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Marotta: 'L'Inter dopo Istanbul è migliorata in autostima'
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FORZA DI GRUPPO - “Il calcio ormai è attività d’impresa. È un fenomeno sociale, di forte aggregazione; dalla Serie A alle squadre minori, sia al maschile che al femminile. All’inizio, l’aspetto economico era poco considerato, c’erano i mecenati che miravano al risultato sportivo poi staccavano l’assegno per coprire il disavanzo. Oggi c’è il termine sostenibilità, quindi è normale che gli azionisti diano delle linee guida che dettano il percorso. Poi bisogna creare obiettivi, creando dei team che abbiano degli obiettivi in vari ambiti, dal revenue al commerciale; l’importante è fare squadra, se tu hai questo concetto ottieni i risultati”.
DELEGA - “La costruzione di una squadra di collaboratori è il compito più difficile. Quando hai la delega della proprietà è più facile fare squadra. La squadra ha degli obiettivi, un regolamento da rispettare, tante affinità comuni. Quando identifichi questi concetti come la cultura del lavoro e il senso di appartenenza. Le bandiere nel calcio come Sandro Mazzola o Gianni Rivera non ci sono più e questa mancanza di senso di appartenenza si riscontra molto e invece è importante nel raggiungimento degli obiettivi. A livello corporate, devi essere bravo a inculcare questo concetto nei tuoi collaboratori. Bisogna anche essere umili, ambiziosi nel senso di voler alzare sempre l’asticella senza voler sembrare arroganti. Nello sport, la sconfitta è un elemento per rafforzare la voglia di vittoria. Come diceva Mandela, o vinco o imparo”.
LEADER - “Uso l’esperienza del mio vissuto: ho conosciuto tanti dirigenti talentuosi che però non erano accompagnati da attitudini caratteriali. Quando sei leader devi avere delle qualità allenabili, anche io sto imparando anche se lavoro da 45 anni. E anche io capirò se posso migliorare dal sentire gli altri relatori oggi. Però la qualità di leader ce l’hai o non ce l’hai. E se non ce l’hai, è difficile essere identificato come tale”.
COMUNICAZIONE - “La vita ci porta ad avere una crescita continua, e lo sport non è esente. La figura del calciatore si è emancipata, oggi è una piccola industria, intorno ha un coordinamento di persone che gestiscono varie attività. Chi ha a che fare coi calciatori deve avere una preparazione: ho gestito uno come Cristiano Ronaldo, che è una fonte di cultura pazzesca, capace di fare domande sull’acqua minerale che beve. Il calciatore moderno fa domande e pretende risposte, a livello proprio di interlocuzione. Devi essere sempre in grado di dare risposte concrete”.
CAMBIAMENTO DELLO STAFF - "Quando ero alla Juventus ho conosciuto uno come Sergio Marchionne, un numero uno nel suo mondo. Lui diceva che il cambiamento va fatto ieri, se no gli altri si impossessano del tuo spazio. È capitato anche a me, la prima cosa che faccio quando entro in un club è fare una fotografia. Capita spesso che non ci sia cultura della vittoria, ma anzi c’è una cultura sedentaria frutto di risultati negativi. È lì che devi cambiare in modo veloce, per creare stimoli nuovi. Poi è normale che come responsabilità hai quella di testare lo stato motivazionale di chi hai davanti”.
PAZIENZA - “Bisogna avere un grande equilibrio. Oggi le società calcistiche sono società private ma di interesse pubblico, perché di calcio parlano tutti e le critiche sono veloci. Diceva Italo Allodi che l’unico mondo dove un muratore può diventare architetto dall’oggi al domani è il calcio. Tu devi confrontarti con una proprietà, degli azionisti, dei media, i tifosi, coi quali devi interagire. Devi avere pazienza, avere uno staff di comunicazione molto importante perché saper comunicare vuol dire saper gestire anche una comunicazione appropriata per dei determinati momenti; se vinci o se perdi, la situazione cambia. Quando vinci il grande problema diventa piccolo, quando perdi è il contrario”
STRESS -“Lo stress è parte integrante, che si stia in campo o fuori. Ho notato che l’Inter, dopo la sconfitta di Istanbul, è migliorata molto in autostima. La squadra ora approccia la partita con la voglia di vincere, cosa che prima non aveva. Da certi avversari impari tanto: all’Inter e prima ancora alla Juventus ho avuto a che fare con tantissimi campioni che certe volte esprimevano delle lamentele per alcuni dettagli. Questo ci ha portato ad elaborare il fatto di non concedere alibi ai giocatori. Il che non vuol dire viziarli, ma rispettare gli obiettivi minimi per rendere al meglio. Se non paghi gli stipendi, e faccio un esempio abbastanza anacronistico, magari loro si sentono legittimati a non dare il meglio. Bisogna avere sempre grande equilibrio. Io mi sono specializzato nella gestione di una squadra a 360 gradi".
ZAMPARINI E AGNELLI - “La mia furbizia è sempre quella di ascoltare negli anni, e capire le cose buone e le cazzate. Poi ho avuto presidenti molto differenti negli anni, passando da un Maurizio Zamparini che era un mangia-allenatori all’Inter, passando dagli Agnelli e dai Garrone. Ho tratto beneficio dal fatto di essermi confrontato con realtà più grandi di me e cogliere le cose positive. Oggi cerco di dare quello che ho ricevuto”.