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Marocco in semifinale, la vittoria del sacrificio e del riscatto sociale. Ora i francesi non possono più fare gli arroganti
Nelle città italiane - dal Nord al Sud - i marocchini sono scesi in piazza a centinaia. In Italia vivono 428.947 marocchini. Sono dati dell’ultimo censimento ISTAT. Rappresentano l’8,3% della popolazione straniera nel nostro paese. L’Emilia-Romagna, con oltre sessantamila marocchini, è la regione più rappresentata. E’ una migrazione che ha inizio cinquant’anni fa. Nella sua fase iniziale il fenomeno dell’immigrazione marocchina verso l’Italia è strettamente collegato alla crisi petrolifera del 1973 in Medio Oriente, ma anche alle facilitazioni concesse dal governo italiano per poter ottenere il permesso di soggiorno. Attualmente quella marocchina è la prima comunità di cittadinanza non comunitaria in Italia. Ma i marocchini oggi sono in tutta Europa: da Roma ad Amsterdam, da Parigi a Berlino. E la nazionale ha conquistato la semifinale rappresenta bene e fotografa con precisione la mappa di una squadra che ha visto 17 dei 26 convocati del CT Walid Regragui nascere lontani dal Marocco. Hakimi è nato a Madrid, Boufal e Saiss a Parigi, Bounou a Montreal, Ziyech a Dontren, in Olanda, così come Amrabat, a Huizen, Amallah è nato ad Hautrage, in Belgio, così come in Belgio - a Strombeek-Bever, è nato El Khannous e via così.
Cinque di loro hanno addirittura il passaporto spagnolo, ma quando si è trattato di scegliere la nazionale con cui giocare - pur potendo contare sulla possibilità della Roja - hanno ascoltato il cuore. Sono tutti figli di immigrati partiti negli anni 80 e 90, a caccia di fortuna e di lavoro. Gente umile, che ha fatto della fatica e del sacrificio la propria regola di vita. Così è cresciuto Walid Cheddira, che gioca nel Bari e da quelle parti chiamano “Ualino”, come Pasqualino: figlio d’arte, suo padre Aziz ha giocato nella prima serie marocchina, Walid è nato a Loreto, nelle Marche, e lì è cresciuto. Sono loro oggi gli uomini che fecero l’impresa. Sono loro ad aver portato il vento della diversità nel torneo, il primo - tra l’altro - organizzato da un paese arabo, il Qatar, che in queste ore li celebra. Ed è curioso che tutto questo accada nel Mondiale della globalizzazione, l’ultimo a 32 squadre, prima che dalla prossima edizione si passi allo spropositato numero di 48 partecipanti, come se la Coppa del Mondo per sua stessa natura avesse bisogno di crescere oltre misura, fino ad abbracciare l’intero villaggio globale del pallone, gli angoli più remoti del pianeta.
In semifinale il Marocco troverà la Francia. Furono proprio i francesi - negli anni del colonialismo più spinto - a portare il calcio in Marocco, che divenne protettorato francese nel 1911. I francesi escludevano dal gioco i marocchini. Ora i tempi sono cambiati: non possono più farlo. E’ un buon segnale: ieri Parigi è stata invasa da marocchini e francesi che festeggiavano l’accesso alla semifinale, per una notte la si è trattato di una festa condivisa.