Anadolu Agency via Getty Images
Messi-Mbappé in finale a Lusail: è la grande vittoria di Al Khelaifi
MESSI, NEL SEGNO DEL D10S – 5 gol e 3 assist nel percorso che porta alla finale di domenica. È stato un crescendo costante il Mondiale di Leo, sempre più da leader, sempre più immarcabile, nonostante i suoi 35 anni, sempre più vicino all’ascesa al trono del D10S del futbol Diego Armando Maradona. L’immagine, però, che resterà per sempre nella memoria collettiva visiva di Qatar 2022 è l’assist per il 3-0 di Julian Alvarez in semifinale contro la Croazia: elegante, deciso, fisico il suo uno contro uno a tutto campo contro Gvardiol, come in un passo di tango. “Le gambe s’allacciano, gli sguardi si fondono, i corpi si amalgamano in una piroetta e si lasciano incantare. Dando l’impressione che il tango sia un grande abbraccio magico da cui è difficile liberarsi” – avrebbe scritto Jorge Luis Borges. Solo che dall’abbraccio del croato Leo si è liberato.
MBAPPE, DROIT AU BUT – 5 gol e 2 assist per Kylian, ma senza trovare lo spazio per liberarsi fra i furiosi raddoppi organizzati da Southgate e Regragui e rendersi decisivo dai quarti in poi. A differenza di Messi, non ci ha ancor regalato un’immagine indelebile di questo suo Mondiale. I suoi dribbling, i suoi tiri fulminei, però, ce li abbiamo bene impressi, noi come Végedream, il rapper francese che ne decantò le gesta quattro anni fa in Ramenez la coupe à la maison: “Doppio passo, cambio di direzione a destra e a sinistra, accelerazione, elastico, tunnel, tiro”. Repentino ed efficace come una rima, qualche necessario ricamo, poi dritto al punto, all’obbiettivo, al gol. Droit au but direbbero a Marsiglia
HA VINTO AL KHELAIFI – Ici c’est Paris, penserà invece Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG, che poi in questo caso equivale a Ici c’est Lusail. Il grande epilogo di Qatar 2022 vedrà infatti opporsi due delle tre stelle del suo giocattolo, con Neymar, grande escluso, a fare da spettatore. Mbappé, l’enfant prodige del calcio francese, pagato 180 milioni nell’estate 2017, era il simbolo dell’ambizione del presidente-sceicco. Messi, arrivato a zero quattro anni dopo, è la prova della definitiva grandeur parigina. Psg e i Mondiali 2022, infine, sono i due grandi investimenti che hanno portato il Qatar ad essere una delle superpotenze del calcio. Era il 2010 quando l’emirato veniva designato sede della Coppa del Mondo. Solo un anno dopo, il fondo sovrano qatariota comprava il più importante club francese e vi metteva a capo il giovane Al Khelaifi. In questi 11 anni non sono mancate le polemiche sulle modalità d’assegnazione di questo Mondiale, sull’eccessivo ed incontenibile potere dei soldi nel calcio di oggi che proprio l’avvento degli emiri ha estremizzato, sulla diatriba fra Superlega ed ECA (di cui oggi Al Khelaifi è presidente) su quale fosse il calcio dei giusti, senza dimenticare, ovviamente, quelle, dolorose, sui migranti morti durante la costruzione degli stadi e sulla condizione dei diritti umani di donne e minoranze nel paese. Al Khelaifi le ha più volte spente in questo mondiale. Domenica sarà anche il suo momento di gloria
Sul campo, 90 minuti, o forse 120, se non i rigori decreteranno chi sarà in grado di trascinare la propria nazionale sul tetto del mondo. Dietro la scrivania, però, e in politica calcistica, soprattutto, ha già vinto Al Khelaifi.