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Milan-Arnault, tutta la verità: la Procura indaga per tentata truffa
Nel frattempo però, durante l’emergenza Coronavirus - scrive Calcio e Finanza - il giallo stava per vivere la sua fase più ambigua, che sarebbe finita sul tavolo della Procura milanese. Già nell’estate 2019, il più veloce a cavalcare l’onda delle notizie di un possibile interesse da parte di Arnault per il club rossonero era stato l’intermediario bresciano D.V. Il quale, mentre lavorava al finanziamento di un grande progetto immobiliare in una tenuta svizzera del ticinese, aveva ottenuto parte delle quote della società appaltatrice anche grazie a una garanzia non scritta, che ne accresceva il prestigio: si era dichiarato uomo di fiducia in Italia di Bernard Arnault e suo interlocutore privilegiato nella trattativa per l’acquisizione del Milan. Dall’alto di questa condizione, assicurava, nessuno meglio di lui sarebbe stato in grado di trattare col fondo angloamericano Elliott della famiglia Singer, che aveva raccolto il Milan dall’inadempiente Yonghong Li, nelle cui mani lo aveva lasciato Silvio Berlusconi nell’aprile 2017.
D.V. sosteneva di essere stato incaricato da Arnault in persona della parte più operativa del progetto: mettere in piedi il team italiano che avrebbe dovuto gestire il futuro Milan francese, dal direttore generale al responsabile dei rapporti internazionali, dal direttore sportivo all’ufficio legale. Agganciato dunque il potenziale direttore generale, un noto dirigente d’azienda con svariate esperienze nel calcio di primo livello, lo aveva convinto a formare al più presto il team, che si era in effetti consolidato rapidamente e che era composto di altri professionisti di primo piano del calcio italiano. Le riunioni del team erano iniziate subito, con la presentazione degli ipotetici piani per il calciomercato e per il nuovo stadio e con l’ingresso sulla scena di nuove figure. Le due più abituali erano diventate A.A., socio d’affari di D.V, e una consulente finanziaria rimasta sempre soltanto una voce al telefono o una casella di posta elettronica dal nome transalpino: la sedicente Christiane Valier.
Con il passare del tempo, non mancavano le crescenti perplessità di qualche componente del team, ma una serie di mail di rassicurazione da indirizzi apparentemente veri (tra cui quella in cui il dirigente di un’importante banca internazionale avallava le garanzie dell’intermediario) avevano contribuito a fugare i dubbi. Inoltre, un fantomatico Arnault aveva preannunciato dal suo indirizzo di posta elettronica personale l’imminente accordo e fissava l’appuntamento decisivo, che si sarebbe tenuto al più presto in Francia o in Inghilterra. L’incontro però non avvenne mai, e la parola fine sulla “trattativa fantasma” la mise l’estate scorsa il vero braccio destro di Bernard Arnault, il direttore generale di LVMH Antonio Belloni, rispondendo in modo lapidario dall’indirizzo di posta elettronica (questo sì autentico) alla mail piena di dubbi del team italiano, sempre più sconfortato: «Non conosco nessuna delle persone di cui parlate». E’ così che nel 2021 il caso è finito alla Procura milanese. Che adesso ha affidato le verifiche ai Carabinieri e sta valutando l’ipotesi del tentativo di truffa.