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Mandzukic e Perisic non valgono Suker e Boban: la Francia merita il Mondiale
Va da sè che anch’io ho una preferenza tra le due finaliste e questa preferenza si colloca sulla Croazia. Prima di tutto per il numero di calciatori che militano in Italia (Strinic, transitato dalla Sampdoria al Milan, Perisic e Brozovic all’Inter, Mandzukic alla Juventus), in secondo luogo perché è sempre bello scoprire che il calcio mondiale allarga i propri confini verso territori nuovi eppure a noi così vicini. La Croazia non gioca un calcio spettacolare, però molto ordinato e molto efficace. Non può permettersi di subire perché la difesa è tutt’altro che impeccabile, non ha un unico risolutore. Infatti è la squadra che, dopo il Belgio, ha mandato in gol più elementi: otto. Ho già avuto modo di spiegare perché, a mio giudizio, questo non è un difetto, ma un pregio. Tuttavia in una partita secca - come una finale - avere uno o più attaccanti che sentano e vedano la porta è un indubbio vantaggio. Spesso, infatti, queste partite sono bloccate. Sia per la tensione, sia per il tatticismo. Un elemento che trascenda i sistemi di gioco o quelli difensivi, un altro che sfrutti gli schemi o li valorizzi possono essere determinanti. Quando ho detto che la Francia ha più soluzioni in attacco intendevo dire proprio che con Mbappè e Griezmann, oltre che con Giroud, le possibilità, vicino alla porta, si moltiplicano.
La Croazia è alla prima finale di un Mondiale, la Francia alla terza. Curiosamente, quando divennero campioni del mondo, i Bleus, prima che il Brasile in finale, batterono la Croazia in semifinale. A quel tempo ero inviato del Corriere della Sera a Parigi e ho ancora davanti agli occhi la palla strappata a Boban, nella sua trequarti, che avviò la rimonta firmata Thuram (doppietta). In un confronto a distanza tra i calciatori di allora (1998) e di adesso (2018), la Gazzetta dello Sport ha tratto qualche conclusione, secondo me, affrettata. Certo, la Croazia del 1998 aveva un centrocampo di minore classe (Asanovic-Soldo contro Modric e Rakitic), ma il trequartista (Boban) e l’attaccante Suker, affiancato da Prosinecki, erano di un’altra categoria rispetto anche a Mandzukic e a Perisic. Dall’altra parte, oltre a Thuram, Desailly, Blanc Petit e Deschamps, c’era sua maestà Zidane diventato decisivo proprio nella finale con due gol di testa e Pallone d’oro, in quell’anno, più per la prodezza che per l’intera Coppa del Mondo (dovette scontare anche due turni di squalifica per una scorrettezza ad un avversario).
Mbappé, Griezmann e Modric sanno che concorrono anche per succedere a Cristiano Ronaldo. Dopo la semifinale contro il Belgio, i nazionali di Martinez hanno criticato aspramente il gioco della Francia. Alcuni arrivando perfino a dire ciò che in Italia non si accetta nemmeno filosoficamente. Ovvero che preferivano avere perso, piuttosto che vincere nella maniera in cui avevano vinto gli avversari.
Fatto l’elogio di questa impegnativa affermazione, devo ammettere che, per me, la Francia non è stata così brutta. E’ vero, Deschamps dagli italiani ha appreso la priorità della fase difensiva, un po’ ha speculato sul gol da calcio d’angolo di Umtiti, ma complessivamente non ha né vinto immeritatamente, né praticato un gioco ostruzionistico. Poi - lo si sa - un Mondiale va più conquistato che giocato. E la Francia sembra fatta proprio per questo.