Mazzarri: 'Nessuno meglio di me negli ultimi 10 anni. Volevo Lamela e Jovetic'
Il giornale giapponese World Soccer Digest ha reso nota la versione integrale dell'intervista concessa dall'ex allenatore dell'Inter Walter Mazzarri, nella quale aveva amaramente commentato il proprio esonero.
Mazzarri ora che la sua lunga e prestigiosa striscia positiva si è momentaneamente conclusa ci dice quale è stato il segreto del suo successo?
"Se penso al mio cammino, non so chi in Italia negli ultimi 10 anni abbia realmente fatto meglio di me e lo dico tenendo presente il punto di partenza e non di arrivo. Conquistare la qualificazione in Champions e vincere la Coppa Italia nella stessa stagione è un risultato clamoroso ma ottenere la salvezza con la Reggina partendo da -15 in classifica, dove il giocatore più pagato guadagnava 300 mila euro l’anno lo è altrettanto. La gavetta costa ma alla fine paga. Acireale, Pistoiese, Livorno, Reggina, Sampdoria, Napoli e Inter: ecco il mio percorso di autodidatta, sempre con poco budget a disposizione, e se mi devo riconoscere un pregio, è la capacità di spingere tutti oltre il limite a partire da me stesso".
Come considera la sua esperienza all’Inter?
"L’anno scorso avevo preso una squadra alla fine di un ciclo e che arrivava da una stagione disastrosa nella quale si era classificata al nono posto in campionato. Doveva essere l’anno della riprogrammazione, visto che c'erano 9 giocatori a scadenza e un tetto ingaggi ridotto rispetto al passato. Abbiamo conquistato un buon quinto posto e siamo tornati in Europa League, con i giusti presupposti per rilanciarci verso l’obiettivo massimo di questo campionato che era il terzo posto con conseguente qualificazione in Champions. E devo dire che se me l'avessero consentito sono certo che tale traguardo non ci sarebbe sfuggito".
Su cosa basa questa sua convinzione?
"Sull'esperienza e sui segnali che avevo lavorando sul campo tutti i giorni, senza dimenticare che al momento del mio esonero eravamo a soli 5 punti dalla terza. Inoltre avevo dei dati statistici importanti che avvaloravano ulteriormente questa mia convinzione senza dimenticare che stavo recuperando titolari importanti dopo aver iniziato la stagione senza 12 reduci dal Mondiale e con molti infortunati".
Possiamo vedere anche noi questi dati?
"Certo come si può notare dai dati statistici all’undicesima giornata (dopo il pareggio interno contro il Verona che è costato l’esonero) eravamo posizionati costantemente tra il secondo e il terzo posto. Per esempio il dato sulla supremazia territoriale è particolarmente importante perché indica come la mentalità trasmessa al gruppo fosse propositiva, cioè l’esatto contrario di ciò che veniva fatto passare dai media. Come per quanto riguarda le giocate utili, nel quale eravamo secondi, è fotografia di come gli schemi e i tempi di gioco fossero stati assimilati. Anche per il dato delle occasioni create eravamo terzi, dietro solo a Juve e Napoli, mentre nella precisione di tiro scendevamo al diciasettesimo posto segno evidente che ci mancava qualità in avanti, un problema che con il recupero di Palacio e un intervento nel mercato di gennaio avremmo potuto risolvere".
Che rapporto ha avuto con i presidenti?
"Con i presidenti è capitato che abituandoli bene si siano scordati da dove arrivavano. Mi sono accorto che lo straordinario si trasformava in risultato ordinario. Far troppo bene è rischioso perché produce una sorta di assuefazione con presidenti che hanno scambiato il troppo per la routine alla fine invece di stringermi la mano a prescindere. Anche con De Laurentis il rapporto non è sempre stato idilliaco, lo sanno prima di scegliermi, prendere o lasciare. Il confronto fa bene, fa crescere, tenendo sempre presente il rispetto dei ruoli e della persona ed inoltre il mio lavoro a 360° gradi ha preparato il terreno per chi è venuto dopo".
E nello specifico all’Inter prima con Moratti e poi con Thohir?
"Sono un tesserato dell’Inter fino al giugno 2016 e non posso rilasciare dichiarazioni in questo senso".
Quanto ha influito nella decisione della società la situazione ambientale?
"A mio avviso non c'erano i presupposti per un esonero sportivo, per quanto riguarda la situazione ambientale mi sono fatto una mia idea… Ma tutti fanno finta di non sapere… Non dico altro".
Secondo lei la prestazione stava comunque migliorando? Dal punto di vista tecnico-tattico quali erano i problemi da risolvere o da migliorare? "Come detto c’era da migliorare dal punto di vista realizzativo, aggiungendo un po' di qualità ad una rosa che era stata costruita facendo attenzione alle risorse economiche".
Si ritiene un burbero?
"Luoghi comuni. Chi mi conosce alla fine mi ama. Mi segue e si diverte. Lavorare al mio fianco aiuta anche a capirmi, chi si avvicina a me scopre dettagli sconosciuti, il lato vero di me. Magari in televisione l'immagine che ne esce è quella distorta di un WM diverso dalla realtà ma sto lavorando anche su questo si può sempre migliorare".
E’ vero che i suoi colleghi la giudicano un antipatico? "Parto dal presupposto che in questo mestiere c'è grande competizione non c è spazio per amicizie vere: posso chiamare un tecnico che stimo se gli devo chiedere una cosa, se devo confrontarmi su questioni di campo, ma niente di più. Li si ferma tutto. Di sicuro non creo un vincolo profiondo magari con un allenatore che non allena e che quindi vorrebbe essere al mio posto. Non ci potremmo raccontare la verità sarebbe tutto costruito e quindi falso. Non è da me. Odio i rapporti ipocriti quindi meglio non averne. Ho invece ottimi rapporti con grandissimi tecnici come Ancelotti e altri con i quali ho avuto modo di confrontarmi in grande sintonia. Questione di rispetto, se tu rispetti me io rispetto te".
Come ha vissuto questi due mesi e mezzo dopo il primo esonero della carriera?
"In questo momento sto valutando il tutto con molta calma. Le proposte sembrano non mancare (alcune società italiane e straniere hanno già fatto reperire al tecnico missive di interesse) fermo restando che sono ancora sotto contratto con l'Inter fino al giugno 2016 e quindi ho tutto il tempo per fare la scelta più giusta. Andrò in una situazione che mi trasmetta motivazioni forti".
Quindi anche per Lei sulla scia dei vari Trapattoni, Capello, Zaccheroni, Spalletti e Ancelotti, tecnici italiani che hanno lasciato la loro impronta in club europei di prima grandezza si potrebbe prospettare un futuro lontano dall’Italia? "Proprio per questo motivo mi sto perfezionando nello studio dell’inglese con un professore madrelingua e poi non è detto che non vada a frequentare dei corsi in un paese di lingua anglofona anche se per la mia filosofia di gioco mi attira molto anche la Liga Spagnola. Nessuna preclusione comunque andrò dove mi porta un’idea affascinante e dove possa avere gli stimoli giusti".
Potrebbe anche essere interessato a guidare una Nazionale quindi si sentirebbe adatto al ruolo di selezionatore?
"Io per gran parte della mia carriera non ho avuto l'opportunità di costruire una squadra seguendo le mie esigenze e i miei bisogni a dirla tutta per molti anni è accaduto il contrario: gli equivoci con gli operatori di mercato sono stati tanti, chiedevo un tipo di calciatore ne arrivava un altro incompatibile con il progetto tattico. Io al massimo ho potuto indicare il ruolo ma so andare oltre e in questo spesso ho fatto la differenza. In una Nazionale è diverso si deve solo scegliere tra il meglio a disposizione. Detto questo nella mia autobiografia 'Il meglio deve ancora venire' dicevo che non mi sentivo ancora pronto per allenare una Nazionale, beh adesso dopo l’esperienza all’Inter lo sono”.
Ora come passa la giornata? E’ riuscito a staccare un po’ la spina, oppure vive lo stesso il calcio seguendo dal di fuori le partite o andando a vedere gli allenamenti?
"Semplicemente dopo tanti anni sempre a spingere sull’acceleratore sto rifiatando e ho più tempo per me, il che è tanta roba".
Nel periodo all’Inter a livello mediatico si criticava spesso la sua filosofia di gioco dicendo che era troppo “provinciale”, poco propositiva, poco spettacolare eccetera. Come pensa e come replica a questo tipo di (pre)giudizio?
"La mia è una vita contraddistinta da studio e invenzioni, per me l’allenatore è un creativo. Tutte le mie squadre dalla C2 alla Champions League hanno avuto sempre un comun denominatore: si è sempre vista chiara e profonda la mano dell'allenatore e non lo dico solo io. Questo significa che i calciatori mi hanno sempre seguito. Al di là dei detrattori, gli addetti ai lavori hanno riconosciuto come nelle mie squadre, Inter compresa, ci fosse sempre un’organizzazione di gioco precisa e propositiva. Del resto la Juve di Conte con i 3 dietro ha vinto 2 scudetti consecutivi e cambiò modulo proprio per adeguarsi al nostro tipo di gioco, altro che provinciali. I dati che abbiamo visto sono inconfutabili. Ma per alcuni, anche la matematica diventa un’opinione e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Ma so come funziona: i preconcetti sulla persona sono in grado di distorcere la realtà".
Torniamo un po’ all’origine. In estate, ci risulta che Lei avesse fatto precise richieste di mercato alla società, come Luiz Gustavo, Lamela e Jovetic che sono rimaste inevase. Che progetto tecnico-tattico ha fatto per questa stagione?
"Per serietà professionale sui nomi non posso confermare, l'unica cosa che posso dire è che mi sarebbe piaciuto come progetto tattico poter giocare a 4 dietro con un vertice basso a centrocampo come fa De Rossi nella Roma, due interni, e due mezze punte ad infilarsi con una punta centrale, diciamo un 4-3-2-1. In allenamento abbiamo anche provato questo tipo di situazione ma ho visto che con la rosa a disposizione non eravamo pronti".
Mazzarri ora che la sua lunga e prestigiosa striscia positiva si è momentaneamente conclusa ci dice quale è stato il segreto del suo successo?
"Se penso al mio cammino, non so chi in Italia negli ultimi 10 anni abbia realmente fatto meglio di me e lo dico tenendo presente il punto di partenza e non di arrivo. Conquistare la qualificazione in Champions e vincere la Coppa Italia nella stessa stagione è un risultato clamoroso ma ottenere la salvezza con la Reggina partendo da -15 in classifica, dove il giocatore più pagato guadagnava 300 mila euro l’anno lo è altrettanto. La gavetta costa ma alla fine paga. Acireale, Pistoiese, Livorno, Reggina, Sampdoria, Napoli e Inter: ecco il mio percorso di autodidatta, sempre con poco budget a disposizione, e se mi devo riconoscere un pregio, è la capacità di spingere tutti oltre il limite a partire da me stesso".
Come considera la sua esperienza all’Inter?
"L’anno scorso avevo preso una squadra alla fine di un ciclo e che arrivava da una stagione disastrosa nella quale si era classificata al nono posto in campionato. Doveva essere l’anno della riprogrammazione, visto che c'erano 9 giocatori a scadenza e un tetto ingaggi ridotto rispetto al passato. Abbiamo conquistato un buon quinto posto e siamo tornati in Europa League, con i giusti presupposti per rilanciarci verso l’obiettivo massimo di questo campionato che era il terzo posto con conseguente qualificazione in Champions. E devo dire che se me l'avessero consentito sono certo che tale traguardo non ci sarebbe sfuggito".
Su cosa basa questa sua convinzione?
"Sull'esperienza e sui segnali che avevo lavorando sul campo tutti i giorni, senza dimenticare che al momento del mio esonero eravamo a soli 5 punti dalla terza. Inoltre avevo dei dati statistici importanti che avvaloravano ulteriormente questa mia convinzione senza dimenticare che stavo recuperando titolari importanti dopo aver iniziato la stagione senza 12 reduci dal Mondiale e con molti infortunati".
Possiamo vedere anche noi questi dati?
"Certo come si può notare dai dati statistici all’undicesima giornata (dopo il pareggio interno contro il Verona che è costato l’esonero) eravamo posizionati costantemente tra il secondo e il terzo posto. Per esempio il dato sulla supremazia territoriale è particolarmente importante perché indica come la mentalità trasmessa al gruppo fosse propositiva, cioè l’esatto contrario di ciò che veniva fatto passare dai media. Come per quanto riguarda le giocate utili, nel quale eravamo secondi, è fotografia di come gli schemi e i tempi di gioco fossero stati assimilati. Anche per il dato delle occasioni create eravamo terzi, dietro solo a Juve e Napoli, mentre nella precisione di tiro scendevamo al diciasettesimo posto segno evidente che ci mancava qualità in avanti, un problema che con il recupero di Palacio e un intervento nel mercato di gennaio avremmo potuto risolvere".
Che rapporto ha avuto con i presidenti?
"Con i presidenti è capitato che abituandoli bene si siano scordati da dove arrivavano. Mi sono accorto che lo straordinario si trasformava in risultato ordinario. Far troppo bene è rischioso perché produce una sorta di assuefazione con presidenti che hanno scambiato il troppo per la routine alla fine invece di stringermi la mano a prescindere. Anche con De Laurentis il rapporto non è sempre stato idilliaco, lo sanno prima di scegliermi, prendere o lasciare. Il confronto fa bene, fa crescere, tenendo sempre presente il rispetto dei ruoli e della persona ed inoltre il mio lavoro a 360° gradi ha preparato il terreno per chi è venuto dopo".
E nello specifico all’Inter prima con Moratti e poi con Thohir?
"Sono un tesserato dell’Inter fino al giugno 2016 e non posso rilasciare dichiarazioni in questo senso".
Quanto ha influito nella decisione della società la situazione ambientale?
"A mio avviso non c'erano i presupposti per un esonero sportivo, per quanto riguarda la situazione ambientale mi sono fatto una mia idea… Ma tutti fanno finta di non sapere… Non dico altro".
Secondo lei la prestazione stava comunque migliorando? Dal punto di vista tecnico-tattico quali erano i problemi da risolvere o da migliorare? "Come detto c’era da migliorare dal punto di vista realizzativo, aggiungendo un po' di qualità ad una rosa che era stata costruita facendo attenzione alle risorse economiche".
Si ritiene un burbero?
"Luoghi comuni. Chi mi conosce alla fine mi ama. Mi segue e si diverte. Lavorare al mio fianco aiuta anche a capirmi, chi si avvicina a me scopre dettagli sconosciuti, il lato vero di me. Magari in televisione l'immagine che ne esce è quella distorta di un WM diverso dalla realtà ma sto lavorando anche su questo si può sempre migliorare".
E’ vero che i suoi colleghi la giudicano un antipatico? "Parto dal presupposto che in questo mestiere c'è grande competizione non c è spazio per amicizie vere: posso chiamare un tecnico che stimo se gli devo chiedere una cosa, se devo confrontarmi su questioni di campo, ma niente di più. Li si ferma tutto. Di sicuro non creo un vincolo profiondo magari con un allenatore che non allena e che quindi vorrebbe essere al mio posto. Non ci potremmo raccontare la verità sarebbe tutto costruito e quindi falso. Non è da me. Odio i rapporti ipocriti quindi meglio non averne. Ho invece ottimi rapporti con grandissimi tecnici come Ancelotti e altri con i quali ho avuto modo di confrontarmi in grande sintonia. Questione di rispetto, se tu rispetti me io rispetto te".
Come ha vissuto questi due mesi e mezzo dopo il primo esonero della carriera?
"In questo momento sto valutando il tutto con molta calma. Le proposte sembrano non mancare (alcune società italiane e straniere hanno già fatto reperire al tecnico missive di interesse) fermo restando che sono ancora sotto contratto con l'Inter fino al giugno 2016 e quindi ho tutto il tempo per fare la scelta più giusta. Andrò in una situazione che mi trasmetta motivazioni forti".
Quindi anche per Lei sulla scia dei vari Trapattoni, Capello, Zaccheroni, Spalletti e Ancelotti, tecnici italiani che hanno lasciato la loro impronta in club europei di prima grandezza si potrebbe prospettare un futuro lontano dall’Italia? "Proprio per questo motivo mi sto perfezionando nello studio dell’inglese con un professore madrelingua e poi non è detto che non vada a frequentare dei corsi in un paese di lingua anglofona anche se per la mia filosofia di gioco mi attira molto anche la Liga Spagnola. Nessuna preclusione comunque andrò dove mi porta un’idea affascinante e dove possa avere gli stimoli giusti".
Potrebbe anche essere interessato a guidare una Nazionale quindi si sentirebbe adatto al ruolo di selezionatore?
"Io per gran parte della mia carriera non ho avuto l'opportunità di costruire una squadra seguendo le mie esigenze e i miei bisogni a dirla tutta per molti anni è accaduto il contrario: gli equivoci con gli operatori di mercato sono stati tanti, chiedevo un tipo di calciatore ne arrivava un altro incompatibile con il progetto tattico. Io al massimo ho potuto indicare il ruolo ma so andare oltre e in questo spesso ho fatto la differenza. In una Nazionale è diverso si deve solo scegliere tra il meglio a disposizione. Detto questo nella mia autobiografia 'Il meglio deve ancora venire' dicevo che non mi sentivo ancora pronto per allenare una Nazionale, beh adesso dopo l’esperienza all’Inter lo sono”.
Ora come passa la giornata? E’ riuscito a staccare un po’ la spina, oppure vive lo stesso il calcio seguendo dal di fuori le partite o andando a vedere gli allenamenti?
"Semplicemente dopo tanti anni sempre a spingere sull’acceleratore sto rifiatando e ho più tempo per me, il che è tanta roba".
Nel periodo all’Inter a livello mediatico si criticava spesso la sua filosofia di gioco dicendo che era troppo “provinciale”, poco propositiva, poco spettacolare eccetera. Come pensa e come replica a questo tipo di (pre)giudizio?
"La mia è una vita contraddistinta da studio e invenzioni, per me l’allenatore è un creativo. Tutte le mie squadre dalla C2 alla Champions League hanno avuto sempre un comun denominatore: si è sempre vista chiara e profonda la mano dell'allenatore e non lo dico solo io. Questo significa che i calciatori mi hanno sempre seguito. Al di là dei detrattori, gli addetti ai lavori hanno riconosciuto come nelle mie squadre, Inter compresa, ci fosse sempre un’organizzazione di gioco precisa e propositiva. Del resto la Juve di Conte con i 3 dietro ha vinto 2 scudetti consecutivi e cambiò modulo proprio per adeguarsi al nostro tipo di gioco, altro che provinciali. I dati che abbiamo visto sono inconfutabili. Ma per alcuni, anche la matematica diventa un’opinione e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Ma so come funziona: i preconcetti sulla persona sono in grado di distorcere la realtà".
Torniamo un po’ all’origine. In estate, ci risulta che Lei avesse fatto precise richieste di mercato alla società, come Luiz Gustavo, Lamela e Jovetic che sono rimaste inevase. Che progetto tecnico-tattico ha fatto per questa stagione?
"Per serietà professionale sui nomi non posso confermare, l'unica cosa che posso dire è che mi sarebbe piaciuto come progetto tattico poter giocare a 4 dietro con un vertice basso a centrocampo come fa De Rossi nella Roma, due interni, e due mezze punte ad infilarsi con una punta centrale, diciamo un 4-3-2-1. In allenamento abbiamo anche provato questo tipo di situazione ma ho visto che con la rosa a disposizione non eravamo pronti".