Maradona nel libro di Minà: 'Non dimenticherò mai Napoli'
"Se c’è un colpevole di quello che mi è successo, quel colpevole sono io. E le situazioni me le sono risolte da solo a quindici anni, a trenta, a quarantaquattro. Continuo a decidere il bene o il male della mia vita. Da Napoli, per essere chiari, ho ricevuto solo ringraziamenti e in alcuni casi manifestazioni d’affetto. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto io. Napoli non mi ha spinto a niente".
"Napoli è stata una gabbia per me, una gabbia che a volte era buona. C’erano tanti divertimenti, però noi eravamo lì come giocatori, per far felice la gente. Io ho un solo grande rammarico, ed è legato al giorno in cui qualche anno dopo me ne sono andato, o meglio, al giorno in cui il presidente Ferlaino mi ha cacciato via. Le bambine e Claudia piangevano. Io no, perché volevo mostrarmi forte, ma avevo una voglia di piangere grandissima".
"Nessuno si è domandato perché tutto quello che è successo... è successo. Semplicemente qualcuno ha detto: 'Per noi Maradona è morto perché è stato trovato positivo al doping'. Io invece me ne sono andato e ora qualcuno insinua che mi sia dimenticato di Napoli, ma io non rimprovero i napoletani, per questo. Io voglio ritornare a Napoli, e voglio che Napoli sappia che io me ne sono andato, però solo dopo aver regalato qualcosa di consistente alla città! Mi capita ancora di parlare con amici come Salvatore Bagni, Bruno Giordano, Eraldo Pecci, e guardando a distanza quello che facevamo ogni giorno sul campo... be’, siamo stati grandi. Noi abbiamo lottato per cose diverse: per unire la città, per farla rispettare da tutta l’Italia".