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Messi e CR7 a maglie invertite
Alt, un momento, cos’è un sogno? Il nostro caro lettore ci perdonerà se rispondiamo che si tratta di un tentativo d’iperbole del gioco. Ci perdonerà perché l’intenzione non è fare accademia, ma raccontare una suggestione tecnica e storica: il duello Messi-Ronaldo a maglie invertite. La 10 del Real Madrid per il fuoriclasse argentino, la numero 7 del Barça per il fenomenale asso portoghese.
Da questa immagine che rovescia la realtà verso la suggestione, c’è una doppia domanda: Messi, sarebbe Messi anche nel Real? E Cristiano impererebbe anche a Barcellona? Facciamolo questo viaggio da surrealisti alla Dalì per cercare risposte partendo dalla realtà dei fatti tecnici di questo grande duello tra mostri sacri. Da prima il numero di maglia che è identità. Cristiano e Messi manterrebbero gli originali, ma in qualche senso il 7 di Cristiano risplenderebbe di luce propria rispetto al 10 di Messi nel Madrid. Il portoghese continuerebbe per via della sua personalità diretta, la mitologia della maglia dell’ala destra che ha appreso a Manchester (Best, Cantona, Beckham) mentre l’argentino non avrebbe la magia del numero dalla sua in una piazza dove perfino Zidane vi rinunciò e altri (Hugo Sanchez e Butragueño) hanno costruito il loro mito su numeri da 'delantera' e non da calcio totale. E’ una questione di fluidi, di atmosfere e di contesti.
Gli stessi contesti che aprono al tifo. La filosofia di Cristiano è l’individualismo quella di Messi è la partecipazione con i compagni, lui cerca il gioco. Ronaldo invece ha un solo obiettivo: finalizzare. Questo incide sul rapporto col tifo, a Madrid hanno qualche volta fischiato Cr7 a Barcellona invece hanno sempre coccolato il divino di Rosario. Però se li rovesciamo c’è un fatto importante: Ronaldo proprio perché ha sempre risposto ai fischi saprebbe giocare impetuoso anche con un pubblico che lo stimerebbe sì, ma non lo amerebbe. Il grande Lionel senza l’amore catalano e adottivo, nella Madrid gotica dei re di Spagna soffrirebbe. E’ un dato a dircelo: l’amore freddo dei tifosi dell’Argentina espresso nel continuo paragone con Maradona, lui Diego amato e venerato.
Se il tifo è lì per indurre al gioco, la domanda è: il loro gioco a maglie invertite sarebbe lo stesso o diverso? E quale il rapporto tecnico con i compagni? Individualisti contro collettivisti. Verticali contro filosofici. Su questi tratti Ronaldo costruirebbe la sua differenza tecnica fatta di verticalità. Il portoghese attaccherebbe la porta spinto dalla grandezza del Camp Nou e dalle urla del pubblico che pur non amandolo, lo eleggerebbe simbolo della squadra perché portatore del nuovo nel luogo dove impera il possesso della palla. Immaginiamo Busquets dare la palla a Ronaldo sulla sinistra e mentre lui parte, si muovono all’unisono in verticale anche Neymar e Suarez in un momento di gloria per il portoghese che dentro una giocata profonda, diventa un nuovo Cruijff del ’74 o dell’88: portatore di un’idea altra nel Barcellona del decennio d’oro.
Il Real Madrid dell’individualismo storico, delle correnti, della famosa gerarchia: Madridismo, giocatori, presidente, allenatore non sarebbe il posto per la mirabilia immaginifica di Messi. Lì solo senza i suoi triangoli, i fraseggi, il gioco ruminato per innescarlo si sentirebbe dentro una squadra di assaltatori e non di universali, dentro una squadra di James Bond e non di artisti. E soffrirebbe a vedere da lontano, Ronaldo che doma i dioscuri del catalanismo.