettore) Lotito?
Forse Tavecchio sa o teme, semplicemente, che i cinesi di Milan e Inter non siano dalla sua parte e che possano mettergli i bastoni tra le ruote nella corsa alla rielezione. Se così fosse, viva la Cina.
@steagresti