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    Mihajlovic-Bologna, storia di un amore fatto di illusioni, sbandamenti e crepe: dallo scetticismo all'addio, le tappe

    Mihajlovic-Bologna, storia di un amore fatto di illusioni, sbandamenti e crepe: dallo scetticismo all'addio, le tappe

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Il debutto a San Siro, subito un’impresa. 1-0 contro l’Inter, gol di Santander detto il “Ropero”, l'Armadio. E’ il 3 febbraio 2019, Sinisa Mihajlovic è entrato in carica qualche giorno prima, sostituendo Pippo Inzaghi sulla panchina del Bologna. C’è chi storce la bocca. Mihajlovic? E’ reduce da un esonero col Toro, poi c’è stato il pasticcio con lo Sporting Lisbona, nove giorni e poi ciaone, arriva un nuovo presidente e lo liquida. Da allora ad oggi: sono passati tre anni e mezzo, mai Mihajlovic era rimasto così tanto sulla panchina di una squadra. Tre anni e mezzo, ma molte più vite. Nella sua avventura a Bologna c’è un prima e c’è un dopo. Prima della malattia: Mihajlovic porta una squadra allo sbando fino ad una salvezza anticipata, anzi fa di più: centra il 10° posto (da terzultimo e vincendo 9 partite su 17). Confermato a furor di popolo, contratto triennale. Tutta Bologna a dire: è l’uomo giusto per riportare questa squadra dove merita. Sì, ma il merito sta altrove e al mercato non si compra.

    LA MALATTIA - Tra il prima e il dopo c’è la malattia. 11 luglio 2019, la squadra sta partendo per il ritiro di Castelrotto, c’è molto entusiasmo. La visita al Sant’Orsola, gli esami, la diagnosi. Leucemia. A dirglielo sono quelli dello staff. Mihajlovic - dopo un primo momento di comprensibile sbandamento (“Sono rimasto due giorni chiuso nella mia stanza, da solo, a pensare”, racconterà dopo) - reagisce da leone e nella conferenza stampa in cui svela la malattia si dice sicuro di volerla sconfiggere. Bologna gli riversa addosso tutto l’affetto di cui dispone. Tutti con Sinisa, pronti a combattere una battaglia - che però - dovrà combattere da solo. Il club lo sostiene, gestisce le sua assenze, lo tranquillizza e lo assiste in ogni sua faticosa giornata. Il 25 agosto - come da promessa fatta alla squadra - Mihajlovic è in panchina al Bentegodi. L’immagine dell’allenatore, smunto, dimagrito di 13 chili, sofferente - fa il giro del mondo. Bologna si riconosce nella forza di quest’uomo, e Sinisa trova la sua forza anche grazie ad una città che gli è vicina. Sono due i pellegrinaggi alla Madonna di San Luca, la fede è certamente quella cristiana ma - anche - quella calcistica. Mihajlovic entra ed esce dall’ospedale. Il 15 settembre 2019 la squadra torna da Brescia, dove ha vinto 3-2, e si presenta al completo sotto la finestra dell’ospedale di Sant’Orsola. Immagine bellissima, a conferma di un rapporto strettissimo tra città-squadra e allenatore. Il 29 ottobre Mihajlovic trova il donatore e si sottopone al primo trapianto di midollo osseo. La città vive quei giorni come una partita. Al fischio finale, la liberazione. Sinisa sta bene. Filano via i campionati, corrono a fianco della vita. Nel 2019-20 il Bologna chiude al 12° posto, il salto di qualità preventivato non si è concretizzato. Stessa solfa l’anno dopo (2020-21), nella stagione maledetta segnata dal Covid: rossoblù ancora al 12° posto. Gli viene conferita la cittadinanza onoraria, l’amore sembra destinato a durare per sempre.

    LE CREPE - E invece: in primavera prime crepe tra Mihajlovic e la società. Chiarimenti con il presidente Saputo, divergenza di opinioni (tecniche) con i dirigenti. Ma c’è poco da chiarire. In estate la società pensa già al suo sostituto, poi desiste. La verità è che Sinisa vorrebbe una squadra più competitiva, ma i pezzi migliori vengono ceduti. Va così anche questa estate - dopo che a marzo la malattia è tornata prepotente - e il Bologna perde Hickey, Theate e Svanberg. Che non vengono sostituiti a dovere. Intanto è arrivata l’ora del secondo trapianto di midollo. La storia tra Sinisa e il Bologna sta andando verso i titoli di coda, i risultati di inizio stagione (3 pareggi e 2 sconfitte) non aiutano a trovare serenità. Nel mentre: la figlia Viktorija denuncia e pubblica i commenti avvelenati - e offensivi per la sua persona - di alcuni tifosi. Qualcosa si è rotto, la gente comincia a chiedersi fino a quanto valga la pena andare avanti con l’uomo che ha sempre precisato: “Separate l’allenatore dall'uomo e giudicatemi solo con questa prospettiva”. L’incontro nella villa di famiglia in zona Fleming a Roma è l’atto finale. 6 settembre 2022, Mihajlovic viene esonerato. Il bilancio conclusivo parla di mezzo campionato trionfale (da febbraio a giugno 2019), una stagione onesta (2019-20), un’altra penalizzata dal mondo rovesciato dal Covid (2020-21), un’altra ancora al di sotto delle ambizioni e delle possibilità (2021-22, il Bologna gioca pure maluccio) e un inizio - quello di quest’anno - che si rivela invece la fine di una lunga storia d’amore.

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