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  • Malesani, lascia perdere il dileggio mediatico: sii fiero di quello che sei

    Malesani, lascia perdere il dileggio mediatico: sii fiero di quello che sei

    • Fernando Pernambuco
    Ma cosa ci avrà la faccia di Malesani che non va? I capelli arruffati, la barba? Un regista inventivo l’avrebbe già ingaggiato per far Ulisse in una nuova Odissea. Diciamo che lui, la sua piccola odissea l’ha avuta, nella vita. Il suo principale peccato: essere un po’ troppo verace, ruspante; più in sala stampa che in campo, più per difendersi e svincolarsi, come una specie di  Lacoonte avviluppato dai serpenti. E alla fine averla pagata, con l’oblio.

    Si lamenta, Malesani, d’essere stato messo da parte, dimenticato, allontanato, quasi come un appestato dopo una decorosa carriera tutta in salita, a scalare i tornanti dal basso, dalla serie D con l’Audace San Michele, fino alla C1 col Chievo per arrivare, con quella “squadretta” di un “quartierino” stabilmente in serie A.  A Firenze non convinse, lo pigliavano in giro (“Bene, bene…Male…sani”), ma col Parma alzò tre trofei ed è stato l’ultimo tecnico italiano ad aver vinto la Coppa UEFA. Col Panathinaikos, emise in diretta impropèri liberatori e indignati di chi si sentiva ormai accerchiato. Sì, troppo emotivo e un po’ ridicolo, ma non di più dei vari “strunz!” di Trapattoni in Germania. Insomma, un buon allenatore, anzi ottimo al cospetto di certi paragoni, se pensate a chi è arrivato ad allenare la Nazionale italiana e a rispuntare fuori per prontamente reimmergersi, a pagamento.

    Ma, forse, quello che più ha ferito Malesani è stata la derisione che ha subìto. Fotografato con un bicchiere di vino in mano, gonfio a causa di una cura con cortisone, Malesani fu trafitto dai social che lo effigiarono come il “re degli ubriaconi” accostandolo al fatto che, oltretutto, era anche un produttore di vino. Ancora oggi se ne rammarica. E fa una certa tenerezza. Certo, meglio l’oblio rispetto alla gogna selvaggia dei social, alle zanne anonime dei leoni da tastiera che prosperano nell’impunità garantita. 

    Forse, Alberto, hai lanciato il tuo grido sommesso perché vorresti ritornare in pista o meglio sui campi, magari Chievo (ma non ti riprenderebbero, perché, nemmeno tanto in fondo, sei dell’Hellas, dei cui tifosi fosti cantore) o in B.  Ma non ti preoccupare del dileggio mediatico, non t’amareggiare, sii fiero del tuo Amarone.

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