Maradona e 'a livella del San Paolo
ad aspettar l’ inizio co’ pacienza,
quann l'attesa a 'nu tratto fu interrotta
da o’ cardinale Sepe, Sua Eminenza.
Lì vidi, dint' 'a saletta autorità,
confabulare in tono riservato
'e politica, pallone e vacuità,
Aurelio, o’ Cardinale e mezzo Stato.
Subbito o’ fegato mi si fece amaro:
cotanto sfarzo è d'uopo in un cristiano?
Costui che scioglie o’ sangue a San Gennaro
tra inchini, riverenze e baciamano.
Mi stetti però zitto e quatto quatto
pensai a o’ pubblico napulitano, mentre vedevo Aurelio soddisfatto
porgere un pasticcino a o' sacrestano.
Là fuori sugli spalti del San Paolo
o’ popolo che attende il grande evento
urlando per un gol, chiagnenn' pe' 'nu palo
tra umidità, speranza e malcontento.
Ccà dint' a 'sta saletta riservata
di questa differenza nun ne sanno,
è questa la ricchezza che fu data
al popolo che fugge da o’ malanno.
La gioia e il “mal comune mezzo gaudio”
amalgamate dint' a ‘na passione,
quando o’ pallone rotola allo stadio
di affanni non si avverte più ragione.
Al tempo di scudetti Diego Armando
impersonava il volto del riscatto
e come sotto al reale Ferdinando
l'orgoglio sopperiva ad ogni fatto.
Careca, Giordano, Maradona
dipinsero di gloria le giornate,
seppure Masaniello non perdona
le troppe ingiustizie accatastate.
Prodezze, reti, ingegno e fantasia
con Diego furon pane quotidiano,
che per incanto con la sua magia
spostava la miseria in sottopiano.
Il cuore è o’ Napoli che s'arroventa
partita su partita in successione,
il peso dei minuti 'na tormenta
si scioglie in un istante e in un'azione.
Canta la palla sul mancin fatato, ancor oggi ne è gigantesca l'eco,
speranza, gioia, ricordo emozionato,
non passò invan ciò che recava seco.
Furon le stagioni di grandezza,
il tocco vellutato e sopraffino
a cancellar sopruso ed amarezza
come discesa in terra del divino.
Rivive la speranza tra la folla,
davanti ai tre tenori e a un quarto pure,
par tutto concentrato in una zolla:
la voglia di riscatto e le sciagure.
Là fuori nella bolgia me ne torno,
assaporando un po’ la sensazione
di vivere la vita dentro un giorno,
lasciando andare tutto all’emozione.
Non vi è Eminenza che potrà capire la tormentosa impresa che s’appresta,
la sofferenza spersa nell’ardire,
la voluttà di illuminare a festa.
Hamsik, Lavezzi, il matador Cavani,
con loro Pandev a eludere la noia,
rievocano sogni ormai lontani
di tracotante amore e pazza gioia.
Mazzarri meticoloso e forsennato
con giacca, o senza per superstizione,
di grinta e bramosia par costellato
mentre si strugge nella sua tensione.
Malocchio, malasort' e fetenzìe
s'anna tenè luntane e, come usanza,
corna, amuleti e cchiù scaramanzie,
si tena dint' 'a sacca, ppe' crianza.
In campo interno ed internazionale,
infranto a pochi passi dal traguardo,
il sogno si è fermato sul crinale
mentre si intravedeva ad uno sguardo.
Fa vece di Cavani un argentino
Pipita, come l’oro il suo talento,
lacrime e sangue o' prezzo di listino,
pel centro-attacco di cotal portento.
Giunta alla fine l’era di Mazzarri
Don Rafa, viceré, ne prese il posto;
spagnolo quel dominio e poi fu Sarri
a rifondare un ciclo a basso costo.
Don Rafaè s'è aperta 'na pasticceria:
ricette prelibate e care assai,
c'è tutta la spagnola argenteria. Ma Sarri vo' ‘na squadra d'operai.
Perfino Maradona ha sentenziato,
lui che coi piedi ha fatto maraviglia,
da quel momento o’ Napul' ha ingranato,
ma o’ tecnico col “ Pibe” non s'acciglia:
"Qualunque cosa dica non mi offendo,
per me rimane il calcio Diego Armando",
lavoro, pane duro e via dicendo
il credo che umilmente va insegnando.
Sull'uomo il collettivo e' preminente,
o’ Ciuccio proletario e “senza orpello”;
agile, organizzato, irriverente,
mariuolo nell’aspetto, come “Lello”:
ccà 'n coppa a tutta 'sta filosofia sta proprio iss', la sua funzione stessa;
lo chiaman tutti, ppe' ogni fesseria,
'e chisto Napuli verace anima indefessa.
L'autiere (si!) è il vero fuoriclasse,
è attivo notte e juorn' o' tuttofare,
risolve lui problemi ed ogni “impasse”...
nell'arte di arrangiarsi “o' Luminare”.