Maradona e il suo ultimo Napoli
È il 17 marzo del 1991 quando al controllo antidoping dopo la partita di campionato Napoli-Bari (1-0, gol di Gianfranco Zola) Diego Maradona viene trovato positivo alla cocaina. La fine della sua favola napoletana è arrivata, nel modo più amaro possibile. Quel 17 marzo segna la fine di sette anni di speranze e di trionfi, mai fino ad allora e mai più in seguito conquistati nella storia del Napoli: due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana, al di là dell’impatto mondiale che la sola presenza di Maradona ha su Napoli e per Napoli. La positività è per Maradona e i maradonisti il risultato di un complotto per farlo fuori dopo che la sua Argentina aveva eliminato la nazionale italiana nelle semifinali del Mondiale di Italia ’90 (proprio a Napoli, fra l’altro). Ma i problemi di Maradona con la droga risalgono ai tempi di Barcellona, al punto da chiedersi come mai la positività non sia stata accertata prima. Certo è che nell’estate del 1990 Maradona ha chiesto con insistenza a Ferlaino di essere ceduto. Delusione per il Mondiale svanito in finale, stanchezza per le pressioni italiane e napoletane, sensazione di fine di un ciclo. Ma Ferlaino dice no. Il campionato del Napoli parte male. Trasferta di Coppa dei Campioni a Mosca: Maradona non parte con i compagni per la Russia, a nulla servono i tentativi di Ferrara e compagni a tirar fuori dal letto Diego che raggiungerà la Russia in aerotaxi. Eliminazione. Poi i deferimenti per le assenze, le fotografie che lo ritraggono in compagnia della famiglia Giuliano, clan egemone a Forcella: foto vecchie, ma che vengono fuori solo ora. E le mille grane giudiziarie e fiscali. Il direttore generale Luciano Moggi non riesce a gestirlo, Ferlaino è incerto, l’allenatore Bigon temporeggia. Fino al 17 marzo 1991.