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    Marco Baroni come in un film: gli undici metri di distanza tra l'abisso e la salvezza, con la dedica per papà

    Marco Baroni come in un film: gli undici metri di distanza tra l'abisso e la salvezza, con la dedica per papà

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Il gesto di questa settimana non può che essere quello di Marco Baroni. L’abbiamo visto, abbiamo tifato per lui. All’ultimo degli ultimi minuti di Monza-Lecce, tra la squadra pugliese e la salvezza ci sono undici metri di distanza e un pallone che sta per essere calciato da Colombo. Sappiamo com’è andata a finire. In una ripresa che in termini cinematografici si chiama campo lungo abbiamo visto inquadrato Baroni mentre aspetta il gol. E’ un uomo sull’abisso, basta un sospiro per farlo precipitare. O per salvarlo. Si salva. Accanto a lui c’è un collaboratore, uno dello staff tecnico. Non ce la fa a guardare, si mette le mani in faccia. Chissà cosa vede. Baroni invece guarda.

    Ha una posa elegante, c’è molta dignità nella sua attesa. Sa benissimo che i destini del calcio si consumano in un attimo, perché un pallone finisce dieci centimetri di qua o dieci di là. Baroni tiene le mani sui fianchi. Il campo lungo si restringe. E’ bello vederle con il sonoro, queste immagini. Si sente un boato, in lontananza il frusciare delle bandiere gialle e rosse. Poi è baraonda, felicità da liberare, corse sul prato. Poi è salvezza. C’è questo frame straordinario per potenza emotiva. Baroni stringe i pugni, esulta - ma in maniera composta, l’uomo è davvero una persona perbene - fa due passi dentro al campo. Poi si inginocchia. E’ stremato, travolto dall’emozione, rimpallato dall’onda di ricordi che lo assale e gli piega le gambe. Eccolo mentre alza le braccia al cielo, si mette le mani davanti agli occhi, cerca con le mani le ginocchia, per avere quell’equilibrio che la commozione gli ha incrinato.

    Dirà più tardi che questa salvezza la dedica a suo padre, l’uomo più importante della sua vita, scomparso poche settimane fa. Lo spiegherà ai cronisti in sala stampa. Senza sbrodolare, senza urlare, senza aggrapparsi alle pareti impervie della retorica: dicendo tutto con una sincerità che - davvero - spinge alla stima. Chi nonno tifava per nessuno in particolare, domenica pomeriggio ha tifato per Marco Baroni. Ma torniamo al film. Come nella scena finale più riuscita, vediamo i giocatori del Lecce che - sfumati, lontani, una macchia di colore - si abbracciano, esultano, fanno festa sotto la curva. Baroni lancia uno sguardo. Quella felicità è anche la sua. Si può anche esultare con pudore, come ha fatto Baroni. Poi succede qualcosa, deve avere un groppo in gola grande come la catena di un motorino. Il groppo si scioglie, l’uomo piange. E’ un attimo, ma è questo il poster. Infine Marco Baroni si ricompone, la scena si sposta altrove, il film va avanti, eppure ha già detto tutto. Ci ha già detto che solo il Calcio sa restituirci queste emozioni, solo il Calcio riesce a metterle in circolo in maniera così rapida, così violenta, così definitiva.

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