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    Marino a CM: ecco come gestire Balotelli

    Marino a CM: ecco come gestire Balotelli

    Ieri sera ho assistito, nel nuovo e magnifico Stadio Friuli, ad Udinese-Milan. Tra le altre cose, mi incuriosiva molto vedere giocare, per la prima volta in questo campionato, dall’ inizio Mario Balotelli. Il giudizio è positivo, ma le domande che sono nella testa di tutti i milanisti ed anche di molti tifosi italiani sono: “Quanto durerà?“. Oppure: “Possibile che sia cambiato davvero? “. In molti mi hanno chiesto di esprimermi in merito, curiosi di sapere, in base alla mia lunga esperienza dirigenziale, passata anche per il Napoli di Maradona, come è possibile gestire al meglio calciatori dagli equilibri caratteriali così complessi e precari.

    La coraggiosa, difficile e fondamentale (per il Milan) scommessa, di gestire il cambiamento di Mario, trasformando la sua rinomata sregolatezza in puro genio, dipende principalmente dal lavoro di tre personaggi. Galliani e Mihajlovic dovranno avere la capacità di penetrare nel cervello di Mario e recidere chirurgicamente tutti i collegamenti con zone nocive e Mino Raiola dovrà evitare di fornire una pietosa sponda, in caso di probabili crisi di rigetto della cura, mettendo al bando qualsiasi tipo di subdola complicità con il calciatore. Questo tipo di impegni per un dirigente ed un tecnico rappresentano imprese titaniche, da portare avanti all’unisono con certosina pazienza ed incessante impegno quotidiano, miscelando sapientemente bastone e carota, nella speranza che il buon Raiola continui a smorzare le eventuali riluttanze di Mario, restando dalla parte della Società e del tecnico.

    Ad Udine mi è sembrato di cogliere i primi segnali positivi nelle mancate reazioni di Balotelli ai tanti falli subiti, quando era già ammonito. Così come, nell’ ambito del lavoro di cui abbiamo parlato, ho percepito il delicato incarico di prevenzione affidato ieri sera a de Jong, che, in occasione di possibili proteste o falli di reazione, partiva come un razzo verso Balotelli e lo francobollava con “affettuosa” e convincente decisione. Purtroppo, però, nel prosieguo, sono sicuro che non sarà sempre tutto così semplice per Galliani e Mihajlovic. Inevitabilmente arriveranno i momenti in cui saranno costretti anche ad intervenire in maniera decisa. In questi casi la mia esperienza mi suggerisce di usare la tecnica del buono e del cattivo.  Uno dei due faccia il duro e l’altro si comporti da amico convincendo il calciatore, con una pacca sulla spalla, che il provvedimento disciplinare preso dall’altro sia forse un po’ severo, ma giusto e costruttivo, perché salvaguarda gli equilibri dello “spogliatoio”.

    Questa era un po’ la tecnica che adoperavamo, insieme ad Ottavio Bianchi, con l’ immenso “Pibe de oro”, che, attenzione, non ha alcun punto di contatto con Balotelli, sia per valore tecnico che per comportamenti. Maradona, nello spogliatoio ed in campo era un leader indiscusso,  al servizio dei compagni ed interessato solo al risultato di squadra. Voleva vincere sempre, trascinando tutto e tutti e condividendo la gioia dei trionfi soprattutto con i gregari dello spogliatoio. Anche se poi, purtroppo, i problemi cominciavano quando Diego era lontano dallo stadio e dal centro sportivo di Soccavo e, in certe occasioni, eravamo costretti ad intervenire. Per comprendere meglio quanto ardua sia ancora l’opera di redenzione di Balotelli condotta da Galliani e Mihajlovic, vi racconto un retroscena che non tutti conoscono.

    Raffaello Bonifaccio, detto “il maestro” non solo per motivi calcistici, ma anche perché maestro elementare in pensione, da circa 35 anni, è un guru dell’attività di selezione giovanile di base dell’Atalanta. Quasi tutti i grandi campioni sfornati dall’ Atalanta (Donadoni compreso), sono stati selezionati prima ed istruiti poi da questo personaggio d’altri tempi, vero educatore ed istruttore di calcio, dotato di occhi di falco per i talenti dagli undici anni in giù. Il “maestro”, qualche anno fa, in ufficio mi raccontò, quasi con orgoglio, di aver scartato Balotelli in un provino a Bergamo, quando aveva poco più di dieci anni. Bonifaccio, che era solito arbitrare le partite organizzate per selezionare nuovi elementi, mi spiegò che così poteva stare in mezzo al campo e non ai bordi ed osservare da vicino tutti i movimenti e le giocate di quei talenti in erba. In un gelido pomeriggio invernale tipicamente bergamasco, Balotelli stava incantando in campo, sovrastando gli altri ragazzini di pari età, che per tecnica e fisicità sembravano avere almeno tre anni meno di lui.

    Il “maestro”, per far scorrere il gioco, non gli fischiò una punizione a favore e Balotelli si sfilò la maglietta dell’Atalanta, lo mandò a quel paese e se ne andò via, lasciando tutti di stucco. Bonifaccio mi spiegò che dopo quella scenata, con la morte nel cuore ma per motivi disciplinari, non selezionò Balotelli, che erà già un fuoriclasse in miniatura, ma mostrava fin da bambino i segni di quella personalità irriverente e ribelle che avrebbe poi in parte penalizzato la sua carriera. Balotelli appartiene a quella categoria di fuoriclasse (ci metto anche l’amico Cassano) il cui immenso genio calcistico è, purtroppo, pari alla pericolosa imprevedibilità dei comportamenti. Se Galliani e Mihajlovic, coadiuvati da Mino Raiola, porteranno felicemente a termine questa impresa redentiva, dovremo tutti inchinarci e ringraziare nel nome del calcio...

    Pierpaolo Marino

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