Marchisio, addio anonimo come Buffon e Del Piero: Juve, niente fino alla fine
E cosi quella frase sul suo profilo: “ Non riesco a smettere di guardare questa fotografia e queste strisce su cui ho scritto la mia vita di uomo e di calciatore” diventa terribilmente struggente, perché anche i tifosi bianconeri non riescono a smetterla di guardare quella foto in cui un bambino sulla soglia dell'adolescenza insegue spensierato un pallone con addosso quella maglia un po' troppo grande, che poi lo avrebbe accompagnato per tutta la sua carriera di calciatore. Una carriera praticamente divisa a metà, quella di Marchisio in bianconero, con un primo tempo che si colloca negli anni dell'immediato post-Calciopoli: con la Serie B, la difficoltà nella ricostruzione che si scontrava con le ambizioni di riscatto immediato e si traduceva però nei campionati da settimo posto. E un secondo tempo di ben altro tenore, con i 7 scudetti consecutivi, le 4 coppe Italia e le 2 finali di Champions.
Anche per tutto questo, e per molto altro, Marchisio non riesce a smettere di guardare quella splendida foto, e noi con lui...ma la Juve invece sembra che quella foto l'abbia vista solo di sfuggita e abbia subito spostato lo sguardo altrove. Perché la Juve è quel club che aveva scelto come motto quel “fino alla fine” che ricordava tanto la frase pronunciata da Ivan Drago in Rocky IV, solo che poi quando arrivava il momento, la fine è sempre arrivata senza rimpianti, senza celebrazioni hollywodiane, ma soprattutto senza pietà per nessuno. Marchisio infatti è solo l'ultima bandiera di una serie di addii che negli ultimi anni ha visto come protagonisti gente del calibro di Buffon e Del Piero, due giganti nella storia del club, che se ne sono andati quasi in punta di piedi, come se fossero due giocatori qualsiasi. Due addii che a molti tifosi bianconeri hanno dato un po' di fastidio non tanto per la tempistica, visto che in effetti si trattava del momento giusto, quanto piuttosto per le modalità; perché gli juventini non si aspettavano un addio epico come quello di Totti alla Roma lo scorso anno, ma neanche un' uscita cosi anonima.
Ma del resto questo è stato sempre sia il punto debole che il punto di forza nello stile di una società, che da sempre è stata caratterizzata da questo tratto. Certe dinamiche si sono sempre viste nella storia della Juventus, sono le stesse atmosfere che si respirarono anche con la Juve della triade che nel 1995 si sbarazzò senza troppi indugi di un Baggio che lasciò il testimone a Del Piero, ma accadevano anche nella Juve Bonipertiana, dove persino lo stesso Platini a distanza di qualche anno dalla sua ultima partita con la Juve, si lamentò in più di qualche occasione per il trattamento piuttosto spiccio che gli venne riservato al ritorno negli spogliatoi dopo la vittoria per 3-2 contro il Brescia quel 17 Maggio del 1987; quando per festeggiarlo, fu semplicemente stappata una bottiglia di spumante, non esattamente il massimo per un francese...
Forse proprio per questo motivo, i tifosi della Juve sono tra i pochissimi al mondo ad essere malati di tifo generazionale, e cioè quella strana malattia che in molti di loro fa smorzare l'entusiasmo, quando all'improvviso il proprio idolo dice addio, soprattutto se quell'addio avviene immancabilmente con questo stile asettico e privo di emozioni che da sempre contraddistingue la Vecchia Signora quando arriva alla fine delle sue storie d'amore. Uno stile un po' brutto a dire il vero, che assomiglia non poco a quello tipico di coloro che sono incapaci di dirsi addio guardandosi negli occhi e che si rifugiano dietro un anonimo e vigliacco sms.
Antonio Martines
@Dragomironero