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    Mercato, possesso palla e gestione dei big: è il fallimento di Guardiola

    Mercato, possesso palla e gestione dei big: è il fallimento di Guardiola

    • Federico Zanon
    Una pesante sconfitta, con un doppio significato. L'addio alla Premier League, con quattro mesi d'anticipo, e il fallimento di Guardiola, sul quale ormai non ci sono dubbi. Il momento è delicato, il futuro sembra segnato. Almeno a sentire le parole dello stesso Pep, pochi minuti dopo il 4-0 subito dal suo Manchester City dall'Everton: "Dieci punti dal primo posto sono tanti, forse troppi da recuperare. Pensiamo piuttosto al secondo posto che è più vicino. Ho chiesto ai giocatori di non guardare la classifica, di concentrarsi su un match alla volta. A fine stagione tireremo le somme, giocatori e allenatore". Un'altra uscita discutibile, da parte di un allenatore completamente nel pallone. Che in due settimana ha prima ammesso di pensare al ritiro, poi ha gettato la spugna nella corsa al titolo. Una dichiarazione da perdente, in antitesi con la squadra che guida, una delle più ricche e attrezzate d'Europa, con un valore complessivo di oltre 600 milioni di euro, costruita per eccellere in tutte le competizioni.

    I MOTIVI DEL FALLIMENTO - Guardiola non è più il migliore al mondo, non è più un allenatore che fa la differenza. E c'è più di un segnale che supporta la tesi. L'uomo della revolucion Barcelona ha commesso tanti, troppi errori, di ogni natura. Non ha saputo adattare il suo credo calcistico ai ritmi e all'intensità della Premier League, ha fatto scelte di mercato discutibili (la bocciatura preventiva di Hart e l'acquisto di Bravo, l'assenza di un vice Aguero e il mancato arrivo, ina aggiunta di Stones, di un difensore centrale, considerando i problemi cronici di Kompany) e ha avuto una gestione bizzarra della rosa (per informazioni chiedere a Yaya Touré, prima spedito nel dimenticatoio poi diventato titolare o a Delph, contro l'Everton lasciato in panchina con Zabaleta adattato centrocampista centrale).

    FUTURO DA DECIDERE - Guardiola è a un bivio: andare via a fine stagione, cercando un nuovo progetto tecnico dove poter esprimere liberamente la sua filosofia, o aggiornare il suo credo, adattandolo a un campionato, quello inglese, nel quale avere un miglior possesso palla non è sinonimo di successo. Il tempo stringe, serve una reazione, serve ritrovare tranquillità e motivazioni. C'è una stagione da salvare, c'è uno scettro da riprendere.

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