Mbappé libero dalla prigione PSG: nessun fallimento, ma ha sbagliato scelta
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GABBIA DORATA - Sì perché adesso si può finalmente dirlo, lo ha confermato lui stesso: Kylian Mbappé è libero dalla prigione di Parigi. Una prigione dorata, per carità. Avercene di gabbie da più di 100 milioni, accordo più accordo meno. Ma pur sempre di gabbia si è trattato. Certo, ha deciso di mettercisi da solo, Mbappé; ignorando - di fronte ai soldi, tanti, tantissimi - quanto già era successo in passato ad alcuni suoi illustri colleghi.
VERRATTI - Marco Verratti, ad esempio. Che in quella Barcellona che lo attendeva e che ancora aveva peso economico per poterlo strappare al PSG, non riuscì mai ad arrivarci. L'inizio del declino dell'abruzzese è in fondo incominciato già un po' lì, quando di fronte allo stimolo dei catalani con cui aveva già trovato un accordo, estate 2017, fu costretto poi alla dura realtà dei fatti: restare a Parigi. Quando si firma per il PSG, si è prigionieri di una proprietà, non semplici tesserati di un club.
IBRA - Qualcosa di simile l'aveva in fondo già testato anche Zlatan Ibrahimovic qualche anno prima. Fu lo stesso svedese a raccontare anni dopo l'aneddoto, quando tornato finalmente al "suo" Milan entrò nei dettagli di quanto successo in quell'estate del 2015. Di fronte al "no" del club per liberarlo con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del contratto, Ibra - con il buon ufficio del suo compianto agente Mino Raiola - incassò in qualche modo l'onore di un appuntamento in Qatar con "la casa madre". L'intento del viaggio era provare a parlare di persona con 'chi comanda' e cambiare quel "no, resti qui" che aveva già ricevuto come risposta negli uffici della capitale francese. Accolto da un "Ibra, ma cosa ci fai qui? Cosa posso fare per te, ti servono più soldi?" - storia raccontata dallo stesso Ibrahimovic in un'intervista di qualche tempo fa - capì che quella in medioriente fu solo una gita, che non se ne sarebbe fatto nulla fino alla fine della stagione successiva. Lo svedese al Milan ci ritornò in effetti, ma con 5 anni di ritardo e dopo le esperienze a Manchester e Los Angeles. Naturalmente, ça va sans dire, a contratto con i Parigini rispettato fino all'ultimo minuto dell'ultimo giorno.
QUANTI 'NO' - Non vende il PSG. Non ha mai venduto. E non lo fa perché è un club che gioca secondo le proprie regole. Un club che alle logiche di bilancio risponde solo 'sulla carta'. Quelle che servono per tenerlo dentro la manica larga di una UEFA che con i parigini ha smesso di essere 'cane da guardia' dopo una turbolenta domenica di aprile di tre anni fa, quando dentro la tempesta improvvisa di una nave che rischiava seriamente il naufragio, il suo presidente trovò in Parigi un porto sicuro e un nuovo amico...
Al PSG non solo non serve vendere, ma dà la sensazione di un club che approccia il mercato in entrata come una questione d'onore da difendere. Vendere, specie alla concorrenza, è 'lesa maestà', uno sgarro da punire.
TIC TAC - D'altra parte, come si può chiamare quanto successo proprio tre anni fa, quando Florentino Perez fu umiliato - per che di questo si trattò, umiliare qualcuno che aveva osato corteggiare il più prestigioso dei tesserati del PSG. Non c'è altra spiegazione per quelle continue richieste al rialzo della famosa 'trattativa Mbappé'. Estate 2021. Quella del 'tic tac, tic tac’ di Josep Pedrerol al Chiringuito. "170 milioni, affare fatto". Poi no, la nuova richiesta a 180. Florentino ci pensa e accetta. Poi, la richiesta diventa di 200 milioni. E Perez capisce in quel momento che a Parigi stanno giocando al gatto col topo, che non hanno alcuna intenzione di vendergli Mbappé, ma solo quella di umiliare, appunto, la sua figura, agli occhi del mondo. Che per il PSG non sarebbe stata mai una questione economica.
MACRON - Anche perché a quel punto, in Francia, ci si è messa anche la politica. Mbappé è invitato all'Eliseo dal presidente Macron che gli chiede in persona di accettare il rinnovo, di farsi cospargere di ancor più soldi. E ancor più potere. Sì perché Mbappé non solo ottiene più denari, ma anche alcune facoltà decisionali. Quest'ultime, ovviamente, mai confermate ufficialmente.
MORTE CALCISTICA - Quel che è certo che è Mbappé in quel momento firma la sua morte calcistica. Perché di questo si è trattato. Mbappé a Parigi aveva già finito. Quelli passati sono stati 3 anni buttati nel tentativo di rendere vincente in Europa un club che storicamente non solo non lo è mai stato, ma nemmeno è 'esistito'. Perché se è vero che a Manchester è successo qualcosa di simile, che la storia la si può riscrivere da zero quando le disponibilità economiche sono pressoché illimitate, altrettanto è vero che per farlo non bastano solo i soldi. Bisogna spenderli bene. E da questo punto di vista, la differenza tra le due più famose proprietà mediorientali d'Europa è stata enorme.
MANCHESTER - Al City gli emiri hanno fatto le cose per bene, costruendo prima di tutto un impianto societario solidissimo che si basasse su una dirigenza d'esperienza - quella strappata al Barcellona - da mettere insieme all'allenatore più forte del mondo. Bingo.
Al PSG, invece, i quatarioti hanno giocato a comprare le figurine, cambiando dirigenza e allenatori a intervalli regolari. Il risultato? Al di là di quella parentesi della storia - si spera - chiamata 'torneino Covid', meglio conosciuta come Champions League 2020 e dove il PSG, in gara secca dai quarti, senza pubblico, riuscì ad arrivare in finale, non ha ottenuto nulla. Specie a fronte dei denari investiti.
NESSUN FALLIMENTO - Qualcuno dirà 'ha fallito Mbappé', come abbiamo già visto in queste ore. Dimenticando che a calcio in campo si va in 11, che una squadra vincente è composta da 20-25 elementi (leggasi, che ne so, ad esempio, tale 'Joselu'), che senza un allenatore forte e una dirigenza ancora più forte, non si va da nessuna parte. E che anche la storia, e il DNA, una piccola parte la fanno eccome.
No, Kylian Mbappé non ha fallito un bel niente. Casomai ha sbagliato: ha sbagliato a cedere alle lusinghe, non è stato forte di fronte alla pressione; ha ceduto di fronte a una quantità di denaro immorale. In quanti avrebbero fatto diversamente?
LIBERTA' - Ora, però, finalmente, possiamo dire che 'è libero'. Il giocatore più forte del mondo va nel club più forte del mondo. Se vincerà, non possiamo affermarlo con certezza. Finalmente, però, con almeno tre anni di ritardo, vedremo Kylian Mbappé fuori dalla comfort zone di quella prigione d'oro chiamata 'Parigi'. Lo vedremo in un campionato più competitivo. E nella squadra più famosa del mondo.
Se ami il calcio, oggi, sotto sotto, sei un po' più contento.