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    Mazzone a CM: 'Macché Messi e Ronaldo! Pallone d'Oro a Pirlo'

    Mazzone a CM: 'Macché Messi e Ronaldo! Pallone d'Oro a Pirlo'

    • Davide Russo de Cerame

    Carlo Mazzone è sicuramente uno dei personaggi più pittoreschi e al tempo stesso geniali del calcio italiano. Sono memorabili le sue imprese con squadre di seconda fascia e forse avrebbe meritato maggior fortuna allenando per più tempo una grande. Detiene il record di panchine ufficiali nella massima serie. La redazione di calciomercato.com ha avuto il piacere e l'onore di intervistare in esclusiva Carletto Mazzone, a 7 anni dal ritiro dalla scena calcistica.

    Lei è ricordato soprattutto per il fenomeno Ascoli, passato dall'anonimo “Del Duca” della serie C a numerosi campionati in Serie A con salvezze e piazzamenti rimasti negli annali. Quanto le manca Costantino Rozzi e quell'esperienza fantastica ora che la crisi dell'Ascoli sembra essere senza fine?: "Ho un fantastico ricordo e nutro un'immensa gratitudine nei confronti di Rozzi: lui ha fatto la storia dell'Ascoli. E' stato lo stesso Rozzi a volermi premiare dandomi l'opportunità di diventare un allenatore. La mia carriera calcistica infatti venne interrotta bruscamente a causa di un gravissimo infortunio alla tibia: in un Ascoli-Sambenedettese fui protagonista di un intervento mal riuscito sull'attaccante Urban che andava diretto verso la nostra porta. Si trattò di un fallo tattico ma ero senza parastinchi e quel intervento mi costò la frattura della tibia e di conseguenza la carriera. Fu proprio in quell'occasione che Rozzi, dopo aver tentato di recuperarmi come calciatore ed aver verificato che per me non c'era possibilità di tornare a giocare, ebbe grande considerazione della mia situazione personale (avevo una famiglia a carico) e decise di affidarmi la guida della Primavera. Successivamente Rozzi in due occasioni esonerò il tecnico della prima squadra e decise di darmi il compito di traghettare i ragazzi sino alla fine del campionato: proprio attraverso queste esperienze riuscii a mettere le basi per il mio futuro d'allenatore. Dopo arrivò la proposta della Fiorentina di Antognoni e da quel momento in poi prese avvio la mia carriera lontano da Ascoli. Per quanto riguarda la situazione attuale dei bianconeri ascolani, so quanto soffra il patron Benigni, che è anche mio consuocero, della mancanza di risultati. Mi auguro che un tecnico come Giordano possa essere capace di portare l'Ascoli ai livelli dei vecchi tempi".

    Quanto le mancano le emozioni vissute in panchina per quasi 40 anni?: "La panchina mi manca davvero tanto ma raggiunta una certa età ho ritenuto fosse giusto lasciare il mio lavoro dedicando più tempo alla famiglia ed al mestiere di marito, papà e nonno".

    Fiorentina e Roma sono le grandi che ha allenato: ha qualche rimpianto?: "No, sono ancora il decano degli allenatori: ho fatto qualcosa di una certa importanza, soprattutto l'esperienza di Ascoli, portato dalla Serie C alla massima divisione con successive salvezze: fu un fatto storico".

    Non so se condivide ma oltre a Cagliari, l'unica esperienza negativa è stata quella breve di Napoli: potendo tornare indietro accetterebbe nuovamente quella panchina di una squadra in piena crisi societaria?: "Sul Cagliari non sono d'accordo, le cose non andarono poi così male. A Napoli invece ci fu un campionato un pò sofferto, cercando di riproporre la squadra a certi livelli: la società mi appoggiava ma pensai che andando via avrei potuto dare l'opportunità a qualcun altro di fare meglio, lì dove io non ero riuscito".

    Ha lanciato Totti, ha rigenerato Signori al Bologna e Baggio al Brescia: qual è la soddisfazione più grande?: "Ho contribuito al lancio o al recupero di questi giocatori che hanno fatto la storia del calcio, gente data per finita, che ho avuto il piacere e l'onore di rilanciare: la soddisfazione è stata immensa. Poi per quanto riguarda il giovanissimo Totti il suo lancio era una logica conseguenza della valorizzazione del vivaio ma si poteva intuire l'immensa classe di cui disponeva".

    Lei ha avuto la geniale idea di collocare Pirlo - chiuso da Roberto Baggio - nella posizione di regista di centrocampo. Due anni dopo Ancelotti, grazie a questa sua intuizione, ha costruito il Milan dei grandi successi. E' suo quindi il merito dell'esplosione di Pirlo, unico italiano in lizza per il Pallone d'Oro?: "Ho sempre ritenuto che una squadra in campo dovesse avere un playmaker che fosse il punto di riferimento del gioco. Le faccio un esempio: ad Ascoli avevo Gola, un giocatore di tecnica eccellente, che agiva da mezzapunta ma che, proprio in quel ruolo, soffriva la marcatura ad uomo. Fu lì che ebbi l'idea di collocarlo 20 metri più dietro, in modo che Gola non rifinisse più l'azione ma che fosse lui stesso a farla nascere. Questa fu una delle basi con cui costruimmo l'Ascoli delle grandi imprese. Con Pirlo ho adottato lo stesso metodo usato con Gola e sono fiero di aver avuto questa intuizione: da trequartista le sue qualità tecniche erano annullate per mancanza di spazi, mentre da playmaker venivano decisamente valorizzate. Ho fatto semplicemente questo: l'ho riportato a casa, nella sua Brescia, ed è tuttora, a 34 anni, uno dei migliori giocatori in attività, non solo nel suo ruolo. Credo che meriti il Pallone d'Oro e ritengo che possa essere in ballottaggio per la vittoria finale".

    E' stato uno dei pochi allenatori a concludere un campionato in una squadra di Gaucci. Oltre Rozzi qual è il presidente che ricorda con maggiore affetto?: "Preferirei non rispondere in quanto non voglio mancare di rispetto a nessuno, anzi ringrazio tutti i presidenti che ho avuto per la stima e la fiducia che hanno riposto in me".

    Ha allenato Pep Guardiola a Brescia, attualmente uno dei migliori allenatori al mondo: rivede in lui le caratteristiche ideali del suo modo di allenare una squadra di calcio?: "Non vorrei peccare di presunzione ma penso che sia normale: un bravo allenatore è quello che riesce ad infondere ai propri giocatori i valori positivi spingendoli a dare sempre il meglio sul campo e fuori".

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