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    Michele Padovano a CM: 'Nel dramma non ho mai mollato, sempre a testa alta. Vialli fondamentale, le carceri italiane uno schifo'

    Michele Padovano a CM: 'Nel dramma non ho mai mollato, sempre a testa alta. Vialli fondamentale, le carceri italiane uno schifo'

    • Benedetta Panzeri
    Michele Padovano non è stato il più grande narcotrafficante del mondo del calcio. Ma non è mai stato nemmeno un narcotrafficante, il problema è che ci sono voluti 17 anni per capirlo, o meglio per metterlo nero su bianco. Per lui 17 anni di processi, la prigione, gli arresti domiciliari, l'obbligo di firma e migliaia di carte presentate ai giudici. 
    Era il 10 maggio 2006 quando tre macchine sbarrano la strada a Padovano, ex attaccante, tra le altre, della Juventus con la quale ha vinto uno scudetto e una Champions League, oltre a una Supercoppa Uefa, una Coppa intercontinentale e due Supercoppe Italiane. Da quelle macchine scendono quattro agenti in borghese, che lo trascinano fuori dalla sua auto per portarlo alla caserma di Venaria Reale. 
    Per lui è l'inizio di un calvario, di un travagliato cammino che lo vede "giocare" in difesa per vincere la partita più importante, quella per la vita vera, da cui nonostante tutto ha saputo trarre una grande lezione. Lezione che, una volta riconquistata la libertà il 31 gennaio 2023, ha voluto raccontare nel suo libro "Tra la Champions e la libertà", edito da Cairo e scritto in collaborazione con Andrea Mercurio. 

    Lo ha raccontato a noi di Calciomercato.com, parlandoci a cuore aperto come è abituato a fare.

    L'INTERVISTA A MICHELE PADOVANO

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