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Marotta: 'Dai Garrone a Bogliasco e Varigotti, ecco la mia Liguria'
"Cosa rappresenta per me la Liguria? Intanto la consacrazione della mia attività professionale. Da un punto di vista lavorativo, un’esperienza bellissima, otto stagioni vissute alla grande" ha raccontato a Il Secolo XIX proprio Marotta. "Arrivai con la squadra quasi in Serie C, l’ho lasciata qualificata per i preliminari di Champions. Otto anni di emotività intensa. Poi in Liguria sono nati i miei figli Elena e Giovanni: nel 2010, il giorno di Italia-Serbia, quella rinviata per i disordini dei serbi".
Tanti ricordi, e altrettante immagini indelebili per il dirigente: "Cosa mi porto nel cuore? Così come mi è successo per Venezia mi tengo i posti magici. Quando lavoravo a Venezia la sede del club era tra piazza San Marco e il Ponte di Rialto. Una passeggiata quotidiana in mezzo a capolavori dell’arte per andare al lavoro. In Liguria a essere preponderante è la natura. Il percorso da Corte Lambruschini, la sede, ai campi di allenamento della Sampdoria a Bogliasco è una gioia per gli occhi. Facevo la strada a mare, da corso Italia, un piacere".
L'estate di Marotta invece aveva una tappa fissa, Varigotti. "Avevo scoperto questo borgo e me ne sono invaghito. Un luogo che ti ricarica. Locali di riferimento? Le Caravelle a Varigotti dove c’era Bruno, grande juventino. A Genova Mannori, che custodiva gelosamente tante fotografie del calcio di una volta, sampdoriani, genoani e non solo. E poi quei fiaschi di vino. Mai più trovati".
Un rapporto speciale era anche quello che Marotta aveva instaurato con il Presidente Riccardo Garrone: "Era una persona che incuteva quel giusto timore che gli derivava dalla sua grandissima esperienza. Era anche un uomo di buon cuore, aveva una qualità fondamentale e positiva per un presidente di club: sapeva delegare e si fidava. Per uno che fa il mio mestiere è basilare".
Anche per questi motivi Marotta è rimasto particolarmente toccato dalla tragedia di Ponte Morandi: "Ero nella sede della Juventus e stavo guardando Sky Tg 24. Subito è stato come una ferita, che si è propagata in un istante. Come se una parte del corpo ti venisse a mancare, una spaccatura netta. Poi ha iniziato a salire l’angoscia nel vedere quello che accadeva. Perin e Bonucci rischiavano di essere proprio lì in quell’istante - conclude il dirigente - ci siamo informati subito, erano già rientrati".